Millicent Garrett Fawcett: per il voto alle donne

La conquista dei diritti politici per le donne non fu la conseguenza di una progressiva estensione dei principi liberali e democratici, ma derivò da una lunga e aspra battaglia. Il movimento femminile che condusse al diritto di voto per le donne ebbe numerose protagoniste. Tra loro spicca certamente Millicent Garrett Fawcett, che per 50 anni fu, nel Regno Unito, una delle esponenti di spicco delle “suffragiste”: così chiamate perché si battevano per il “suffragio” universale.

La vita

Millicent Garrett nacque l’11 giugno 1847 ad Aldeburgh, nel Suffolk, settima dei 10 figli di Louisa Dunnell e di Newson Garrett, imprenditore e politico radicale.

Nel 1858 Millicent e la sorella maggiore Elisabeth andarono a Londra, iscritte dalla famiglia a una scuola privata. Elisabeth divenne la prima donna medico in Gran Bretagna, sostenuta con forza dalla famiglia in tale difficile percorso verso una professione allora esclusivamente maschile.

Nella capitale Millicent ascoltò i sermoni di Frederick Denison Maurice, un ministro di Chiesa anglicana socialmente impegnato e meno legato alle tradizioni, la cui sensibilità la influenzò molto dal punto di vista religioso, e, nel 1865, fu presente a un discorso sulla parità dei diritti di John Stuart Mill, economista e politico, tra i primi sostenitori del suffragio femminile. Il suo pensiero sulla parità di diritti per le donne fece una grande impressione su di lei, che scelse di essere attivamente coinvolta nella campagna per il voto e, più in generale, per i diritti delle donne, divenendo un’attiva sostenitrice del lavoro di Mill e, in breve malgrado la giovane età, segretaria della Società Londinese per il Suffragio Femminile.

La collaborazione con Mill le fece conoscere molti altri attivisti, tra questi Henry Fawcett, parlamentare liberale e docente di economia politica a Cambridge, che sposò nel 1867. Tra i due si stabilì un’intensa collaborazione che vide lui contribuire all’impegno della moglie, e lei aiutarlo a causa della sua cecità dovuta a un incidente di caccia occorsogli anni prima. La loro unica figlia, Philippa, nacque nel 1868.

Nel 1869 Millicent intervenne in occasione del primo incontro a favore del suffragio femminile: i suoi discorsi divennero famosi per la grande chiarezza dell’esposizione. L’anno dopo pubblicò la sua prima opera, Economia politica per principianti, un agile testo che ebbe un successo notevole, al punto da essere riproposto in 10 edizioni; nel 1872 col marito diedero alle stampe Saggi e conferenze sul sociale e materie politiche.

Nel 1875 fu tra le fondatrici del Newnham college a Cambridge, un’università dedicata alle sole studentesse, nonché componente del Consiglio direttivo.

La morte del marito, avvenuta nel 1884, la tenne lontana per un breve periodo dalla vita pubblica, che riprese l’anno dopo concentrandosi in particolare sulla politica.

La sua militanza nel movimento per il voto alle donne iniziò, come prima citato, appena ventenne nel Women’s Suffrage Commitee a Londra della quale divenne presidente nel 1890 dopo la morte di Lydia Becker, la prima leader; nel 1897 fu al vertice dell’Unione Nazionale delle Società per il Suffragio Femminile (National Union of Women’s Suffrage Societies, NUWSS), una delle principali organizzazioni suffragiste in Gran Bretagna, nata dall’accorpamento dei comitati cittadini, insieme alla Women’s Social and Political Union (WSPU), nata invece nel 1903, incarico che ricoprì fino al 1918, un anno dopo che alle donne con più di 30 anni venisse concesso il voto. Raggiunto tale risultato abbandonò quasi del tutto la campagna per il suffragio, dedicando molto del suo tempo alla scrittura.

Per il suo impegno, in particolare nell’ambito dell’istruzione, nel 1899 l’università di St. Andrews le attribuì la laurea honoris causa in Legge.

Nel 1901 fu nominata alla testa della commissione incaricata di verificare le difficili condizioni nelle quali vivevano le famiglie dei soldati boeri nei campi di concentramento creati a causa della guerra in Sud Africa. Nel 1925 venne insignita del titolo di Gran Dama della Croce dell’Ordine dell’Impero Britannico, come riconoscimento del suo fondamentale contributo alla causa dei diritti e del suffragio universale.

