Il rapporto ASviS 2020

Il Rapporto ASviS 2020: sullo sviluppo sostenibile siamo indietro

In breve

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Il Rapporto ASviS 2020: sullo sviluppo sostenibile siamo indietro

  •   Lo scorso 8 ottobre è stato presentato il Rapporto 2020 dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile.
  •   La crisi rende più difficile il cammino verso la sostenibilità. L’Italia non ha rispettato gran parte degli impegni al 2020 dell’Agenda 2030 e la crisi incide negativamente su 9 obiettivi su 17. Peggiorano povertà, alimentazione, salute, istruzione, parità di genere, occupazione, innovazione, disuguaglianze, partnership, mentre migliorano i dati relativi a economia circolare, qualità dell’aria e reati.
  •   L’accordo del 2015 non è stato preso abbastanza seriamente dalla classe dirigente, dalla politica e dall’opinione pubblica. La crisi in corso rischia di allontanarci dal sentiero verso l’Agenda 2030, ma la scelta dell’Unione europea a favore dello sviluppo sostenibile consente di cambiare direzione.
  •   L’ASviS avanza numerose proposte non solo su come orientare il “Piano di ripresa e resilienza” e i fondi nazionali, ma anche su come costruire una nuova governance delle politiche pubbliche, per aumentare la loro coerenza in nome del principio di giustizia intergenerazionale.

    Il Rapporto ASviS

    Lo scorso 8 ottobre è stato presentato il Rapporto 2020 dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, che si prefigge lo scopo di analizzare lo stato di avanzamento dell’Italia rispetto all’attuazione dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs, Sustainable development goals) legati all’Agenza 2030 dell’ONU, illustrando un quadro organico di proposte e segnalando gli ambiti nei quali è necessario intervenire per assicurare la sostenibilità economica, sociale e ambientale del nostro modello di sviluppo.

    Con il contributo di centinaia di esperti delle associazioni aderenti all’ASviS il Rapporto fornisce un’analisi dettagliata delle iniziative realizzate nel mondo, in Europa e in Italia sul tema, valuta le politiche adottate negli ultimi 12 mesi e avanza proposte per accelerare il percorso del Paese verso l’attuazione dell’Agenda 2030.

    Una strada difficile

    «La pandemia sta determinando un arretramento nel cammino verso l’attuazione dell’Agenda 2030. Il milione di morti, il peggioramento delle condizioni igienico sanitarie, il blocco della didattica, la

crisi economica e l’aumento della disoccupazione, la cresciuta violenza contro le donne durante periodi di lock down, le difficoltà finanziarie dei paesi più poveri, sono solo alcuni dei fenomeni che stanno impattando negativamente su molti dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile» in tutto il mondo.

Anche in Italia la crisi dovuta alla pandemia sta rendendo il percorso verso il perseguimento degli obiettivi ancora più impervio di quanto non fosse in precedenza, infatti nell’anno in corso è previsto un arretramento per nove di essi. Per quanto riguarda i 169 sotto obiettivi (denominati Target) nei quali si articolano i SDGs il percorso italiano prevedeva per 21 di essi il raggiungimento entro il 2020, ma in dodici casi la situazione è lontana dai valori di riferimento da ottenere, ad esempio per quanto concerne la riduzione delle vittime da incidenti stradali, il numero dei NEET (i giovani che non studiano e non lavorano), la definizione dei piani per la gestione dei disastri naturali e la difesa della biodiversità.

Gli indicatori «mostrano che tra il 2018 e il 2019 l’Italia è migliorata per quattro Obiettivi (povertà, condizione economica e occupazionale, economia circolare e istituzioni efficienti), è rimasta stabile per dieci (alimentazione, salute, istruzione, disuguaglianze di genere, sistemi igienico-sanitari, energia, disuguaglianze, cambiamento climatico, ecosistemi terrestri, partnership) ed è peggiorata per due (innovazione e città). I dati provvisori disponibili per il 2020 mostrano invece un arretramento per nove Obiettivi (1, 2, 3, 4, 5, 8, 9, 10, 17), un miglioramento per tre (12, 13,16), mentre per i cinque rimanenti non è stato possibile valutare l’effetto della crisi».

