Il Rapporto Oxfam 2021: il virus della disuguaglianza

«La pandemia da coronavirus è potenzialmente destinata a produrre un simultaneo aumento delle disuguaglianze in quasi tutti i Paesi del mondo, fatto inedito da quando la disuguaglianza ha iniziato ad essere monitorata. Il virus ha messo in evidenza e acuito le disuguaglianze preesistenti sul piano economico, razziale e di genere. Le vittime ad oggi sono oltre due milioni e centinaia di milioni di persone stanno cadendo in povertà, mentre molti dei soggetti più ricchi (individui e imprese) prosperano. I patrimoni miliardari sono tornati agli astronomici livelli prepandemici in soli nove mesi, mentre per le persone più povere del mondo la ripresa potrebbe richiedere oltre un decennio. La crisi generata dal Covid-19 ha rivelato la nostra fragilità collettiva e l’incapacità di un sistema economico profondamente iniquo di garantire il benessere per tutti, ma ha anche dimostrato l’importanza vitale dell’azione di governo per la protezione della nostra salute e il supporto economico in un momento di estrema difficoltà. Politiche trasformative che sembravano impensabili prima della crisi si sono improvvisamente dimostrate possibili. Non possiamo ritornare allo status quo: al contrario, cittadini e governi devono agire con urgenza per costruire un mondo più equo e sostenibile».

Così Oxfam, la confederazione internazionale di 20 organizzazioni che lavorano in rete in 67 Paesi e si battono dal 1942 per eliminare ingiustizie e povertà, sintetizza il suo rapporto annuale, presentato nel mese di gennaio del 2021, come da tradizione.

Le disuguaglianze

Dall’inizio della pandemia il patrimonio dei dieci più ricchi del mondo è aumentato di 540 miliardi di dollari: la recessione per loro non è mai cominciata, segno della profonda iniquità del sistema economico. La previsione per il 2020 delle 32 più grandi multinazionali mostra un aumento di 109 miliardi di dollari di profitti rispetto alla media dei quattro esercizi finanziari precedenti, e si stima che l’88% finisca nelle tasche degli azionisti.

Invece il Covid-19 ha provocato la più grave crisi occupazionale degli ultimi 90 anni e centinaia di milioni di persone hanno aumentato il numero di chi non ha lavoro o dei sotto occupati.

«L’Indice di Contrasto alla Disuguaglianza (CRI, Commitment to Reducing Inequality) pubblicato da Oxfam e Development Finance International rivela che 103 Paesi sono andati incontro alla pandemia con almeno un terzo della propria forza lavoro privo di diritti e tutele, quali ad esempio l’indennità di malattia». La pandemia ha anche fatto crescere i lavori sottopagati o non retribuiti, in particolare per le donne.

Le donne, infatti, sono le più colpite, poiché impiegate soprattutto nei settori maggiormente penalizzati dalla pandemia. Ciò è vero in ogni parte del mondo, ma in particolare in Medioriente e in Africa del nord «dove le donne rappresentano solo il 20% della forza lavoro, ma le perdite di posti di lavoro dovute al Covid-19, secondo le stime, incideranno sull’occupazione femminile per il 40%.  In generale, le donne rappresentano oltre il 70% della forza lavoro impiegata in professioni sanitarie o lavori sociali e di cura. Questo le espone a maggiori rischi in tempo di pandemia».

Un’ulteriore sottolineatura sulla disuguaglianza che emerge dal Rapporto è sulle conseguenze della malattia: in Brasile, ad esempio, i cittadini di ascendenza africana hanno il 40% di probabilità in più di morire di Covid-19 rispetto alla popolazione bianca. Negli USA la situazione è simile, in quanto si calcola che «22.000 cittadini afroamericani e latino-americani sarebbero ancora vivi se il loro tasso di mortalità fosse stato uguale a quello dei bianchi».

Il coronavirus ha posto in evidenza i problemi e le debolezze di molti sistemi sanitari, scarsamente attrezzati e finanziati in modo non adeguato, ha rivelato i limiti della sanità privata che privilegia i più ricchi.

