Teresa Mattei: i 100 anni di una “madre” della Costituzione

Il personaggio

Il 2 giugno del 1946 per la prima volta in Italia le donne si recarono nei seggi a votare e 21 furono elette all’Assemblea costituente, una di loro si chiamava Teresa Mattei, ed era la più giovane, coi suoi soli 25 anni d’età: per questo venne chiamata «la ragazza di Montecitorio».

“Teresita” nacque a Genova il primo febbraio del 1921, da Ugo, avvocato, dirigente del Partito d’Azione e antifascista e da Clara Friedman, figlia di un famoso studioso di lingue, ma visse l’infanzia tra Varese e Milano per poi stabilirsi dal 1933 a Bagno a Ripoli, nei pressi di Firenze.

Ebbe una vita lunga e intensa, morì infatti nel 2013, ultima tra le costituenti.

Riportiamo la sua biografia presentata sul sito enciclopediadelledonne.it.

“Chicchi” è un nome che suggerisce giochi infantili, coccole materne, un fumetto per bambine: evoca tutto fuorché la guerra. Invece questo è stato il nome di battaglia di Teresa Mattei, “capitana di compagnia” nella Resistenza eletta all’Assemblea Costituente, che le cronache tramandano come la “cocchetta” di Terracini, la “signorina tanto perbene” che sembrava una democristiana, la “ragazzina di Montecitorio” che fece contento Togliatti perché la prima segretaria d’aula era una comunista. Quando si è saputo della sua scomparsa, il 12 marzo 2013, la stampa ha rievocato quasi solo la sua invenzione della mimosa come simbolo per la festa delle donne…. In realtà fu una donna determinata, sempre in conflitto con le istituzioni, forse anche con se stessa, e si spese per dare senso a politiche che valorizzassero la soggettività della vita quotidiana anche nelle istituzioni.
Chicchi era stata una “dura”: educata all’antifascismo, già al Liceo si fece conoscere per aver protestato contro l’insegnante che aveva elogiato le leggi razziali. Ancora adolescente, andò a Nizza per portare a casa Rosselli un contributo degli amici fiorentini. A Mantova, dove si era recata per incontrare don Mazzolari, venne arrestata: in cella, a contatto con le prostitute, scoprì la piaga sociale che Lina Merlin avrebbe affrontato nel nuovo Parlamento.

“Ardita come un uomo”, divenne insieme comunista e partigiana. Ardita come una donna, dopo la morte del fratello (suicida in carcere per non tradire sotto tortura), a Perugia fu imprigionata dai nazisti e subì le violenze che i guerrieri impongono alle donne. Quando Firenze fu liberata raccontò di essere stata lei a indicare ai gappisti la figura del filosofo – e suo professore – Giovanni Gentile: la violenza del fascismo aveva insegnato la crudeltà della logica amico/nemico ad una donna conosciuta non solo per il rigore dei principi, ma per la dolcezza degli affetti.

Da “costituente” imparò che anche per i compagni le donne “stanno al loro posto”. Non fu una femminista ante litteram: per la sua generazione la lotta di liberazione (“nessuna Resistenza sarebbe potuta essere senza le donne”) era stato il trampolino per una parità rimasta incompiuta. Le donne non erano ancora cittadine, perché non potevano “acquisire una parte di quella sovranità che spettava a tutti”: anche se “in guerra avevano guidato treni, fatto le postine, finita la guerra erano state rimandate a casa”. Divenne scomoda al suo stesso partito per essersi rifiutata di adeguare la propria vita di donna agli ordini di un Pci moralista e bigotto: nell’inverno del 1947 era rimasta incinta dalla relazione con un uomo sposato e Togliatti aveva deciso che l’impudente doveva abortire (e non fu la sola donna a cui impose quella scelta). Teresa reagì: «le ragazze madri in Parlamento non sono rappresentate, dunque le rappresento io». La situazione fu poi regolarizzata all’estero con un espediente, ma Teresa non perdonò.

