Il fatto
Dopo un periodo di silenzio è stato rilanciato il progetto del cosiddetto Parco della Salute, della Ricerca e dell’Innovazione di Torino, che dovrebbe raggruppare i presidi ospedalieri dell’attuale Città della Salute, insieme a strutture dedicate, appunto, alla ricerca e all’innovazione sanitaria.
Il progetto prevede investimenti per circa 450 milioni di euro, dei quali 300 a carico del privato che lo realizzerà, dedicati al complesso che sorgerà nell’area denominata exAvio-Oval, costituito da quattro poli destinati a sostituire i nosocomi della Città della Salute, ospitare centri di ricerca, essere sede delle attività didattiche dei corsi di laurea in medicina e nelle professioni sanitarie, accogliere il personale.
La realizzazione vedrà l’attivazione di un partenariato tra pubblico e privato per il finanziamento, la costruzione e la gestione delle strutture e dei servizi previsti.
Le previsioni fornite dall’assessore regionale parlano di un’operatività nel 2027, sulla base di un cronoprogramma che contempla una prima fase di aggiudicazione e realizzazione dei lavori di bonifica dell’area, da concludere nel maggio 2022; seguirà l’aggiudicazione della costruzione del complesso delle strutture, la posa della prima pietra attesa all’inizio del secondo semestre del 2022, con il vincolo di concludere i lavori in cinque anni.
Parallelamente saranno operative due cabine di monitoraggio: la prima coordinata dall’Università di Torino per quanto concerne didattica, ricerca e innovazione, la seconda guidata dal Comune rivolta alle problematiche urbanistiche, della viabilità e sulle ricadute economiche e sociali.
Il commento
Del Parco della Salute e, in generale della sanità, ne parliamo con Paolo Colli Franzone, presidente dell’Istituto per il Management dell’Innovazione in Sanità.
La domanda iniziale riguarda una valutazione complessiva del progetto.
Una prima considerazione parte da come la pandemia abbia posto in risalto l’importanza di una sanità efficiente nelle emergenze, anche per quanto concerne le strutture ospedaliere: quindi ben venga la realizzazione di un polo di rilievo. In grado anche di riqualificare Torino, che possiede già alcune eccellenze, ma potrebbe posizionarsi ancora meglio.
Una seconda è il rischio per il Parco di non aggiornare lo schema progettuale iniziale, risalente a molti anni fa, mentre vi è la necessità di costruire un ospedale del futuro, diventando non solo una struttura di cura, bensì un “ecosistema” della salute, attirando nuove imprese, aziende farmaceutiche, competenze tecnologiche, potenziando, grazie all’essere in un unico luogo, la condivisione delle esperienze, superando il modello tradizionale di grande ospedale di eccellenza per un “ecosistema” della salute di eccellenza. Tutto ciò può avere delle importanti ripercussioni sotto il profilo economico, per il coinvolgimento di partner privati.
Un obiettivo importante è di poter impiegare importanti professionalità nel comparto che rischiano di andare a lavorare in altri contesti, come accade attualmente: il Parco può diventare un attrattore.
Quali elementi di incertezza intravedi.
L’emergenza Covid-19 ha messo in risalto come le criticità della sanità siano fuori dall’ospedale, sul territorio, che è un elemento debole, anche per le non sufficienti risorse destinate dalle ASL.
Curare un paziente prima che sia costretto a entrare in un ospedale, fare prevenzione cioè, risulta più efficace, più semplice e meno costoso.
Nella realizzazione del Parco andrebbe affrontata la questione con una forte integrazione sul territorio, con la gestione dei pazienti fuori dall’ospedale: molte importanti esperienze estere ci dicono che il futuro è di nosocomi che affrontino situazioni gravi, non affrontabili se non in strutture ad alta intensità terapeutica.
Sarebbe interessante prevedere una sorta di “ospedale virtuale”, con competenze interne, ma rivolto a pazienti che non sono in ospedale: sembra difficile da capire e da organizzare, ma a partire da esperienze già presenti, soprattutto negli USA, potrebbero essere fatte importanti considerazioni sul tema. A cominciare dal potenziare la telemedicina. In tale direzione potrebbero essere utilizzate una parte delle risorse del Recovery Fund destinate alle tecnologie per la sanità. Il Parco della Salute potrebbe nascere con una dotazione tecnologica in grado di gestire tale prospettiva.
La politica dovrebbe rendersi conto del valore di una simile operazione, anche perché oggi nell’abito sanitario queste convinzioni sono già presenti. Si dovrebbe uscire da una logica, molto italiana, che costruire un ospedale porta voti, per una logica diversa: curare bene le persone porta voti, a parte il valore etico della cosa.