Col suo atteggiamento serio e moderato, portò avanti numerose altre battaglie civili: frenare gli abusi sui minori; criminalizzare l’incesto e la crudeltà verso i bambini all’interno della famiglia; porre fine alla pratica di escludere le donne dalle aule di un tribunale quando i reati sessuali erano in esame; combattere il fenomeno dei matrimoni precoci. 

Morì il 5 agosto del 1929, e fu l’unica tra le principali protagoniste che vide il suffragio universale femminile, finalmente conquistato nel 1928.

La sua memoria è rimasta viva nel nome della Società Fawcett e nella Millicent Fawcett Hall, costruita nel 1929 a Westminster: un luogo nel quale le donne potevano incontrarsi e dibattere di questioni che le riguardavano. La sala è attualmente di proprietà della Westminster School ed è la sede del suo dipartimento di recitazione.

Nel 2018, per ricordare il centenario del voto femminile, l’amministrazione londinese e il consiglio di Westminster hanno collocato in Parliament Square una statua di Millicent Garrett Fawcett nella quale spicca uno striscione, tenuto dalle sue mani, con la significativa scritta «Coraggio chiama coraggio ovunque».

Il commento

Millicent si è battuta per tutta la vita a favore dei diritti delle persone, in particolare delle donne, che sentiva come la parte più debole del contesto sociale se confrontata con le opportunità fornite ai maschi.

Ha dovuto lottare contro l’opposizione quasi unanime di questi ultimi all’allargamento dei diritti sociali e civili alle donne.

Il suo esempio è un formidabile monito per tutti verso il raggiungimento di una vera uguaglianza di genere.

L’influenza della famiglia

Come accade molto sovente, il clima respirato in famiglia svolge un ruolo fondamentale sulla maturazione della persona: Millicent ebbe la fortuna di crescere in un contesto economicamente favorevole, ma soprattutto i genitori furono aperti, culturalmente avanzati, convinti ad esempio dell’errata ideologia dominante della supremazia maschile, sempre interessati alle questioni politiche. È significativo che, come già ricordato, oltre alla nostra testimone, anche la sorella Elisabeth significativamente fu la prima dottoressa inglese, e un’altra sorella, Agnes, divenne una delle prime designer d’interni in Gran Bretagna e una pionieristica imprenditrice.

Le sue opinioni sul ruolo della donna

Le sue argomentazioni a favore del suffragio femminile erano semplici, pur nella loro innovatività, collegate alla cultura del tempo e nel contempo attuali ancora oggi. Non credeva che uomini e donne fossero uguali, avevano abilità diverse, ma le loro sfere di attività si sovrapponevano e la politica era di comune interesse. Affermò: «non vogliamo che le donne siano cattive imitazioni degli uomini, non neghiamo né minimizziamo le differenze tra uomini e donne. La pretesa delle donne alla rappresentanza dipende in larga misura da queste differenze. Le donne portano al servizio dello Stato qualcosa di diverso da quello che può essere portato dagli uomini». 

Sosteneva che dal momento che le donne possono ricoprire incarichi di responsabilità nella società, come sedersi nei consigli scolastici, dovrebbero anche poter esprimere il voto. Poiché sia ​​le donne sia gli uomini dovevano pagare le tasse, le donne avrebbero dovuto avere voce in capitolo su come andassero spese. Allo stesso modo, dal momento che il parlamento ha emanato leggi a cui tutti devono obbedire, tutti dovrebbero prendere parte alla creazione di tali leggi. In breve, come tante altre suffragette, Fawcett credeva che solo se le donne avessero avuto il voto sarebbero state trattate come cittadini alla pari con gli uomini.

Le sue caratteristiche

Nella campagna britannica per il suffragio femminile, Millicent Garrett Fawcett era nota per il suo approccio “costituzionale” e graduale: una strategia più pacifica e razionale, in contrasto con quella più militante e conflittuale di un’altra leader del movimento, Emmeline Pankhurst. Ad esempio nel 1884 si dichiarò favorevole a un emendamento che avrebbe concesso il voto alle sole donne non sposate: per lei fu preferibile una conquista parziale al totale insuccesso, convinta che una volta aperta una prospettiva si sarebbe potuto procedere oltre, per gradi, come accaduto anche per il suffragio maschile.