La “maledetta anarchica” (come la chiamava Togliatti) ubbidì, ma non accettò passivamente l’imposizione del voto a favore dell’inserimento dei Patti Lateranensi nella Costituzione (art. 7); per questo rifiutò di candidarsi alle elezioni del 18 aprile 1948. Per Teresa era diventato impossibile mantenere la fiducia nel comunismo sovietico soltanto perché i compagni italiani erano fedeli alla democrazia. Che Stalin fosse un dittatore lo pensavano in molti; ma «sono stata io una delle prima dall’interno del Pci a denunciarne le degenerazioni». Così venne poi anche l’espulsione dal Pci e la più giovane delle “madri della Costituzione” scomparve dall’ufficialità della scena politica italiana. La sua vita è stata sempre quella, libera, dalla coscienza, che l’ha accompagnata, dalla politica istituzionale all’attenzione per i problemi dell’infanzia, nel convincimento che già ai piccoli si debba insegnare come «cercare insieme le vie giuste e capire gli altri».

Restata vedova si risposò ed ebbe altri figli. Visse con discrezione la sua vita privata, naturalmente ma con riserbo, anche quando affrontò gravi lutti familiari.

Attenta all’impatto dei linguaggi audiovisivi sulle giovani generazioni, si impegnò in progetti che mettevano insieme cinema e scuola, attività visuali (anche con Bruno Munari) e una idea ampia di comunicazione culturale, dando vita al progetto “Radio Bambina”.

Continuò l’impegno politico come “indipendente” per le donne, a difesa della Costituzione (propose di integrare l’art. 3 con la “pari dignità di tutti, bimbi compresi”). La sua attenzione ai bambini – e a quelli che restano bambini nello spirito – per quella tensione utopistica che i suoi compagni non riuscivano a sentire come componente determinante del futuro. “Fare politica”, infatti, significa anche affidarla alla generazione che cresce, portatrice delle potenzialità umane che non abbiamo quasi mai il coraggio di far sviluppare.

 

 

Il commento

Teresa Mattei è certamente un personaggio sconosciuto ai più, ma la ricchezza della sua esperienza di vita può essere fonte di importanti spunti.

Si mostrò determinata fin da giovanissima, come dimostrato dal suo allontanamento dalla scuola per la manifesta opposizione alle leggi razziali, e come confermato anni dopo nell’atteggiamento critico ed estremamente libero che tenne nei confronti del partito nel quale militava, con la denuncia delle degenerazioni dello stalinismo, che le costò l’espulsione e la fine della “carriera” parlamentare, non certo dell’impegno sociale e politico, per i quali spese tutta la vita.

L’importanza dell’educazione

La sua giovinezza dimostra la fondamentale rilevanza dell’educazione e dell’ambiente familiare: respirando un’atmosfera antifascista crebbe con tali principi e sull’esempio del padre e del fratello, nonché dalla frequentazione di loro amici quali Giorgio La Pira, Pietro Calamandrei e don Primo Mazzolari, comprese l’importanza della politica, nella quale si gettò giovanissima e le permise di vivere la straordinaria esperienza della Costituente. Un influsso forte lo ebbe anche il nonno materno, famoso e illustre glottologo, parlava fluentemente ben 42 lingue, che soleva ripetere «imparate le lingue e non farete le guerre», come pure la nonna materna, tra le poche laureate dell’epoca e sorella di una tra le prime psichiatre italiane.

L’esperienza di Costituente

Questa vicenda le condizionò, positivamente, tutta l’esistenza, spesa sempre a diffonderne i valori e l’importanza, nonché a difenderla e trasmetterla alle giovani generazioni, sottolineando la centralità della sovranità, che è nelle mani di ciascuno e del popolo tutto, dell’essere cittadini e non sudditi, della costante attualità e rilievo di parole come libertà, giustizia e pace. La sua attività è stata costantemente un fare memoria capace di guardare al futuro, non una difesa acritica del passato, ma un suo utilizzo per andare avanti.

Singolare, e tipico della sua personalità, è stata un’osservazione da lei espressa sull’articolo tre della Costituzione, che la vide tra gli ispiratori, in merito all’assenza del concetto di età nell’uguaglianza tra i cittadini: «Si tratta di una dimenticanza grave, che spesso induce a pensare che i bambini e i giovani non siano veri e propri cittadini. […] Io cercherei di coinvolgere maggiormente i ragazzi nella vita pubblica». Tale rilievo è da collegare al ruolo da lei svolto proprio nella redazione del citato articolo, infatti si deve a Teresa Mattei una piccola, ma decisamente significativa integrazione: propose di inserire l’espressione «di fatto» alla versione originale; per cui il testo è «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».