L’impegno dell’UE e dell’Italia

Nell’ultimo anno emerge, come elemento positivo, l’orientamento dell’Unione europea nei confronti dello sviluppo sostenibile, poiché il programma politico nella nuova Commissione ha assunto tale direttrice come riferimento. Non solo, nei programmi di risposta alla crisi vi è stata un’accelerazione verso la centralità della «transizione ecologica, della transizione digitale e della lotta alle disuguaglianze».

Per quanto concerne il nostro Paese, il Rapporto sostiene che la Legge di Bilancio per il 2020 è apparsa la più orientata al perseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile, se paragonata a quella degli anni precedenti, ma gli interventi previsti per rispondere alla pandemia sono stati in gran parte rivolti alla protezione del sistema socioeconomico, più che a una sua trasformazione sostenibile.

Classificazione degli interventi previsti dai provvedimenti legislativi legati all’emergenza COVID-19 secondo le categorie della “resilienza trasformativa”
Le indicazioni del Rapporto
L’ASviS suggerisce «la transizione ecologica digitale, la lotta alle disuguaglianze a partire da quella di genere, la semplificazione amministrativa, l’investimento in conoscenza, la difesa e il miglioramento del capitale naturale come priorità delle politiche di rilancio», cui devono seguire politiche di settore coerenti. Tali prospettive devono essere formalizzate nel “Piano nazionale di ripresa e resilienza”, da elaborare seguendo le linee guida dell’UE, che ogni Paese ha il compito di elaborare.

In relazione a tale importante competenza il Rapporto pone in evidenza gli orientamenti da utilizzare: la costruzione di una seria strategia di sviluppo sostenibile; il potenziamento delle strutture della Presidenza del Consiglio per assicurare il necessario coordinamento delle azioni; la predisposizione di un’Agenda urbana nazionale per lo sviluppo sostenibile; l’aggiornamento del Piano Nazionale Integrato Energia-Clima allo scopo di allinearlo agli obiettivi europei; la creazione di un Alto consiglio per le politiche di genere all’interno delle competenze dalla Presidenza del Consiglio; un forte coinvolgimento dei ministeri; l’inserimento nella Relazione illustrativa delle proposte di legge di una valutazione ex-ante dell’impatto atteso sui 17 obiettivi, per assicurare la coerenza delle politiche pubbliche; la predisposizione di una legge annuale sullo sviluppo sostenibile, allo scopo di disporre di uno strumento normativo in un’ottica di sistema orientatadall’Agenda 2030.

Entrando ancor più nelle indicazioni operative il Rapporto invita il Governo a impegnarsi in alcune direzioni.

Definire le nuove procedure che il nascente Comitato interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile dovrà attuare per valutare i progetti di investimento, adottando anche un “controllo di sostenibilità”.
Dare vita a un ente che si occupi di ricerca e programmazione strategica nell’ambito dell’evoluzione dei fenomeni sociali, ambientali ed economici per valutarne le implicazioni per le politiche pubbliche.

«Adeguare la normativa che prevede la relazione sugli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES) nell’ambito del ciclo di bilancio, per allinearla agli SDGs utilizzati nel Semestre europeo». Affidare all’Ufficio Parlamentare di Bilancio il compito di compiere valutazioni in merito all’effetto sugli SDGs dei documenti di programmazione.

Istituire un meccanismo di consultazione permanente per giudicare in modo trasversale l’impatto dei provvedimenti legislativi sull’Agenda 2030.
Rivedere la normativa sulla rendicontazione non finanziaria per le imprese per renderla obbligatoria per quelle di grandi dimensioni e progressivamente anche per le medie, mantenendo la volontarietà per le piccole.

Impatto della pandemia sulle diverse dimensioni dell’Agenda 2030

L’andamento dell’Italia verso gli Obiettivi di sviluppo sostenibile

Abbiamo visto in precedenza la situazione complessiva riferita agli Obiettivi dell’Agenda 2030 per quanto riguarda l’Italia. Ecco, nel dettaglio, l’andamento dei 17 obiettivi.

L’indicatore registra un netto peggioramento fino al 2016 a causa del deterioramento di tutti gli indicatori elementari analizzati, specialmente quello relativo alla povertà assoluta. Dal 2016 in poi si osserva una tendenza positiva dovuta alla diminuzione sia della grave deprivazione materiale sia delle persone che vivono in abitazioni con problemi strutturali. Nel 2019 si assiste ad una diminuzione dell’incidenza della povertà assoluta (- 0,7 punti percentuali rispetto al 2018), anche se il numero di individui poveri è ancora pari a circa 4,6 milioni, con ampie disparità generazionali (gli under 17 registrano un’incidenza di povertà assoluta dell’11,4% rispetto al 4,8% degli over 65) e di composizione familiare (la quota di famiglie povere con un figlio minore è pari al 6,5%, rispetto al 20,2% di quelle con 3 o più figli minori).

