La voce ai giovani

Educare alla politica

L’impegno politico delle giovani generazioni è un tema serio e importante, perché si deve fondare sull’alimentazione di autentici ideali, sulla capacità di esprimersi (dentro un contesto sociale che molto spesso non crea opportunità e occasioni per loro) e sulla consapevolezza della realtà che li circonda. 

Spesso viene evocata, al contrario, l’apatia e l’indifferenza delle giovani generazioni rispetto ai problemi sociali e alla dimensione politica, come se partecipare alla costruzione di una società più giusta fosse un’iniziativa una tantum e non un percorso educativo in cui le persone crescono e si abituano ad imparare la logica del bene comune.

La responsabilità degli adulti è enorme e spesso si rigetta sui giovani, dando loro colpe di un presunto disinteresse e individualismo che probabilmente abita le nostre coscienze. Quali momenti di autentico confronto sappiamo aprire con le giovani generazioni perché si appassionino alla cosa pubblica? Quali occasioni offriamo loro per esprimersi liberamente (magari sbagliando…) al fine di concorre alla costruzione del bene comune? Quali strumenti si mettono a disposizione per leggere la complessa realtà del nostro tempo sociale per aiutarli a comprendere in profondità cosa capita attorno a loro?

La via per restituire la politica alle giovani generazioni non è quella di far finta di dare spazio, ma un vero e proprio patto in cui gli adulti si impegnano nel campo educativo e nella formazione delle coscienze politiche dei giovani stessi. Per avere giovani più impegnati, in modo autentico, libero e consapevole, servono adulti credibili e impegnati nell’arte educativa. 

In queste settimane così complesse, dove la guerra in Ucraina ci sta riportando con la mente a epoche storiche lontane per l’Europa, siamo consapevoli come la lotta per la libertà e la democrazia sia in realtà una conquista quotidiana. Informarsi in un paese libero e potersi esprimere (anche in dissenso con le scelte delle maggioranze politiche) è una prerogativa che a molte sorelle e molti fratelli del nostro pianeta non è concessa. Nelle nostre società i diritti civili e politici invece vanno esercitati nella quotidianità affinché non perdano di senso e di significato. Le proteste dei giovani delle scorse settimane hanno in qualche modo evidenziato la necessità di creare quei luoghi che spesso non siamo in grado di costruire. Le occasioni di confronto, anche aspro, su idee diverse circa indirizzo generale e l’orizzonte della nostra vita sociale sono il sale della democrazia e aiutano a crescere cittadini che sono in grado di poter cooperare con le altre istanze. 

La sfida educativa risiede proprio nella formazione delle coscienze. L’età giovanile è quel tempo più fecondo in cui tutto ciò avviene; se non ci sono mai occasioni per alimentare la propria coscienza politica, difficilmente avverrà in età adulta. Oggi le giovani generazioni dispongono di maggiori strumenti (anche tecnici) per potersi impegnare e partecipare, ma serve che a questa possibilità sia data un’anima, siano fornite ragioni di senso, motivazioni, possibilità di metterle in discussione.  

Nelle modeste occasioni di formazione e confronto che le Piccole Officine Politiche hanno avuto con i giovani (e che sono state citate negli altri articoli) abbiamo sempre potuto osservare due elementi. Il primo. La capacità dei giovani di incuriosirsi dinanzi alle proposte di conoscenza e scambio della realtà sociale e politica, dimostrando che non sono apatici o indifferenti, ma desiderosi di conoscere laddove se ne creano le condizioni.

La seconda osservazione è da complemento alla prima. Se è vero che i giovani, messi nelle condizioni giuste, sono in grado di avvicinarsi all’impegno politico, spesso diventa importante ricostruire degli elementi fondanti perché privi di alcune chiavi di lettura della realtà affinché il loro partecipare sia davvero liberoconsapevolecritico e creativo.