Un accenno merita, secondo il Rapporto Oxfam, anche l’istruzione. «Nel 2020 oltre 180 Paesi hanno temporaneamente chiuso le proprie scuole. Nel periodo di chiusura simultanea, quasi 1,7 milioni di bambini e ragazzi sono rimasti a casa. Nei Paesi più poveri la pandemia ha privato gli alunni di quasi quattro mesi di frequenza scolastica, contro le sei settimane dei Paesi ad alto reddito. Si stima che la pandemia cancellerà i benefici ottenuti grazie ai progressi globali degli ultimi 20 nel campo dell’istruzione femminile, con conseguente aumento della povertà e della disuguaglianza».

Per la gran massa di persone che erano in difficoltà ancora prima della pandemia la ripresa sarà estremamente difficoltosa e necessiterà di tempi lunghi: «la metà dei lavoratori nei Paesi più vulnerabili versava in condizione di povertà e i tre quarti della forza lavoro non godeva di alcuna forma di protezione sociale, come l’indennità di malattia e i sussidi di disoccupazione».

Alcuni esempi citati nel Rapporto mettono in risalto l’incremento delle disuguaglianze. Il blocco dei trasporti aerei ha fatto aumentare notevolmente la vendita di jet privati; in Libano le famiglie più ricche si trasferiscono nelle loro case in montagna per sfuggire al contagio e vivere tranquilli; per contro il Paese è in una crisi economica di proporzioni gigantesche. Nel mondo tantissimi lavoratori e piccoli commercianti fanno i conti con l’impossibilità di guadagnare: «Sono tassisti, parrucchieri, piccoli commercianti. Sono guardie di sicurezza, addetti alle pulizie, cuochi. Sono operai, sono contadini». Famiglie che «vivono con una somma giornaliera che va da 2 a 10 dollari, affittano due stanze in uno slum per la loro famiglia, prima della crisi riuscivano a tirare avanti e cominciavano a sognare un futuro migliore per i propri figli».

Qualche riflessione

L’aumento delle disuguaglianze posto in risalto dal Rapporto Oxfam non è un fatto inevitabile, dipende invece dalle scelte politiche dei governi, e, al contrario di quanto accertato, la crisi potrebbe essere l’occasione per una svolta che promuova sistemi economici e sociali più equi e inclusivi, l’occasione per aggredire le cause strutturali della disuguaglianza, investendo nella copertura sanitaria universale e gratuita, nel potenziamento dell’istruzione e della formazione, nel rafforzamento dei servizi pubblici; nella promozione del lavoro, della sua dignità e della giusta retribuzione, nel favorire lo sviluppo di modelli d’impresa in grado di coinvolgere i lavoratori e una distribuzione dei profitti più equa; un’evoluzione verso una fiscalità più giusta che chieda di più a chi possiede di più; un orientamento dei modelli di produzione e consumo verso il green e il rispetto delle persone e dell’ambiente.

«La disuguaglianza è il prodotto di un sistema economico distorto e improntato allo sfruttamento, le cui radici affondano nei principi neoliberisti e nel condizionamento della politica da parte delle élite», sostiene il Rapporto, e queste sono le cause della povertà, delle ingiustizie sociali e anche delle malattie, fattori che impediscono una vita dignitosa a miliardi di persone, avvelenano la politica, alimentano estremismi e razzismo, ostacolano la ricerca di un mondo più giusto.

È cresciuta una consapevolezza diffusa di queste problematiche e i sondaggi realizzati in tante nazioni hanno evidenziato l’aspirazione per la costruzione di un mondo più equo e sostenibile come prospettiva post pandemia.

Persino personaggi come Klaus Schwab, presidente del Forum Economico Mondiale, che organizza l’annuale incontro di Davos, «ha recentemente chiamato in causa “l’ideologia neoliberale”, scrivendo che “nell’era post-COVID dobbiamo andare oltre il neoliberismo”. Il Fondo Monetario Internazionale ha dichiarato che non si dovrebbe tornare all’austerità e ha espresso supporto per sistemi fiscali progressivi. Il Financial Times ha chiesto “riforme radicali” per invertire “l’indirizzo politico prevalente degli ultimi quarant’anni”, sostenendo la necessità di una maggiore ridistribuzione, di redditi di base e tassazione della ricchezza».

I cinque passi proposti da Oxfam

L’Organizzazione internazionale propone un percorso che conduca verso un mondo migliore.