Nel 2020, si confermano gli effetti negativi della crisi in atto, nonostante l’intervento del Governo a sostegno delle imprese e dei lavoratori. Appare quindi evidente l’impatto negativo della pandemia su questo Obiettivo assolutamente centrale dell’Agenda 2030.

Dopo il miglioramento registrato fino al 2015, nei successivi quattro anni l’indicatore composito mostra un andamento stabile, sintesi dell’incremento delle coltivazioni biologiche e della produttività del lavoro e della diminuzione del margine operativo lordo per le piccole aziende e della buona alimentazione. Quest’ultimo indicatore, che misura la quota di popolazione che consuma quotidianamente almeno quattro porzioni di frutta e/o verdura, nel 2019 registra il peggior valore di tutta la serie storica (17,7%, rispetto al 20% del 2010).

Secondo l’Istat, nei primi due trimestri del 2020 l’agricoltura ha registrato diminuzioni del valore aggiunto rispetto al trimestre precedente pari all’1,9% e al 3,7%. Parallelamente, la riduzione delle unità di lavoro è stata pari all’1,8% e al 3%, mentre la contrazione dei redditi da lavoro dipendente è stata pari allo 0,2% e allo 0,7%. In base a queste informazioni, gli effetti negativi della crisi sul settore agricolo e il peggioramento della qualità della alimentazione rendono probabile un effetto complessivo negativo della pandemia su questo Obiettivo.

L’indicatore composito evidenzia dal 2010 al 2019 un andamento positivo grazie al miglioramento della maggior parte degli indicatori elementari analizzati. Diminuiscono i feriti per incidente stradale, da 51,5 per 10mila abitanti nel 2010 a 40,0 nel 2019, si riducono i comportamenti a rischio quali il consumo di alcol e il fumo, aumenta la speranza di vita in buona salute alla nascita (58,6 anni). Appaiono in controtendenza la copertura vaccinale per le persone di 65 anni e oltre (54,6% nel 2019) e i posti letto per 10mila abitanti, che diminuiscono di oltre il 14% nell’arco di tempo considerato.

A causa della pandemia, dal 20 febbraio al 31 marzo 2020 si è osservato a livello medio nazionale un drammatico aumento dei decessi per il complesso delle cause (90.946) rispetto alla media del periodo 2015-2019 (65.592), che corrisponde ad una variazione del 49%. Il 91% dell’eccesso di mortalità riscontrato a livello medio nazionale nel mese di marzo 2020 si concentra nelle aree ad alta diffusione dell’epidemia. Nel mese di maggio, grazie alle misure di prevenzione, si osserva invece una riduzione della mortalità pari al 2,2%. Secondo l’ultima analisi dell’Istat, sono 1milione482 mila le persone (il 2,5% della popolazione residente in famiglia) con IgG positivo, che hanno sviluppato gli anticorpi per il SARS-CoV-2. Anche in questo caso le differenze territoriali sono molto accentuate: la Lombardia raggiunge il massimo con il 7,5% di sieroprevalenza, un valore sette volte più alto di quello rilevato nelle regioni a più bassa diffusione del virus, in gran parte collocate nel Mezzogiorno. Questi dati confermano l’impatto negativo della crisi in atto su questo Goal.

L’indicatore composito migliora sensibilmente fino al 2014. Successivamente, però, la tendenza positiva si arresta e poi si inverte a causa della diminuzione della partecipazione culturale, delle competenze di base in lettura e di un più basso tasso di partecipazione alle attività educative dei bambini di cinque anni (-4,1 punti percentuali in 8 anni). Nonostante i miglioramenti registrati, l’Italia si trova ancora in una posizione di grave ritardo rispetto alla media europea per tutti gli indicatori analizzati, differenza che risulta particolarmente ampia per il tasso di istruzione terziaria, pari a 27,6% nel 2019 rispetto al 41,6% medio europeo.