Una donna attiva e decisa

Manifestò un coraggio e una determinazione fuori dal comune in tutta la sua esistenza, dalla presa di posizione contro le leggi razziali, giovanissima, passando per il periodo della militanza partigiana, per poi non cedere a compromessi nella vita politica; infine, ottantenne, non ebbe timore di manifestare a Genova, nel 2001, durante i cosiddetti “fatti” del G8.

Altre peculiarità della sua personalità furono il suo attivismo e l’essersi sempre battuta contro le ingiustizie in modo concreto e coerente, anche se poteva essere scomodo, allo scopo di realizzare gli ideali nei quali credette.

Si impegnò sempre per il riconoscimento della dignità e del valore delle donne, in un momento in cui la parità era una conquista incompiuta, malgrado il ruolo svolto durante la Resistenza, cosa che rappresentò comunque un forte stimolo al cambiamento: non erano cittadine al pari degli uomini. In questo contesto Teresa Mattei fu sempre se stessa, percorse la sua strada e fece le sue scelte in grande autonomia, andando incontro agli ostacoli e superandoli, anche pagandone un prezzo.

Per tutta la vita si adoperò per la parità dei diritti, da quello al voto e all’eleggibilità, alla possibilità per le donne di entrare in magistratura: proposta bocciata dal maschilismo diffuso tra tutti i gruppi della Costituente e possibilità sancita solo nel 1963.

Dalla parte dei piccoli

Su due aspetti Teresa Mattei fu indubbiamente una persona che seppe precorrere i tempi. Il primo è l’impegno nei confronti dei bambini e dei loro diritti, in particolare quello di parola, strettamente connesso col secondo elemento, l’intuizione dell’importanza fondamentale della comunicazione e dei linguaggi visivi. Molte le iniziative intraprese, tra le quali la fondazione di strutture: una cooperativa, una lega, un centro studi, un ente, la produzione di trasmissioni con i bambini protagonisti, un’instancabile vocazione a organizzare incontri e dibattiti. Era convinta che alle generazioni future vada attribuita un’attenzione speciale perché crescano nel modo migliore e rendano tale anche la società.

Ovviamente si batté anche per i diritti delle donne e fu lei a proporre come simbolo dell’8 marzo la mimosa, sempre per la sua attenzione alla comunicazione: «un fiore povero, facile da trovare nelle campagne». Chissà se ne condivide oggi una certa “mercificazione”!

Se il nostro Paese, con tutti i suoi limiti e difetti, è una società migliore sotto tanti punti di vista lo dobbiamo a persona come Teresa Mattei, che hanno contribuito alla costruzione di un ambiente nuovo e più giusto, soprattutto per le donne.

 

 

 

Le fonti

Per approfondire

Nella collana Ritratti Pacini Editore ha stampato nel 2014 una biografia di Teresa Mattei, opera di Silvia Panichi; Patrizia Pacini nel 2011 ha pubblicato, per Altraeconomia, un testo dal titolo La costituente: storia di Teresa Mattei. Le battaglie della partigiana Chicchi, la più giovane madre della Costituzione. Sempre di Patrizia Pacini è scaricabile dal sito del Consiglio regionale della Toscana un testo intitolato Teresa Mattei una donna nella storia: dall’antifascismo militante all’impegno in difesa dell’infanzia, nel quale sono a disposizione una bibliografia e una ricca documentazione.

Su Rai Play Radio è possibile ascoltare, nella rubrica Belle storie. Donne e uomini della Resistenza, il racconto della sua vita e in Vite che non sono la tua un approfondimento della sua figura di pedagogista. Wikiradio le ha dedicato la trasmissione dell’otto marzo 2017; Rai Cultura mette a disposizione invece un servizio su di lei con un’intervista rilasciata nel 1997.