Da presidentessa dell’Unione nazionale per il suffragio delle donne si distinse per l’efficienza e una modalità di direzione estremamente democratica: una sua collaboratrice scrisse che «coordinava piuttosto che controllare» il lavoro delle realtà locali.

Non aveva alcun desiderio di attaccare gli uomini, né fisicamente né intellettualmente. La riforma, lo sapeva, era necessaria per il bene di entrambi i sessi.

Il suo ruolo nel movimento per il suffragio femminile fu spesso minimizzato rispetto, ad esempio, a quello della molto più dinamica e combattiva Pankhurst, ma in realtà hanno rappresentato due figure importantissime, pur praticando due modelli differenti di leadership femminile. Come leader amava tenere discorsi e, in generale occuparsi della comunicazione, anche scrivendo.

Fu senza dubbio una donna coraggiosa, a cominciare dal suo impegno iniziato giovanissima ad appena 17 anni, nonché dal suo parlare in pubblico, poiché all’epoca tale fatto era considerato sconveniente se non addirittura immorale.

La sua figura, pur nella lotta per il voto femminile e nell’ampliamento dei diritti delle donne, è figlia del suo tempo, l’epoca vittoriana: tendenzialmente conservatrice, rigida sul piano morale, culturalmente e politicamente ispirata da un liberalismo individualista.

Altri aspetti della personalità di Millicent furono l’enfasi posta sull’importanza del cambiamento politico e giuridico, la moderazione, la mancanza di una radicale critica sociale ed economica. Le sue opinioni sulla questione femminile erano un’estensione delle idee liberali in materia di economia politica, come quelle del marito e di Mill; anche se su alcuni aspetti, quali appunto la concezione della donna, una doppia morale per maschi e femmine, le sue posizioni non potevano essere affini a quelle del liberalismo.

Le fonti

Il movimento femminile per il suffragio delle donne ha ricevuto un contributo importante dalla nostra testimone. L’associazione che presiedette crebbe in maniera notevole negli anni che la videro protagonista: nel 1897 le società facenti parte dell’Unione presenti sul territorio britannico erano sei, nel 1905 se ne contavano addirittura 305 e pochi anni dopo le aderenti avevano superato il numero di 50.000. Tale crescita e il dibattito promosso attirarono l’establishment maschile e molti parlamentari si convinsero della correttezza delle argomentazioni portate dalle suffragette e della necessità del suffragio universale.

Le suffragette

Il movimento per il voto alle donne ebbe inizio con la Rivoluzione francese e una prima richiesta di riconoscimento dei loro diritti contenuto nei Cahier de Doléances des femmes; nel 1791, sempre in Francia, Olympe de Gouges scrisse la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, in cui dichiarava l’uguaglianza politica e sociale tra uomo e donna.

Contemporaneamente anche nel Regno Unito vennero pubblicati libri sull’argomento: nel 1792, ad esempio, Mary Woolstonecraft pubblicò A Vindication of the Right of Women, considerata la prima testimonianza di vita e di pensiero nella lotta per i diritti delle donne. Iniziarono a formarsi i primi circoli femminili, ma si dovette attendere il 1835 perché le donne venisse concesso il diritto di voto, limitato alle elezioni locali e non a quelle politiche nazionali. Pochi anni prima, nel 1832, un componente del parlamento inglese, Henry Hunt, presentò una petizione a nome di Mary Smith nella quale si chiedeva il diritto di voto per le donne.

Nel 1856 Barbara Leigh Smith organizzò un comitato di donne, aristocratiche come lei, per presentare una proposta in parlamento perché mantenessero il controllo del loro patrimonio anche dopo il matrimonio. La proposta venne respinta, ma il gruppo di donne promotrici si organizzò in un circolo che divenne la sede delle campagne femministe dell’epoca e di un giornale: The English Woman’s Jurnal. Il gruppo raccolse nel 1866 le firme per una petizione pubblica, che Mill presentò alla Camera dei Comuni, della quale faceva parte, apripista di tutte le analoghe richieste formali che saranno avanzate dalle organizzazioni suffragiste inglesi. L’anno seguente sempre Mill propose di modificare la legge di riforma del voto sostituendo la parola «uomo» con il termine «persona». L’emendamento fu respinto, ma contrariamente alle attese molti parlamentari, 73, si dichiararono favorevoli, contro 196 contrari: si trattò di un passo in avanti notevole.