Allargando la visuale, quali sarebbero dal tuo osservatorio di esperto in innovazione e programmazione sanitaria le tre scelte politiche di fondo da operare nel comparto della sanità?
La prima, ricollegandomi a quanto detto prima, è riunificare le due linee di budget che separano la spesa ospedaliera da quella territoriale: superare i due compartimenti stagni oggi presenti. Creare un’unica voce di spesa da usare non con logiche di “silos”, ma con l’attenzione alla salute della persona, mettendola davvero al centro, come si ripete da tempo. Ragionare in termini di risultato, di benessere.
La seconda, mi ripeto, è che termini la separazione di processo tra la cura ospedaliera e quella territoriale, a partire dalla collocazione dei medici e del personale sanitario, superando la separazione tra i due contesti: medici e infermieri che curano persone. Ciò si potrebbe realizzare fondendo distretti ospedalieri e territoriali, con obiettivi comuni, unificanti, facendoli divenire entità uniche: non più “aziende ospedaliere” e “aziende sanitarie territoriali”, bensì “aziende dalla salute” di un’area. O meglio, ritornando a espressioni e a impostazioni del passato, prevedere “unità della salute”, come c’erano le unità sanitarie locali, superando il “disastro” di porre al centro gli elementi di bilancio e non quelli della salute, attribuendo più “potere” al direttore amministrativo piuttosto che al direttore sanitario: andrebbe rimesso in forte evidenza, non solo per i singoli medici, ma per il complesso dell’organizzazione sanitaria, il giuramento di Ippocrate, che pone al centro la vita del paziente e il fare di tutto per il suo benessere.
Coniugare soldi e salute è difficile, in ogni caso l’equilibrio economico va salvaguardato. Una soluzione è potenziare la prevenzione: prevenire fa risparmiare, investire in prevenzione significa spendere di meno. E questo è il terzo elemento da porre in risalto.
Oggi per questo aspetto il sistema sanitario nazionale spende circa il 7%: io lo triplicherei per legge.
Facciamo un esempio. Se un bambino mangia “schifezze” e ingrassa tra qualche decennio si dovrà pagare una cambiale molto cara, perché costerà gestire un paziente con gravi patologie. Se si è in grado di affrontare subito il problema, spiegando a lui e ai genitori come una corretta alimentazione sia importante, contribuendo a risolverlo, non sarà necessario in futuro spendere molto di più, oltre a fare un’operazione moralmente e socialmente valida.
La politica dovrebbe capire questo linguaggio economico, oltre al resto, e operare scelte nella direzione indicata.
L’esperienza dimostra la sua validità. Gli screening introdotti per alcune patologie tumorali hanno prodotto maggiore benessere e un significativo risparmio.
Tra l’altro, concludendo e tornando al Parco della Salute, tali risparmi consentirebbero di investire, anche per rinnovare ospedali. In molti paesi del centro e del nord Europa si costruiscono strutture in un’area che ne può contenere due. Appena terminata la realizzazione di un ospedale si inizia a progettare quello che lo sostituirà, in quanto con l’evoluzione nel settore un nosocomio dopo una quindicina di anni diventa superato ed è necessario rinnovarlo, se si desidera essere al passo coi tempi. Investire in prevenzione può consentire anche di fare operazioni come queste.
Qualche ulteriore osservazione
Non vi dubbio che Torino necessiti di una struttura ospedaliera moderna, anche solo rilevando la vetustà del complesso delle Molinette che, come il 35% degli ospedali italiani, ha più di 70 anni.
Il progetto rappresenta nell’area torinese l’investimento di maggiori dimensioni degli ultimi anni, modificherà gli equilibri economici e sociali cittadini, avrà un impatto sulla struttura urbana della città, in particolare per la zona sud.
Saranno importanti le valutazioni in merito a una serie di questioni collegate ai lavori e alla futura grande struttura, quali le ripercussioni sul traffico, la viabilità, gli accessi con mezzi pubblici e privati; i contraccolpi per i residenti e le attività commerciali e produttive, quali il rumore o, di nuovo, il traffico; il benessere generale delle aree adiacenti e dei loro abitanti
Vi sarà la necessità di un forte coordinamento con tutti gli attori coinvolti allo scopo di programmare e gestire le trasformazioni.
Nella fase conclusiva dovranno essere predisposti il trasferimento del complesso di quanto ora collocato nella Città della Salute e un piano per l’utilizzo degli edifici dismessi.