Su Youtube digitando il suo nome sono visibili alcuni interessanti filmati per vederla e sentire la sua voce; numerose sono le fonti consultabili per approfondire la sua biografia, come Wikipedia.

Porta il suo nome l’Istituto comprensivo di Bagno a Ripoli e alcune associazioni, tra le quali, ad esempio, quella dell’ITC Marconi di Pontedera, nata per promuovere la presenza femminile nell’istituto e varie attività.

Nel film Paisà il regista Roberto Rossellini si è ispirato a lei e al suo gruppo combattente per un episodio ambientato a Firenze.

L’Assemblea costituente

Fu l’organo legislativo, il primo eletto a suffragio universale, il cui compito fu la stesura della costituzione per la neonata Repubblica. Le sedute si svolsero dal 25 giugno 1946 al 31 gennaio 1948, in tale periodo votò inoltre la fiducia ai governi che si susseguirono. I componenti vennero eletti nella stessa giornata del referendum tra monarchia e repubblica, il 2 giugno 1946, e come primo atto elessero il capo provvisorio dello Stato, nella persona di Enrico De Nicola. Ne fecero parte tutte le forze politiche, seppure con rappresentanze estremamente differenziate: si andava infatti dall’unico rappresentante di quattro partiti (Fronte Democratico Progressista Repubblicano, Partito Cristiano Sociale, Movimento Unionista Italiano e Partito dei Contadini d’Italia) ai 207 della Democrazia Cristiana; altre forze presenti in maniera massiccia furono il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (115) e il Partito Comunista Italiano (104), mentre numerosi partiti ebbero una rappresentanza modesta, come quello Liberale, al quale apparteneva De Nicola, che contava 33 membri.

L’Assemblea ebbe due presidenti (Giuseppe Saragat fino al 6 febbraio 1947 e Umberto Terracini da quella data al termine dei lavori), diversi vice presidenti e segretari, tra i quali Teresa Mattei.

Come previsto dal Decreto Legislativo Luogotenenziale che la promosse, l’Assemblea aveva innanzitutto lo scopo di redigere la nuova costituzione, nonché altri tre compiti: votare la fiducia al governo, approvare le leggi di bilancio e ratificare i trattati internazionali.

Per realizzare l’obiettivo principale fu nominata una Commissione apposita, composta da 75 membri con l’incarico di stendere il progetto generale di costituzione, che a sua volta si suddivise in tre sottocommissioni tematiche: diritti e doveri dei cittadini, organizzazione costituzionale dello Stato e rapporti economici e sociali. Un comitato più ristretto di 18 componenti ebbe l’incarico di redigere il testo, coordinando e armonizzando il lavoro delle sottocommissioni.

La bozza definitiva fu pronta il 12 gennaio del 1947 e il 4 marzo successivo iniziò il dibattito in aula, che si protrasse per diversi mesi fino all’approvazione definitiva avvenuta il 22 dicembre.

L’Assemblea costituente votò inoltre la fiducia ai quattro Governi De Gasperi che si succedettero, approvò le leggi di bilancio per il 1947 e il 1948 e ratificò i trattati di pace, firmati a Parigi il 10 febbraio 1947.

Citazioni

Come spesso accade concludiamo con alcune frasi del nostro testimone.

«La Costituzione è una somma dei diritti e dei doveri per tutti i cittadini, che sono sovrani nel proprio paese. Purtroppo, in questi decenni poco è stato fatto per costruire concretamente questa sovranità popolare che noi avevamo proclamato nel primo articolo.»

«In ogni manifestazione pubblica io sottolineo l’importanza dell’articolo 1, dove si dice che la sovranità appartiene al popolo. Credo che questo articolo non sia stato compreso fino in fondo e che quel principio sia stato spesso confuso con la democrazia. Quest’ultima è costituita da un insieme di regole, mentre l’essenza della sovranità è nella partecipazione e nella rappresentazione fedele delle varie opinioni.»

«La Costituzione ha sancito che la sovranità appartenga al popolo in parti uguali per tutti i cittadini. La sovranità non si può delegare. Ciascuno deve sentirsene custode e gestore.»