Millicent assistette a questo tentativo di riforma, dopo aver ascoltato, come prima ricordato, a un discorso del parlamentare nel 1865, non poté sottoscrivere la petizione per la sua giovane età, ma si impegnò nella raccolta delle firme.

Il movimento delle suffragette si avviò nel 1869, che portò, come ricordato, alla nascita della NUWSS, della quale Millicent fu una delle fondatrici. La rivoluzione industriale, infatti, provocò un crescente benessere sul piano economico e una spinta anche a cambiamenti sociali e culturali che ebbero forti ripercussioni sulla vita delle donne, ponendo in evidenza il tema dei diritti.

Un’ulteriore impulso fu dato dalla fondazione della WSPU fondata da Emmeline Pankhurst, con le azioni dimostrative più eclatanti rispetto a quelle condotte dalla prima associazione. Il movimento ebbe anche le sue vittime, come Emily Davison, morta durante dei disordini a Derby nel 1913, oppure come le molte arrestate nel corso delle manifestazioni.

Lo scopo del movimento non fu solo quello di sollecitare il voto femminile, ma fu più in generale rivolto alla parità sotto il profilo giuridico ed economico, ad esempio poter svolgere lavori che erano appannaggio dei soli uomini. In tal senso la Prima guerra mondiale, con la gran parte dei maschi al fronte, mise in risalto il fatto che le donne potessero occuparsi brillantemente di occupazioni tradizionalmente maschili.

Il movimento si sviluppò in vari paesi, seppure in forme diverse. Il primo stato nel quale venne introdotto il suffragio universale fu la Nuova Zelanda nel 1893, seguito da Finlandia (1906) e Norvegia (1907). In Germania il diritto di voto fu aperto alle donne nel 1919, cui fece seguito tale diritto negli USA. Paradossalmente in Francia arrivò solo nel 1945, mentre in Svizzera il suffragio universale dovette attendere il 1959 solo per alcuni cantoni e addirittura il 1971 per tutto il territorio.

In Italia nel 1919 le donne ottennero l’emancipazione giuridica sulla spinta dei primi nuclei organizzati di donne che si svilupparono nei primi del ‘900. L’avvento del fascismo congelò la situazione che si sbloccò solo nel 1945 con l’approvazione del decreto legge De Gasperi-Togliatti nel quale si prevedeva il diritto di voto a tutti i cittadini con più di 21 anni: per questo le donne votarono la prima volta alle elezioni amministrative della primavera del 1946.

La nostra testimone

Millicent Garrett Fawcett non è molto conosciuta in Italia, per cui la documentazione nella nostra lingua è scarsa, contrariamente a quella in inglese. In ogni caso del materiale è facilmente rintracciabile.

Concludiamo con alcune sue citazioni.

«Il coraggio chiama al coraggio ovunque, e la sua voce non può essere negata».

«Nessuna circostanza impedirebbe la sovrappopolazione in modo così efficace come un innalzamento generale del livello consueto di benessere tra le classi più povere. Se si fossero abituati a uno stile di vita più confortevole, farebbero ogni sforzo per non sprofondare di nuovo al di sotto esso».

«Per quanto gli uomini possano essere benevoli nelle loro intenzioni, non possono sapere cosa vogliono le donne e cosa si adatta alle necessità della vita delle donne, così come le donne sanno queste cose da sole».

«Non riesco mai a pensare che dare fuoco a case, chiese e lettiere e distruggere quadri di valore aiuti davvero a convincere le persone che le donne dovrebbero essere emancipate».

«Ciò che unisce uomini e donne è più forte della brutalità e della tirannia che li separano».

«Non posso dire di essere diventato un suffragista. Lo sono sempre stato, da quando ero abbastanza grande per pensare ai principi del governo rappresentativo».

«Sono un liberale perché il liberalismo sembra significare fiducia nelle persone, fiducia che gestiranno i propri affari molto meglio di quanto questi affari possano essere gestiti da altri».

«Ci sono molte scuse per la persona che ha commesso l’errore di confondere denaro e ricchezza. Come molti altri, presero il segno per la cosa significata».

«Gran parte dell’attuale ansia di migliorare l’istruzione delle ragazze e delle donne è dovuta anche alla convinzione che le disabilità politiche delle donne non verranno mantenute».

«Posso dire onestamente che se mi venisse detto in questo momento che stavo morendo, non il mio primo, non il mio secondo, ma sicuramente il mio terzo pensiero sarebbe che non avrei mai più rivisto l’Italia».