  1. Le fondamenta di un contesto globale rinnovato consistono in una riduzione radicale e duratura delle disuguaglianze. Per perseguire ciò i governi devono fissare obiettivi concreti e tempistiche precise, va superato il semplice riferimento al Prodotto Interno Lordo per porre in evidenza gli elementi che contano davvero per la felicità delle persone.
  2. L’economia deve possedere un volto umano e la conseguenza sono investimenti per servizi gratuiti ed efficienti nella sanità (offrendo innanzitutto un «vaccino popolare» tenendo testa alle multinazionali del settore), nell’istruzione, come fondamento di società libere e che offrono parità di opportunità per tutti.
  3. Il mondo deve essere liberato dallo sfruttamento e il lavoro mettere al centro la persona, non la massimizzazione degli utili per gli azionisti. È necessario porre un freno alle estreme ricchezze, per avere salari dignitosi, maggiore sicurezza sul lavoro, rispetto dei diritti.
  4. Un modo per ottenere ciò è una corretta imposizione fiscale, in particolare «a carico dei più ricchi, siano essi singoli individui o grandi imprese. Un giorno dovremo ricordare questa crisi come il momento in cui abbiamo finalmente iniziato a tassare i ricchi in modo più giusto, in cui la corsa al ribasso è finita ed è iniziata la corsa al rialzo in materia fiscale. Il nuovo corso può includere l’aumento delle imposte patrimoniali, la tassazione delle transazioni finanziarie e la fine degli abusi fiscali. L’imposizione progressiva è la pietra angolare di ogni equa ripresa dalla crisi».
  5. Va anche affrontata decisamente la catastrofe climatica che «è la più grande minaccia per l’esistenza umana», in quanto sta distruggendo i mezzi di sussistenza per le realtà più deboli. Una soluzione è un’economia verde che combatta il degrado del pianeta e lo preservi per le generazioni future, riducendo l’uso dei combustibili fossili, ostacolando la speculazione delle multinazionali che li commerciano. «La lotta contro la disuguaglianza è tutt’uno con la lotta per la giustizia climatica. La pandemia ci ha dimostrato che, di fronte a una crisi, un’azione massiccia da parte dei governi è possibile: dobbiamo quindi aspettarci un’azione altrettanto forte per prevenire la catastrofe climatica».

«L’umanità possiede un talento incredibile, enormi ricchezze e un’infinita immaginazione. Queste risorse devono essere impiegate per costruire un’economia più equa che rechi vantaggio a tutti, non soltanto a pochi privilegiati».

Uno sguardo sulla situazione italiana

Oxfam Italia ha accompagnato la diffusione del Rapporto mondiale con alcuni dati e considerazioni sulla situazione del nostro Paese sotto il profilo socio-economico, presentando un’analisi delle conseguenze della pandemia sulle famiglie e alcune valutazioni sui differenti impatti della crisi.

Questa si è abbattuta su un contesto già profondamente diseguale: alla fine di giugno del 2019 la distribuzione della ricchezza vedeva il 20% più benestante detenerne il 70%, mentre il 60% meno abbiente ne possedeva il 13,3%. Ancora più evidente è confrontare i ricchissimi con i più poveri: «La ricchezza del 5% più ricco degli italiani (titolare del 41% della ricchezza nazionale netta) era superiore a tutta la ricchezza detenuta dall’80% più povero dei nostri connazionali. La posizione patrimoniale netta dell’1% più ricco (che deteneva a fine giugno 2019 il 22% della ricchezza nazionale) valeva 17 volte la ricchezza detenuta complessivamente dal 20% più povero della popolazione italiana».

L’andamento per quanto concerne gli ultimi 20 anni conferma questi dati e la tendenza a un incremento delle disuguaglianze: il 10% più ricco ha incrementato del 7,6% il patrimonio, mentre la metà più povera ha visto una riduzione del 36,6%.

Si dice, e in parte è stato dimostrato, che la ricchezza non fa la felicità, però correttamente Oxfam Italia sottolinea come essa sia una delle dimensioni del benessere economico individuale, permetta di investire meglio nel proprio futuro, consenta di influenzare le decisioni pubbliche, favorisca la resilienza economica nei momenti di difficoltà. Questo si è manifestato chiaramente nella pandemia: l’introduzione delle misure restrittive ha impattato sul lavoro e il reddito delle famiglie italiane, che si sono trovate a dover attingere alle risorse economiche disponibili per far fronte alla situazione. Le disparità si sono tradotte in differenti mezzi economici per affrontarla.