Alessandro Svaluto Ferro

Il MSAC come possibilità di impegno per la vita delle scuole

Anche nella nostra diocesi è attivo il MSAC – Movimento Studenti di Azione Cattolica, un movimento studentesco riconosciuto dal Ministero dell’Istruzione che ha lo scopo di far vivere attivamente ai suoi partecipanti il ruolo di studente e quello di cittadino. Lo stile che contraddistingue il movimento è quello dell'”I CARE” (il motto di don Milani), ovvero del prendersi cura, avere a cuore gli altri, la comunità scolastica e la società, mantenendosi informati sui temi di attualità e partecipando attivamente alla vita della scuola attraverso i ruoli di rappresentanza. Questi ultimi anni complicati a causa della pandemia ci spronano ancora di più a far comunità ed essere protagonisti del cambiamento attraverso un atteggiamento positivo e propositivo.

Proprio per questo dall’1 al 3 aprile a Torino, come in tutta Italia, si sono tenuti i CIPS – Campi Interregionali per Studentiche hanno permesso di avere un confronto diretto con le istituzioni e la politica, avendo la possibilità di essere realmente ascoltati. 

Due interessanti esperienze

Ragionando del rapporto tra i giovani e la politica può essere utile raccontare due iniziative che le Piccole Officine Politiche hanno realizzato in collaborazione con l’Istituto Sociale di Torino e l’oratorio di Grugliasco.

Educazione civica al Sociale

La scuola dei gesuiti per il terzo anno ha chiesto all’Ufficio per la pastorale sociale e del lavoro di organizzare una serie di incontri di sensibilizzazione e formazione alla politica. Nell’attuale anno scolastico e nel precedente l’attività fa parte del monte ore della nuova educazione civica per le classi terze della secondaria superiore, quindi parte integrante dell’offerta formativa scolastica.

Il percorso prevede sette incontri su altrettante tematiche e animati con modalità differenti, allo scopo di coinvolgere il più possibile i giovani. Si inizia con un “gioco” che sollecita l’attenzione a una serie di tematiche, solleticando la curiosità degli studenti e chiedendo loro di rispondere alle domande degli animatori a partire dalla propria esperienza diretta. Si passa a un’attività dedicata all’informazione dei quotidiani, alle indicazioni contenute nel messaggio sociale della Chiesa, al sollecitare una loro riflessione sui valori che possono orientare la vita pubblica, alla simulazione di un consiglio comunale, all’incontro con alcuni “testimoni” di impegno politico. Infine l’ultimo sforzo è l’elaborazione di un “tema” nel quale esprimere alcuni pensieri sull’esperienza fatta.

Finora i giovanissimi coinvolti hanno affrontato il percorso con curiosità, voglia di conoscere una dimensione che per molti è “lontana”, e i risultati emersi sono estremamente positivi.

I giovani per la città

Differente invece la proposta costruita con l’oratorio di Grugliasco, come diversa l’età dei partecipanti, dei quali la maggior parte erano giovani fra i 20 e i 30 anni impegnati nelle attività dell’oratorio stesso, e diverso anche il programma e le modalità di svolgimento degli incontri.

Nei quattro appuntamenti si è parlato del senso della politica, i suoi valori, di come «tutto è connesso», di partecipazione e democrazia. La scansione delle due ore è stata la medesima per tutte le serate: la proposta di una breve testimonianza di una persona che ha presentato la sua esperienza di vita e di impegno e poi una riflessione sull’argomento, che ha visto avvicendarsi Luca Rolandi, Luciano Manicardi, Flavio Luciano e Luca Davico; infine un confronto a gruppi tra i partecipanti seguito da alcune domande poste ai relatori.

Da queste ultime, sempre puntuali, profonde, di grande significato, è emersa, da un lato, la qualità della comprensione dei giovani in merito ai temi trattati, dall’altra il loro coinvolgimento attento nelle questioni inerenti tutti i livelli della vita pubblica. Un dato puramente numerico fornisce un ulteriore elemento di positività del ciclo di incontri: la partecipazione è stata sempre di una sessantina di persone, non certo un fatto scontato.

Entrambe le iniziative hanno dimostrato che i giovani hanno solo bisogno di conoscere, di sentirsi “parte” di qualcosa, di essere protagonisti, anche della politica.

La parola agli studenti: apertura e comunicazione

L’occupazione del liceo classico Gioberti a inizio febbraio ha sancito l’inizio di quello che è stato prontamente definito dai giornalisti come il “febbraio caldo” degli studenti. Il ritorno a questa modalità di protesta, ormai assente su larga scala da 10 anni almeno, era il periodo della contestata riforma Gelmini, ha attirato l’attenzione della politica e della società civile.