Alcuni dubbi
È anche opportuno sollevare alcune problematiche, di vario genere, che dovrebbero essere tenute presenti.
Un interrogativo riguarda il coinvolgimento del privato. Certo forti investimenti non possono essere forniti solo dal settore pubblico, ma la regia e la gestione deve rimanere in capo alla pubblica amministrazione.
Un punto controverso riguarda il numero dei posti letto. Attualmente i dati dell’Anaao Assomed Piemonte ne segnalano circa 2.400 nella Città della Salute, mentre la nuova struttura ne prevederebbe poco più di 1.000, ma con un potenziamento, si afferma, della capienza del CTO (450 in più) e di altri nosocomi, in ogni caso con una rilevante diminuzione.
Anche il modello di assistenza merita delle riflessioni, poiché si basa sull’intensità di cura che, a detta ad esempio della già citata Anaao, ha evidenziato, dove applicato, non poche criticità. In breve tale impostazione si appoggia a dei “moduli” ai quali sono assegnati posti letto, superando la logica dipartimentale e della struttura complessa, portando a una perdita di identità delle unità operative a favore di aree di attività che spesso mal si delimitano tra di loro. Le strutture specialistiche, quali cardiologia o neurologia, vedrebbero la loro attività trasformata da continuità assistenziale a “prestazione on demand”.
Tale impostazione potrebbe comportare dei problemi anche per gli studenti del Parco, poiché dovrebbero essere attivate collaborazioni con altri ospedali per lo studio di casi clinici meno complessi di quelli presenti nel Parco stesso.
Ripensare la sanità
La nascita di un polo così importante dovrebbe essere l’occasione per una riflessione complessiva e un ridisegno delle politiche per la salute, che deve vedere il coinvolgimento di tutti gli attori, a cominciare dalla Regione.
Il periodo di realizzazione del Parco potrebbe vedere lo sviluppo di un percorso sul tema, una sorta di “stati generali della sanità piemontese” per un suo profondo ripensamento.
A partire dal bilancio degli ultimi anni e dalla crisi dovuta alla pandemia sarebbe significativo, parallelamente alla progettazione del Parco, un lavoro collettivo di programmazione del futuro impegno per la salute nel territorio piemontese.
Le fonti
Un po’ di storia
Le origini del progetto sono databili nel 2003, a partire dall’idea proposta da Mario Virano, insieme a Maggiora, Verme e Dezzani, in un libretto che proponeva la realizzazione del THP, ovvero Turin Health Park, legandola alla «sfida olimpica per la città», considerando la sanità un motore di sviluppo, con presidi ospedalieri affiancati da centri di ricerca farmaceutica e sperimentazione di nuovi metodi di cura. Un’utile ricostruzione storica è stata proposta da Pro Natura di Torino nel suo sito.
La documentazione
Nel sito della Regione sono disponibili una serie di documenti sulla realizzazione del Parco, tra i quali il più importante è certamente lo Studio di fattibilità con l’analisi costi e benefici, del luglio 2018. Nella stessa pagina è presente un video di presentazione del progetto, la normativa correlata e delle schede informative.
Il dettaglio dei lavori
Il sito della Regione lo descrive in questo modo: «Dopo l’indizione della gara nell’ottobre 2020, entro aprile 2021 avverrà l’aggiudicazione dei lavori di bonifica, che farà seguito alla valutazione tecnica delle offerte. A giugno potranno iniziare i lavori, che termineranno in due fasi diverse: entro maggio 2022 la fine della bonifica del Lotto 1 (area dove sarà realizzato il Parco della Salute) e proseguimento della bonifica Lotto 2 (area dove sorgerà il Polo universitario), con termine lavori previsto entro fine 2022.
Per quanto riguarda la gara, a maggio del 2020 era terminata la fase 1 del dialogo competitivo iniziata a fine 2019 e ad ottobre 2020 si è passati all’ammissione dei candidati alla fase 2. A maggio 2021 è attesa la consegna dei master plan e dei progetti di fattibilità tecnico ed economico da parte dei concorrenti.
Nei mesi di giugno e luglio si svolgeranno gli incontri del dialogo competitivo della fase 2, mentre tra agosto 2021 e febbraio 2022 saranno predisposti i progetti definitivi, che verranno consegnati a marzo 2022.
Dopo la valutazione tra aprile e giugno 2022, a luglio 2022 verrà aggiudicata la realizzazione del futuro Parco con i suoi 1040 posti letto, così che, entro il secondo semestre del 2022, potranno iniziare i lavori.»