Due indagini condotte dalla Banca d’Italia tra la fine di aprile e l’inizio di maggio e tra la fine di agosto e l’inizio di settembre hanno fotografato la situazione economica delle famiglie italiane, il loro grado di resilienza e le loro aspettative in due fasi diverse della crisi pandemica, corrispondenti all’applicazione di distinte misure restrittive e a interventi pubblici a sostegno di reddito, lavoro, famiglie e operatori economici. La prima ha rilevato come nelle fasi più rigide delle misure di contenimento dell’epidemia oltre la metà degli intervistati abbia subito una contrazione del reddito, anche a fronte di strumenti di sostegno ricevuti: per il 15% si era più che dimezzato.

L’impatto più negativo ha riguardato i lavoratori autonomi: solo il 20% tra loro non ha visto il proprio reddito calare nel periodo del lockdown, mentre per oltre un terzo degli indipendenti la contrazione ha superato il 50%. La metà degli intervistati immaginava inoltre che il proprio reddito avrebbe avuto una riduzione, sebbene di intensità minore, nei 12 mesi successivi all’intervista.  Quasi il 40% del campione (con picchi di oltre il 50% tra i disoccupati e i dipendenti a tempo determinato) dichiarava di non riuscire a fare affidamento alle proprie riserve finanziarie per oltre 3 mesi per far fronte ai consumi essenziali o per il pagamento delle rate dei debiti, portando la Banca d’Italia ad aggiornare al 55% (dal 40% circa pre-pandemico) la stima della percentuale della popolazione residente in condizioni di povertà finanziaria. Contestualmente l’emergenza sanitaria ed economica risultava incidere negativamente sulle aspettative di spesa delle famiglie italiane: quasi il 60% degli intervistati riteneva che anche al termine dell’epidemia le spese per beni non essenziali sarebbero state inferiori ai livelli pre-crisi.

L’indagine qualitativa di fine agosto rivelava un lieve miglioramento nelle condizioni correnti e prospettiche dei nostri connazionali.

Gli effetti della pandemia sono stati attenuati grazie alle misure di sostegno al reddito come la CIG, l’assegno ordinario del Fondo di integrazione salariale e dei Fondi di solidarietà, le indennità di disoccupazione, il reddito di cittadinanza, il reddito di emergenza, le misure di sostegno agli autonomi e ai professionisti; circa un terzo delle famiglie ne ha beneficiato tra marzo e agosto, il 60% tra i disoccupati e il 40% tra i lavoratori autonomi.

Le aspettative economiche delle famiglie emerse nella seconda indagine sono meno pessimistiche rispetto alla primavera: l’attesa di un calo del reddito nei successivi 12 mesi si è dimezzata, pur rimanendo alta, al 25%, ma forti preoccupazioni sul peggioramento delle condizioni del mercato del sono state espresse da oltre un quarto delle famiglie che basano il reddito su contratti a termine e lavoro autonomo. L’indagine rimarcava una riduzione dei consumi e un’attenzione maggior al risparmio.

Come nello scenario mondiale anche in Italia i più ricchi non hanno ricevuto contraccolpi dalla pandemia: esaminando la Lista Forbes si registra un aumento di 45,7 miliardi di euro del valore patrimoniale dei 36 miliardari italiani più facoltosi.

I primi studi sullo scenario economico del Paese fotografano un calo medio delle retribuzioni dei lavoratori del 21,5% rispetto alla situazione pre-pandemica (-18,1% per chi lavora alle dipendenze e, più marcatamente, – 35,2% per gli indipendenti); tale contraccolpo è stato attenuato dal blocco dei licenziamenti e dai trasferimenti: tenendone conto la riduzione effettiva del reddito lordo medio è “solo” dell’11,8% (-8,8% per i lavoratori dipendenti e -24,1% per i lavoratori autonomi).

Senza i sostegni prima ricordati la quota dei lavoratori a rischio di povertà sarebbe cresciuta di oltre il 16%, contro l’1,7%; la disuguaglianza retributiva si è ridotta dell’1,7%, mentre senza le misure di emergenza sarebbe cresciuta del 5,6%.

La pandemia ha determinato un aumento dell’incidenza della povertà del 2%, ma senza trasferimenti l’aumento sarebbe stato superiore di oltre quattro volte (+8,8%).