«Le lapidi sono importanti, i monumenti sono importanti, ma il più grande monumento, il maggiore, il più straordinario che si è costruito in Italia, alla Libertà, alla Giustizia, alla Resistenza, all’Antifascismo, al Pacifismo, è la nostra Costituzione.»

«A un certo punto Togliatti mi affidò il compito di preparare la proposta comunista relativa agli emolumenti dei deputati. Io mi rivolsi a Giuseppe Di Vittorio, che era un eccellente sindacalista ed era anche molto indipendente dal partito, e con lui decidemmo di verificare lo stipendio medio di un operaio o di un impiegato. La paga media si aggirava intorno alle 42.000 lire al mese e tale cifra proposi anche per i parlamentari. Nell’Ufficio di presidenza, nel quale erano rappresentate tutte le formazioni politiche, scoppiò il finimondo, ma alla fine trovammo un accordo intorno alle 80.000 lire più alcune facilitazioni per chi risiedeva fuori Roma. Ci sembrava di aver già commesso una forzatura, pensate però alla differenza che esiste oggi tra lo stipendio medio di un lavoratore e quello di un parlamentare!»

«Il processo di integrazione europeo ha avuto dei limiti fin dall’inizio, essendosi sviluppato solo su un piano economico e monetario. Anche la Carta normativa delle nazioni, che non è una vera e propria Costituzione, è frutto più che altro dell’attività delle lobby, mentre i cittadini europei non sono coinvolti in un passaggio potenzialmente così importante.»

«Nessuna Resistenza sarebbe potuta essere senza le donne. Si dice che furono poche le partigiane, ma non è vero: ogni donna che io ho incontrato in quel periodo era una partigiana. Per aver diviso a metà una patata con chi aveva fame, aver svuotato gli armadi per vestire i disertori, aver rischiato la vita tenendo in soffitta profughi o ebrei. Era quella la vera Resistenza.»

«La nostra esigenza di entrare nella vita nazionale, di entrare in ogni campo di attività che sia fattivo di bene per il nostro paese, non è l’esigenza di affermare la nostra personalità e qui contrapponendola alla personalità maschile. […] Noi non vogliamo che le nostre donne si mascolinizzino, non vogliamo che le donne italiane aspirino ad una assurda identità con l’uomo; vogliamo semplicemente che esse abbiano la possibilità di espandere le proprie forze, tutte le loro energie, tutta la loro volontà di bene nella ricostruzione democratica del nostro Paese».

«Ancora oggi a tanti anni di distanza, mi commuovo quando vedo nel giorno della festa della donna tutte le ragazze con un mazzolino di mimosa e penso che tutto il nostro impegno non è stato vano».

«Noi salutiamo quindi con speranza e con fiducia la figura di donna che nasce dalla solenne affermazione costituzionale e viene finalmente riconosciuta nella sua nuova dignità, nella conquistata pienezza dei suoi diritti, questa figura di donna italiana finalmente cittadina della nuova repubblica. Ancora poche costituzioni nel mondo riconoscono così esplicitamente alla donna la raggiunta affermazione dei suoi pieni diritti. Le donne italiane lo sanno e sono fiere di questo passo sulla via dell’emancipazione femminile e insieme dell’intero progresso civile e sociale.
È, questa conquista, il risultato di una lunga e faticosa lotta di interi decenni. […] in una società che da lungo tempo ormai ha imposto alla donna la parità dei doveri, che non le ha risparmiato nessuna durezza nella lotta per il pane, nella lotta per la vita e per il lavoro, in una società che ha fatto conoscere alla donna tutti questi pesi di responsabilità e di sofferenza prima riservati normalmente solo all’uomo, che non ha risparmiato alla donna nemmeno l’atroce prova della guerra […] salutiamo finalmente come un riconoscimento meritato e giusto l’affermazione della completa parità dei nostri diritti».

«La cosa più importante della nostra vita -disse una volta – è scegliere da che parte stare».

Ecco, infine, un celebre aneddoto, un botta e risposta con un deputato liberale a proposito dell’uguaglianza tra i sessi all’interno della magistratura: al «Signorina, ma lei lo sa che in certi giorni del mese le donne non ragionano?» del politico, lei rispose «Ci sono uomini che non ragionano tutti i giorni del mese».