Nello scorso mese di gennaio la Direzione generale della ricerca e dell’innovazione dell’Unione Europea ha pubblicato il documento Industria 5.0: verso un’industria più sostenibile, resiliente e incentrata sull’uomo, lanciando una quinta rivoluzione industriale, più umana, più impegnata nei confronti delle persone, in vista di un futuro più sostenibile, consapevole e attento ai valori, per il Pianeta e per chi lo abita.
Il progresso tecnologico e lo sviluppo industriale devono quindi puntare in tali direzioni.
Viene proposta una visione che coniuga la crescita con una profonda integrazione tra attenzione alle persone e all’ambiente, una prospettiva che include tutti nel miglioramento delle condizioni di vita.
Per modificare in un’ottica rigenerativa i modelli di produzione e consumo l’UE attribuisce un ruolo fondamentale al sistema industriale, come uno dei motori di un nuovo sviluppo basato sul rispetto dell’ambiente e del lavoro umano, sul raggiungimento di obiettivi sociali e nuovi processi produttivi che collochino al centro il benessere dei lavoratori.
Cos’è l’Industria 5.0
«L’industria 5.0 è caratterizzata dall’andare oltre la produzione di beni e servizi a scopo di lucro. Sposta l’attenzione dal valore per gli azionisti al valore per gli stakeholder e rafforza il ruolo e il contributo dell’industria alla società.
Mette il benessere del lavoratore al centro del processo produttivo e utilizza le nuove tecnologie per fornire prosperità oltre l’occupazione e la crescita nel rispetto dei limiti di produzione del pianeta.
Completa l’attuale approccio “Industria 4.0” mettendo specificamente la ricerca e l’innovazione al servizio della transizione verso un’industria europea sostenibile, incentrata sull’uomo e resiliente».
Perché l’Industria 5.0
«L’industria 5.0 porta vantaggi per l’industria, per i lavoratori e per la società.
Ma rendere l’Industria 5.0 una realtà non è solo una cosa carina da fare. Le industrie devono adattarsi, evolversi e abbracciare le transizioni verdi e digitali per continuare a essere competitive e rimanere motori di prosperità.
Le industrie devono svolgere un ruolo attivo nel fornire soluzioni alle sfide della società, compresa la conservazione delle risorse, il cambiamento climatico e la stabilità sociale.
La revisione delle catene del valore e delle pratiche di consumo energetico esistenti può anche rendere le industrie più resilienti agli shock esterni, come la crisi del Covid-19».
Politiche integrate
L’approccio Industria 5.0 è in linea con tre delle priorità della Commissione: «Un’economia che lavora per le persone», «Green Deal europeo» ed «Europa adatta all’era digitale».
Gli elementi pertinenti all’Industria 5.0 fanno già parte delle principali iniziative politiche dell’UE: un approccio incentrato sull’uomo per le tecnologie digitali, la riqualificazione dei lavoratori europei, il favorire lo sviluppo di industrie moderne, efficienti sotto il profilo delle risorse e sostenibili, la transizione verso un’economia circolare, un’industria competitiva a livello mondiale.
Un po’ di storia
La progressione delle rivoluzioni industriali ha caratterizzato gli ultimi due secoli, ha segnato il progresso tecnologico e lo sviluppo industriale, insieme alle caratteristiche della società e di molti aspetti del vivere delle persone.
L’avvio si ebbe in Inghilterra nella seconda metà del ‘700 con l’introduzione della macchina a vapore e l’inizio dell’era della meccanizzazione. La successiva, alla fine del XIX secolo, è stata legata alla produzione di massa possibile grazie alle innovazioni portate dall’energia elettrica, dal motore a scoppio e dalle scoperte in chimica. Gli anni ’70 del ‘900 hanno visto formarsi la terza, dominata dall’elettronica, con l’uso diffuso dei computer e dell’automazione che hanno trasformato i processi di produzione industriale. L’accelerazione dei cambiamenti ha il suo culmine con la quarta rivoluzione, dell’ultimo decennio, talmente avanzata e proiettata verso il futuro che va oltre se stessa quasi ancor prima di avviarsi: si tratta della diffusione capillare delle connessioni, dell’Internet delle cose, dei big data, del cloud, dell’intelligenza artificiale applicata alle tecnologie industriali e non solo.
La quinta è una prospettiva profondamente differente, è una rivoluzione non tecnologica, ma antropologica, nella quale la tecnica passa da fine a mezzo, come pure gli elementi economici, e la persona diventa il fine.
La speranza è che si realizzi compiutamente e con tali caratteristiche.
Industria 5.0, teologia e messaggio sociale della Chiesa
La forte proposta dell’UE si salda con le indicazioni altrettanto decise dell’Agenda 2030 dell’ONU, con i suoi 17 obiettivi di sviluppo sostenibile declinati in 169 target e 240 indicatori. In entrambe le direttrici si supera definitivamente l’idea di una sostenibilità unicamente ambientale, affermando una prospettiva integrata dello sviluppo, che è necessario sia inclusivo, migliori le condizioni di vita di tutti, garantisca piena occupazione e un lavoro decoroso.
Siamo in pieno nel solco tracciato dalla Laudato si’, dalle indicazioni del messaggio sociale della Chiesa nell’ultimo periodo, dalla riflessione più avanzata della teologia cristiana in questi ambiti.
I laici dovrebbero sentirsi fortemente interpellati, impegnarsi in tali direzioni e, non ultimo, contribuire perché nel campo della politica, dell’amministrazione, dell’industria stessa e nella società si affermino e diventino concrete le prospettive indicate.
Un impegno globale
È indispensabile che esse siano le linee guida del progetto politico dei prossimi anni, per non restare lettera morta: servono dunque persone adeguate a portarle avanti.
Devono contaminare il mondo produttivo perché si trasformi secondo queste indicazioni; l’industria, e in generale tutto il comparto che produce beni e servizi, è necessario diventi uno dei motori del nuovo sentiero di sviluppo, capace di rispettare il Pianeta e il lavoro, puntare a obiettivi sociali, promuovere un benessere diffuso.
Il mondo produttivo può capire tutto ciò e realizzarlo solo se in esso si svilupperà un movimento a sostegno, che veda protagonisti tutti gli attori, con un ruolo sempre più attivo e responsabile delle lavoratrici e dei lavoratori, anche attraverso rinnovati strumenti di partecipazione al governo delle imprese.
Lo sforzo deve coinvolgere anche altri ambiti, quali il mondo della scuola e dell’università, i mezzi di comunicazione, perché le linee indicate diventino consapevolezza diffusa, cultura, senso comune: solo così, con un impegno condiviso, potranno realizzarsi.
L’uscita dalla crisi dovuta alla pandemia non potrà che avere tale prospettiva.