Ho chiesto ad una amica che ha sofferto molto per ragioni connesse con la violenza di genere, e che ne porta ancora adesso “ferite appena rimarginate” che cosa avrebbe voluto dire di questa occasione e mi ha detto, anzi mi ha scritto “IO NON HO PAURA” tutto in maiuscolo spaziato a scandire forte e chiaro il suo pensiero ad alta voce! E se io cerco di esprimere quanto questa giornata mi provoca, penso a Maria Edgarda Marcucci, Nicoletta Dosio, Asia Bibi, Mariam Yehya Ibrahim donne diverse a cui per motivi diversi il potere (gen. m.) ha negato la libertà (gen. f.): sostanzialmente per paura.
Certo dietro al problema della violenza di genere c’è il grande tema dell’educare la persona, aiutarla fiorire, a rispettarsi e a rispettare. C’è una grande attività da “contadini” del genere umano da fare. C’è da investire su questo altro che sulla I.A. (Intelligenza Artificiale) prima occorre l’Intelligenza Emozionale (delle emozioni) che è naturale come le rose, le ortiche e le fragole. C’è da investire sulla capacità di relativizzare, in fondo siamo ancora pochino, in tutti i sensi (visto che di questi ne abbiamo solo 5, forse sette).
Siamo in viaggio a 600km/sec su un granello di elementi in un punto marginale della Via Lattea siamo tanti come “sapiens” ma straordinariamente pochi in confronto a qualsiasi specie “verde”.
Pretendiamo di controllare il pianeta, la vita, perché siamo in grado di distruggerla a piacimento e abbiamo la possibilità di migliorarci perché proprio grazie alla vita, a questo fenomeno bizzarro che ci propaga nel tempo, siamo come sapiens capaci di farlo unendoci tra diversi, tra maschio e femmina.
Questa differenza, il genere è la prima esperienza di alterità che apprendiamo, la più facile da percepire, la prima a cui reagiamo. Non l’unica, ma sicuramente la più evidente. La prima senza dubbio con cui facciamo i conti nel nostro processo evolutivo personale e sociale.
Il genere maschile è debole, il genere femminile è debole, il genere umano è debole, fragile. Eppure la tentazione del debole è quella di farsi forte a spese di un “più” debole. Ma perché? Chi è il vero debole? Chi ha paura, chi si sente minacciato, chi teme dal futuro una condizione dolorosa, inappagata, chi si volge e guarda indietro invece di guardare avanti.
Qual è il senso di questa giornata allora? Ricordare le “Mariposas” le sorelle-farfalle Mirabal? Certo il ricordo è importante ma non come “venerazione delle ceneri del passato”, ma come “alimentazione della fiamma viva dell’impegno nel presente”. Ecco allora che il percorso che vuole opporsi alla violenza di genere, alla violenza contro l’altro sesso, contro un altro sesso, quello percepito – con i canoni fisici – più debole, è il percorso di maturazione per l’umanità (strano gioco della lingua italiana, l’essere umano è “maschile” nel genere individuale, ma è umanità al “femminile” nel “plurale collettivo”). Il singolo è abitato dal demone della violenza, la collettività e ancor più la comunità, se matura, compone questa violenza, la accoglie e la trasforma. Così è il destino della terra se sappiamo cogliere questo messaggio: se siamo solo noi “sapiens”, (i sapiens “maschili” nella descrizione come specie individuale) a voler prevalere, a guardare con paura alle altre forme viventi di tutte le specie non ci sarà futuro e la violenza che usiamo ci si ritorcerà contro (come per altro stiamo miseramente apprendendo); se invece accoglieremo la diversità, a cominciare da quella di genere e le faremo spazio, anzi quanto più saremo in grado di generarla, tanto più offriremo opportunità alla Vita della terra tutta.
Pierluigi Baradello