Durante i mesi del lockdown, l’Istat stima che circa tre milioni di studenti di età compresa tra i6 e i 17 anni hanno avuto difficoltà a seguire le lezioni nella modalità didattica a distanza, soprattutto per carenza o inadeguatezza dei dispositivi informatici in famiglia. Tale situazione è particolarmente accentuata nel Sud, dove interessa circa il 20% dei minori. Si tratta di un fenomeno particolarmente grave dato che la crisi aumenta la probabilità di abbandono scolastico, soprattutto nelle fasce più vulnerabili della popolazione. Questi fattori, uniti al presumibile calo dei lavoratori impegnati in attività di istruzione/formazione, confermano l’impatto negativo su questo Goal.

L’indicatore composito mostra un andamento fortemente crescente fino al 2015. Dopo la lieve flessione avvenuta nel 2016, l’indicatore torna a migliorare, ma con una tendenza molto meno decisa. A sostenere il buon andamento dell’indicatore composito sono gli aumenti della percentuale di donne nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa e negli organi decisionali, e del rapporto di femminilizzazione del tasso di occupazione. Gli unici indicatori in controtendenza sono quelli relativi al rapporto di femminilizzazione del tasso di immatricolati in corsi universitari scientifici e tecnici (che evidenziano come le donne scelgano sempre di meno i corsi universitari scientifici) e il tasso di part-time involontario, significativamente cresciuto proprio per le donne.

Per quanto riguarda il 2020, secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Istat, il tasso di occupazione femminile nel secondo trimestre 2020 è diminuito di 2,2 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2019, contro i -1,6 punti percentuali degli uomini, evidenziando come la crisi stia svantaggiando le donne nel mondo del lavoro. Sulla base delle informazioni disponibili, si ritiene che nel 2020 la crisi peggiorerà le disuguaglianze di genere.

Tra il 2010 e il 2014 l’indicatore composito mostra un andamento altalenante, con un peggioramento dal 2015 al 2017 e una successiva stabilizzazione. Il peggioramento è dovuto alla crescita dell’indice di sfruttamento idrico (che rapporta i prelievi idrici per tutti gli usi rispetto alle risorse idriche disponibili), più che raddoppiato in sette anni (dal 6,7% nel 2010 al 15,7% nel 2017). L’incremento dell’indice di sfruttamento idrico è influenzato dall’incidenza dei periodi di particolare siccità, che causano contestualmente l’incremento dei prelievi in alcuni settori (ad esempio, per l’irrigazione) e la ridotta disponibilità nei corpi idrici. Questa tendenza, unita alla bassa efficienza del sistema idrico nazionale, mette in grave pericolo la sostenibilità idrica del nostro Paese soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno.

L’indicatore composito mostra un andamento complessivamente positivo tra il 2010 e il 2019, grazie ai miglioramenti della quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia e del rapporto tra i consumi finali lordi di energia e il valore aggiunto. Negli ultimi tre anni, l’indice segnala un andamento pressoché stabile causato dalla mancata crescita della quota di energia da fonti rinnovabili. Ciononostante, l’Italia dovrebbe superare il target posto dalla StrategiaEuropa 2020 relativo all’energia da fonti rinnovabili, che nel 2019 si attesta al 18,1%, rispetto al target del 17%. Nel 2020, secondo le previsioni dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, per i Paesi che hanno subìto una forte riduzione delle attività economiche, come l’Italia, si stima un forte calo dei consumi energetici e un incremento della quota di energie da fonti rinnovabili, unico settore energetico che non è stato intaccato dalla crisi in atto. D’altro canto, la drastica riduzione del PIL porterà ad un deterioramento del rapporto tra i consumi finali lordi di energia rispetto al valore aggiunto.

Si conferma quanto indicato nel Rapporto di maggio circa la non valutabilità complessiva degli effetti della crisi su questo Goal per il 2020.