Se le disuguaglianze non si sono acuite in modo particolare, già elevate e crescenti nel mercato del lavoro italiano pre-Covid19, non deve spingere a facili ottimismi, poiché è comunque presente un calo dei redditi per una quota ampia della popolazione meno abbiente, e la riduzione delle disuguaglianze è frutto esclusivamente dei temporanei interventi compensativi realizzati dal governo. «Il messaggio di fondo che se ne trae è dunque di monito alle istituzioni circa gli indesiderabili impatti su povertà e disuguaglianze che l’interruzione divari preesistenti lungo tali dimensioni, fondamentali per descrivere il benessere di una società. Vecchie vulnerabilità multidimensionali si sono acuite e assommate a nuove fragilità con conseguenze allarmanti per il benessere dei cittadini, l’inclusione e la coesione sociale».

Dal locale al nazionale: come incidere sulle cause strutturali delle disuguaglianze

Le tante disuguaglianze, economiche, sociali, di riconoscimento, spaziali, di genere, non sono né casuali né ineluttabili. Tutte le disparità sono il risultato di precise scelte politiche che hanno portato negli ultimi decenni a un profondo mutamento nella distribuzione del potere economico, e non solo, tra lavoro e proprietà d’impresa, all’affiorare di nuovi e potenti monopoli, a un eccesso di finanziarizzazione dell’economia. Un peso determinante ha avuto l’indebolimento del ruolo della politica, delle funzioni dello Stato e una graduale esclusione di ampi settori della società dalla vita del Paese.

Per affrontare le disuguaglianze Oxfam Italia mette in evidenza una serie di elementi. Il primo consiste nell’ammodernamento dei sistemi di protezione dei redditi, la necessità di un sistema di welfare che distingua fra i rischi di disoccupazione associati all’ordinario andamento del mercato del lavoro e rischi di disoccupazione straordinari dovuti a gravi crisi e che preveda misure di protezione anche per gli autonomi.

Un secondo aspetto è ridare potere al lavoro, una sua forte rivalutazione, anche attraverso l’esclusione di forme contrattuali atipiche e poco remunerate e l’innalzamento dei salari minimi, e, su un altro versante, va rafforzata la partecipazione dei lavoratori alla gestione, e alla proprietà, delle imprese.

È necessario prevedere sistemi fiscali equi e progressivi, rafforzando la portata redistributiva del sistema di imposte e trasferimenti, spostando il carico fiscale dal lavoro e dai consumi su ricchezza e redditi da capitale. «L’annunciata riforma della tassazione dei redditi delle persone fisiche deve prevedere un ampliamento della base imponibile e l’aumento del grado di progressività impositiva».

Sono da potenziare, ancora, gli investimenti in un’istruzione pubblica di qualità e nel contrasto alla povertà educativa. Nel primo ambito sono da sottolineare il riconoscimento del ruolo fondamentale della scuola primaria, il carattere fondativo dei primi anni di istruzione, una diffusione più ampia degli asili nido, il potenziamento della scuola d’infanzia.

«Proposte strutturali per contrastare la povertà educativa devono contemplare il miglioramento delle strutture scolastiche e una migliore gestione del tempo scuola, un incentivo all’innovazione didattica e pedagogica, il rafforzamento dell’istruzione professionale, la creazione di zone di educazione prioritaria tra le aree a maggior incidenza di abbandoni precoci, il potenziamento delle comunità educanti».

Si tratta poi di valorizzare il capitale umano e facilitare l’accesso alla conoscenza, attraverso uno stretto collegamento con mercato del lavoro, che deve essere in grado di contribuire all’orientamento e potenziare la capacità di assorbire l’offerta di lavoro qualificato. «La carenza di posizioni lavorative qualificate e di prospettive di progressione di carriera contraddistingue purtroppo in modo negativo il nostro sistema produttivo caratterizzato da una peculiare frammentazione e da un forte sottoutilizzo del capitale umano. L’inversione di tendenza e la creazione di posti di lavoro qualificato passa anche per processi di innovazione da incentivare e accompagnare con un supporto pubblico al trasferimento tecnologico alle piccole e medie imprese italiane fortemente limitate nell’accesso alla conoscenza».

Risulta infine indispensabile favorire la mobilità intergenerazionale, nonché affrontare il blocco dell’ascensore sociale. Ciò significa una maggiore uguaglianza di opportunità, un miglioramento delle condizioni di accesso all’istruzione di qualità, «l’opportunità di una dote universale per i giovani e il rafforzamento del grado di concorrenza nei settori meno competitivi in cui il premio di background sociale a parità di istruzione è più persistente».