Il fatto
Il fatto del mese che desideriamo presentare si riferisce all’accento posto dalla Chiesa, oramai da 52 anni, sul tema della pace.
Fu Paolo VI, l’8 dicembre del 1967, a lanciare la ricorrenza, commemorata per la prima volta il 1° gennaio successivo: «Sarebbe Nostro desiderio che poi, ogni anno, questa celebrazione si ripetesse come augurio e come promessa – all’inizio del calendario che misura e descrive il cammino della vita umana nel tempo – che sia la pace con il suo giusto e benefico equilibrio a dominare lo svolgimento della storia avvenire».
Ogni giornata mondiale della pace è caratterizzata da un tema che ne focalizza aspetti importanti e obiettivi da perseguire: i diritti umani, l’educazione, la fraternità, la giustizia, la persona, lo sviluppo, solo per citarne alcuni.
Nel messaggio diffuso il 1° gennaio, Papa Francesco ha lanciato una forte indicazione: «La buona politica è al servizio della pace».
Le questioni più grosse che agitano questa fase dalla storia sono legate alle disuguaglianze, alle condizioni di vita, spesso mancanti, che consentano a tutti di crescere persone complete, a cominciare dal lavoro, presupposto indispensabile per avere le risorse necessarie all’esistenza. Tutto ciò dipende da come si intende e si pratica quello che viene chiamato lo sviluppo.
Siamo oggi in un periodo di grandi e profondi cambiamenti. La globalizzazione ha trasformato il mondo, in positivo per alcuni aspetti, quali la diminuzione della povertà, in negativo per altri, come l’aumento dell’inequità, per usare un’espressione del Papa, oppure gli elementi di crisi nel mondo occidentale, del quale noi facciamo parte. Il progresso tecnologico ha aperto una nuova fase forse ancora più complessa e problematica, che provocherà probabilmente l’acuirsi delle differenze di reddito in tutto il mondo, e non solo di reddito, una trasformazione radicale del mondo del lavoro e nuovi equilibri tra i vari paesi.
Vi è dunque un profondo legame tra la pace, lo sviluppo e la politica, che dovrebbe essere chiamata a gestire le trasformazioni e i contraccolpi per le persone, occupandosi del bene comune.
È questo, ci pare, l’auspicio del Papa.
Desideriamo lanciare l’invito a riflettere su questi temi, a informarsi e farsi delle opinioni su quanto sta accedendo, a stimolare perché ciascuno porti un suo contributo per indirizzare il futuro in un modo positivo per tutti.
Il commento
Papa Francesco ha iniziato il nuovo anno, nel suo messaggio in occasione della giornata mondiale della pace, augurando «Pace a questa casa», utilizzando le parole del Signore. Precisando che «La “casa” di cui parla Gesù è ogni famiglia, ogni comunità, ogni Paese, ogni continente, nella loro singolarità e nella loro storia; è prima di tutto ogni persona, senza distinzioni né discriminazioni».
La pace cui si riferisce il Papa non è semplicemente l’assenza di conflitti, è da ricollegare al termine utilizzato nella Bibbia, ben più ricco di significati: “šālôm”. La traduzione italiana pace è un modo restrittivo di intendere il concetto ebraico, che è più vicino al nostro “benessere”, al senso di sicurezza, di completezza, di prosperità, anche inteso in senso materiale.
L’augurio per ogni persona e ogni collettività è di vivere un anno, e una vita, in pienezza, nel “ben-essere”. Realizzare tutto ciò è compito di ciascuno, ma anche il principale scopo della politica: realizzare le condizioni perché tutti possano svilupparsi integralmente per quello che sono.
La pace, quindi, va perseguita da tutti, ma chi fa politica ha una responsabilità particolare e la prima condizione è vivere la politica come servizio.
Ma chi è chiamato a impegnarsi in politica, a darsi da fare in questa «forma eminente di carità»? Francesco risponde citando il suo predecessore: «Papa Benedetto XVI ricordava che “ogni cristiano è chiamato a questa carità, nel modo della sua vocazione e secondo le sue possibilità d’incidenza nella polis. […] Quando la carità lo anima, l’impegno per il bene comune ha una valenza superiore a quella dell’impegno soltanto secolare e politico. […] L’azione dell’uomo sulla terra, quando è ispirata e sostenuta dalla carità, contribuisce all’edificazione di quella universale città di Dio verso cui avanza la storia della famiglia umana”».
La traiettoria dello sviluppo dovrebbe andare nella realizzazione delle condizioni perché ogni persona e ogni collettività possano vivere nella pace, nel “ben-essere”.
Lo sviluppo non è un concatenarsi di fatti meccanico e ingestibile, quasi un fato al quale bisogna sottostare senza alternative, è qualcosa che dipende dall’umanità, da noi.
In primo luogo, conoscendone gli obiettivi, i caratteri, le dinamiche. È un dovere importante oggi essere informati, studiare dove sta andando il futuro; poi valutarne le conseguenze e chiedersi quali cambiamenti dovrebbero essere apportati; quindi impegnarsi per migliorare le cose, anche facendo politica.
Questa è chiamata a recuperare sempre più il ruolo di guida, lasciato forse troppo ad altri centri di potere, quelli economici e finanziari in primo luogo, quelli dell’innovazione e degli strumenti tecnologici.
Dobbiamo sentirci interpellati e coinvolti da questa sfida, decisiva per il futuro.
Le fonti
A questo link riportiamo il capitolo undicesimo del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa dedicato proprio alla pace e alla sua promozione.
Sul sito di documentazione della sede pontificia sono disponibili i messaggi dei papi, da Paolo VI a Francesco, diffusi in occasione del 1° gennaio.
Il tema dello sviluppo è stato trattato ampiamente nei documenti della Chiesa universale, come nella Populorum progressio di Paolo VI, nella Sollicitudo rei socialis di Giovanni Paolo II, nella Caritas in veritate di Benedetto XVI, e fa parte degli argomenti esposti da Papa Francesco nella Laudato si’.
Sul significato biblico del termine pace è possibile consultare numerosi scritti; proponiamo la lettura di due interessanti e sintetici contributi di Enzo Bianchi e Giuseppe Barbaglio.