Negli ultimi dieci anni, l’indicatore composito è stato fortemente influenzato dal ciclo economico. Di conseguenza, peggiora fino al 2014 per l’andamento sfavorevole degli investimenti fissi lordi rispetto al PIL e dell’aumento della quota di part-time involontari e di quella dei giovani NEET (la più alta dei Paesi UE). Nel successivo quinquennio si registra un lento recupero, trainato dal miglioramento di tutte le variabili analizzate, tra cui l’aumento dell’occupazione e del reddito disponibile. L’unico indicatore che appare in controtendenza è la quota di part-time involontario sul totale dell’occupazione, che cresce per tutto il periodo osservato (dal 7,3% del 2010 al 12,2% del 2019). Nel 2019 l’Italia evidenzia poi un tasso di occupazione pari al 63,5%, ancora molto distante dal target della Strategia Europa 2020 (67%). A causa della crisi sanitaria, nel secondo trimestre del 2020 si assiste ad una drammatica diminuzione, rispetto allo stesso trimestre del 2019, del PIL (- 17,7%), del reddito disponibile, delle ore lavorate (-20%) e dell’occupazione (-1,9 punti percentuali). Le ore lavorate sono diminuite del 13,1% nel secondo trimestre rispetto al trimestre precedente e la diminuzione delle unità di lavoro si attesta a -11,8%. Si registra, invece, un aumento dell’1,5% rispetto al trimestre precedente per i redditi da lavoro dipendente pro-capite (+2% rispetto al secondo trimestre del 2019), conseguente all’aumento dell’1,4% nei servizi, del 2,4% nell’industria in senso stretto e del 6,5% nelle costruzioni. L’agricoltura presenta invece un calo dello 0,7%.

Secondo le previsioni della Commissione europea, in assenza di una seconda ondata di contagi e di ulteriori misure di contenimento come quelle attuate nei mesi di marzo e aprile, l’attività economica

dovrebbe riprendersi nel terzo trimestre del 2020. L’industria beneficerà di una ripresa più rapida rispetto ad altri settori, quali servizi e turismo. Sul piano occupazionale, sono giovani e donne le categorie più colpite, non solo per la generalizzata precarietà dei contratti in essere, ma anche per la concentrazione di occupati di queste due fasce in alcuni dei settori più colpiti dalla pandemia, come la ristorazione/accoglienza e il commercio al dettaglio.

In conclusione, la crisi impatterà molto negativamente su questo Goal, uno dei più colpiti nel 2020, anche nel medio termine.

Tra il 2010 e il 2019 migliora significativamente la maggior parte degli indicatori elementari. In particolar modo, aumentano gli indicatori relativi alla diffusione della banda larga tra le famiglie, al tasso di ricercatori per 10mila abitanti e alla specializzazione produttiva nei settori ad alta tecnologia. Cresce anche la quota del PIL destinata alla Ricerca e Sviluppo, attestatasi nel 2019 all’1,37%, valore ancora distante sia dal target fissato dalla Strategia Europa 2020 (pari al 3%) sia dalla media europea (2,12%). Nel 2019, però, si osserva un’inversione di tendenza dell’indice composito, dovuta soprattutto alla forte riduzione della quota di occupati e studenti che utilizzano i mezzi pubblici per spostarsi (18%, il valore più basso di tutta la serie storica).

Nel 2020 si assiste ad un peggioramento dell’intensità di emissioni di CO2 rispetto al valore aggiunto. Pur nella scarsità di dati per l’anno in corso, si ritiene di poter confermare l’impatto negativo della crisi su questo Goal.

Nel triennio 2012-2015 l’indicatore composito evidenzia una tendenza negativa causata sia dal peggioramento dell’indice di disuguaglianza del reddito disponibile (che nel 2015 raggiunge il valore massimo osservato nella serie storica) sia dall’aumento della differenza tra il tasso di occupazione giovanile e quello totale. Negli ultimi quattro anni, l’indice composito risulta stabile come conseguenza della compensazione tra il peggioramento della quota di permessi di soggiorno emessi sul totale dei cittadini non comunitari residenti e il miglioramento dell’indice di disuguaglianza del reddito disponibile.

Nel 2020 la crisi sta ampliando le diseguaglianze sociali: durante il lockdown, i lavoratori nei settori “bloccati” mostrano livelli medi dei salari decisamente inferiori rispetto agli occupati nei settori “essenziali”, una differenza spiegata dall’instabilità e l’inattività lavorativa nei primi. Inoltre, segnali di crescita delle disuguaglianze vengono evidenziati dal calo nel secondo trimestre 2020 del tasso di occupazione giovanile tra i 15 e i 34 anni (-3,2 punti percentuali) e di quello degli stranieri (-5,5 punti percentuali) rispetto al totale pari a -1,9. Anche secondo Prometeia, la crisi colpisce in modo asimmetrico i diversi settori economici, i vari gruppi sociali e i diversi territori, aumentando le diseguaglianze. Di conseguenza, la crisi determinerà nel 2020 un forte aumento delle disuguaglianze, con un effetto molto negativo, presumibilmente anche nel medio periodo, su questo Goal.

L’indicatore composito mostra una flessione nel 2015 a causa dell’incremento dell’inquinamento da PM10, che però nel triennio successivo diminuisce sensibilmente, portando il composito a migliorare fino al 2018, anno nel quale per la prima volta l’Italia rispetta il target europeo di numero di giorni in cui si registra un superamento dei limiti di PM10 (31,4 giorni rispetto a un obiettivo di 35). Si sottolinea però che nell’arco di tempo considerato l’offerta del trasporto pubblico èdiminuita dell’8,7%. Nel 2019 la flessione dell’indice composito è spiegata dall’aumento dell’abusivismo edilizio (+5,5% dal 2010 al 2019), dal sovraffollamento delle abitazioni (+18,6%) e dall’aumento dell’utilizzo dei mezzi privati per recarsi sul posto di lavoro.

Nel 2020, come conseguenza della riduzione degli spostamenti, è aumentata considerevolmente la qualità dell’aria nelle città, ma l’emergenza sanitaria ha diminuito l’utilizzo dei mezzi pubblici. Questi due fenomeni contrastanti confermano le difficoltà nel valutare quale sarà la direzione presa dall’indicatore relativo a questo Goal nel 2020.

Per questo Obiettivo l’indicatore composito aumenta significativamente tra il 2010 e il 2019 grazie al miglioramento di tutti gli indicatori elementari. In particolar modo, si osservano progressi importanti per l’indice di circolarità della materia e la percentuale di riciclo dei rifiuti, che con un valore di 49,8% si avvicina al target europeo per il 2020 (50%). Oltre a ciò, è in costante diminuzione il consumo materiale interno per unità di PIL (-27,5% rispetto al 2010).

Nel 2020, a causa della grave diminuzione del PIL, si assiste a un decremento della produzione di rifiuti urbani, il che determinerà, con tutta probabilità, un miglioramento dell’indicatore riferito a questo Goal.

L’indicatore composito mostra una flessione nel 2015 a causa dell’incremento dell’inquinamento da PM10, che però nel triennio successivo diminuisce sensibilmente, portando il composito a migliorare fino al 2018, anno nel quale per la prima volta l’Italia rispetta il target europeo di numero di giorni in cui si registra un superamento dei limiti di PM10 (31,4 giorni rispetto a un obiettivo di 35). Si sottolinea però che nell’arco di tempo considerato l’offerta del trasporto pubblico èdiminuita dell’8,7%. Nel 2019 la flessione dell’indice composito è spiegata dall’aumento dell’abusivismo edilizio (+5,5% dal 2010 al 2019), dal sovraffollamento delle abitazioni (+18,6%) e dall’aumento dell’utilizzo dei mezzi privati per recarsi sul posto di lavoro.

Nel 2020, come conseguenza della riduzione degli spostamenti, è aumentata considerevolmente la qualità dell’aria nelle città, ma l’emergenza sanitaria ha diminuito l’utilizzo dei mezzi pubblici. Questi due fenomeni contrastanti confermano le difficoltà nel valutare quale sarà la direzione presa dall’indicatore relativo a questo Goal nel 2020.

Nel corso dell’ultimo decennio l’indice composito mostra un andamento altalenante: migliora fino al 2015, grazie alla crescita significativa dell’indicatore relativo alle aree marine protette, per poi peggiorare sensibilmente negli ultimi tre anni, a causa dell’aumento dell’attività di pesca e del sovrasfruttamento degli stock ittici (90,7% rispetto ad una media europea del 38,2%). A determinare tale situazione contribuiscono da un lato la diminuzione dello sforzo di pesca (calcolato come il prodotto tra il tonnellaggio delle barche e i giorni di pesca, che cala del 36% circa rispetto al 2010), dall’altro l’aumento del catturato per unità di sforzo (che aumenta di oltre il 25% rispetto al 2010).

Non si osserva quindi un complessivo recupero delle risorse sfruttate.

L’indice composito è caratterizzato da una tendenza negativa per tutto il decennio, causata dal netto peggioramento degli indicatori elementari relativi alla frammentazione del territorio e alla copertura del suolo. Entrambi questi indicatori raggiungono i valori peggiori nel 2019 (rispettivamente 7,1% e 35,4%) e testimoniano il processo di riduzione della continuità di ecosistemi, habitat e unità di paesaggio a seguito di fenomeni come l’espansione urbana e lo sviluppo della rete infrastrutturale.

L’indice composito registra una tendenza negativa fino al 2013, per poi invertire andamento grazie al complessivo miglioramento degli indicatori relativi alla criminalità, sia di quella predatoria (rapine, furti e borseggi) sia degli omicidi. Nel decennio considerato mostrano andamenti favorevoli anche gli indicatori relativi all’efficienza del sistema giuridico e la fiducia nelle istituzioni. Da segnalare, però, il preoccupante incremento delle frodi informatiche, che aumentano del 92% dal 2010 al 2018, e la diminuzione della partecipazione sociale (-4,2 punti percentuali dal 2010 al 2019).

Secondo i dati del Ministero dell’Interno relativi al periodo 1° marzo – 10 maggio 2020, si assiste ad una riduzione del 61% del totale dei reati commessi rispetto allo stesso periodo del 2019. In particolare, le rapine diminuiscono del 63%, i furti in abitazione del 76% e gli omicidi del 56%. Nonostante queste informazioni siano relative al periodo dove sono state implementate le restrizioni più dure, si ritiene di poter confermare l’effetto positivo della crisi sul Goal 16 con riferimento al 2020.

L’indicatore composito peggiora fino al 2015 a causa dell’aumento del debito pubblico e della diminuzione delle importazioni dai Paesi in via di sviluppo. Nel 2019 la quota dell’Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS) sul reddito nazionale lordo si attesta allo 0,24% del RNL, livello ancora molto lontano dall’obiettivo internazionale (0,7%).

Nel 2020 si assisterà ad un aumento straordinario del rapporto tra debito pubblico e PIL, che secondo l’Eurostat, alla fine del primo quadrimestre, era già pari al 137,6%. I nuovi indicatori utilizzati in questo Goal, che integrano l’APS (il solo utilizzato fino allo scorso anno), determinano il cambiamento del giudizio espresso a maggio sugli effetti della crisi su questo Goal, che ora riteniamo decisamente negativi.

L’ASviS e i suoi scopi

L’ASviS è nata nel 2016 allo scopo di far crescere la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 dell’ONU per lo sviluppo sostenibile e per stimolare un fattivo impegno per il perseguimento di tali obiettivi. Su iniziativa della Fondazione Unipolis e dell’Università “Tor Vergata” di Roma oltre 270 tra le più importanti istituzioni e reti della società civile italiana si sono riunite per perseguire una serie di obiettivi specifici, dai quali derivano i programmi di lavoro:

 sensibilizzare gli operatori pubblici e privati, la pubblica opinione e i singoli cittadini sull’Agenda per lo sviluppo sostenibile, favorendo anche una conoscenza diffusa delle

tendenze in atto rispetto agli SDGs e di quelle attese per il futuro attraverso l’impiego di tutti

i mezzi di comunicazione;

  • proporre politiche volte al raggiungimento degli SDGs ed esprimere opinioni riguardo a possibili interventi legislativi, con particolare riferimento al superamento dei divari esistenti tra le diverse regioni del nostro Paese e delle disuguaglianze tra i diversi gruppi socio- economici;
  • promuovere un programma di educazione allo sviluppo sostenibile, con particolare attenzione alle giovani generazioni;
  • stimolare la ricerca e l’innovazione per lo sviluppo sostenibile, promuovendo la diffusione di buone pratiche sviluppate all’estero e in Italia e di proposte innovative che vengono dal sistema della ricerca per favorire la sperimentazione su scala locale e nazionale, l’adozione da parte delle imprese e della pubblica amministrazione;
  • contribuire alla predisposizione di adeguati strumenti di monitoraggio per il conseguimento degli Obiettivi in Italia, con riferimento anche a gruppi di stakeholder specifici (imprese) e a contesti territoriali locali (comunità e città), valorizzando al massimo i sistemi esistenti, quali gli indicatori del Benessere Equo e Sostenibile (BES);
  • promuovere lo sviluppo di strumenti analitici utili per valutare l’impatto delle politiche economiche, sociali e ambientali e ridurre al massimo i costi della transizione alla sostenibilità, individuando i trade-off esistenti tra diverse politiche e proponendo interventi per renderli più favorevoli.