All’occupazione del Gioberti sono seguite più di 40 occupazioni di scuole di ogni genere, su tutta la provincia di Torino. Tra queste, una delle prime, il liceo di cui sono rappresentante di istituto, il liceo classico D’Azeglio. Questa ondata di occupazioni si inserisce in un contesto più ampio a livello nazionale, ed è stata condizionata dalla tragica morte di Lorenzo Parelli, nel corso di un’attività di stage in azienda con la scuola, e dagli annunci del ministro Bianchi per quanto riguarda la Maturità 2022.

È necessario tuttavia soffermarsi sulle differenze e le motivazioni delle varie occupazioni, ricordando, e non per screditarle, anzi (!), la cruciale importanza tra queste della natura “sociale” delle occupazioni, nate da motivazioni politiche ma strettamente legate alla volontà degli studenti di riappropriarsi, dopo anni di DAD e di restrizioni, dei propri spazi, della socialità. La nostra al D’Azeglio è stata un’occupazione con l’obiettivo di creare un dialogo finalmente proficuo con le istituzioni, soprattutto con la dirigenza, dialogo che ora sta finalmente mostrando i suoi frutti.

Abbiamo occupato contro la scuola del “Sì, ma”, contro una scuola “chiusa”, stanca e incapace di rinnovarsi davvero, per una scuola partecipata e partecipativa non solo a parole.

La mancanza di comunicazione su più livelli è stata la rivendicazione maggiormente sentita e presente nei diversi manifesti che tutte le scuole occupate hanno redatto e se è vero che ci sono giunte molte testimonianze di istituti in cui grazie alla tenacia dei rappresentanti la situazione è in netto miglioramento, ancora non vi è stata una risposta da parte del Ministero dell’Istruzione.

Dopo aver lanciato un segnale netto, noi studenti lavoriamo fiduciosi, rimboccandoci le maniche, per cercare ora di concretizzare le nostre richieste, attraverso il dialogo, il confronto e l’ascolto, con la speranza di sentirci finalmente dire “sì”, senza nessun ma.

Giulio Carignano, Rappresentante d’istituto del D’Azeglio

Grammatica della politica: ascolto

Dalle parole che gli studenti hanno utilizzato in questo periodo emerge chiaro un concetto e uno stimolo alla politica: ascoltare. In particolare i giovani rimproverano il governo di una scarsa attenzione al confronto, al prestare attenzione alle loro opinioni in merito alla gestione della scuola.

Scegliere è uno dei compiti fondamentali della politica, ma per farlo è necessario conoscere, informarsi, essere disponibili ad accogliere le opinioni di altri: degli esperti, ma anche di coloro che sono i destinatari delle scelte.

Oggi si parla tanto di comunicazione: quella autentica è bidirezionale, si tratta di parlare e ascoltare. Uno degli aspetti fondanti la democrazia è il dialogo, la discussione seria e costruttiva.

Tutto ciò si costruisce con il desiderio di comprendere gli altri, prima che di farsi comprendere; con il piacere di incontrare, di mettersi nei panni dell’interlocutore, di fare un po’ di silenzio dentro di sé per lasciare spazio alla voce degli altri.

Nel rapporto tra cittadini e istituzioni è un elemento che andrebbe riscoperto e valorizzato; senza confronto, senza capacità di ascoltare si crea risentimento, si scavano fossati, si chiudono le orecchie e i cuori.

La comunicazione, invece, abbatte i muri, crea legami e fa sentire parte di una comunità.

Nicola Bizzarro

La parola agli studenti: dialogo e crescita

Gennaio e febbraio sono stati due mesi “caldi” per gli istituti superiori di Torino e provincia. Gli studenti sono scesi in piazza, hanno avanzato delle richieste, hanno lanciato dei messaggi.

Si è tornato a parlare dopo tanto tempo di occupazioni. In breve, un istituto dopo l’altro è stato occupato, e questo stato di agitazione generale ha colpito, seppur con effetti minori, anche la provincia, che spesso rimane distante dai grandi stimoli e dalle opportunità di dialogo della metropoli.

Porto la testimonianza dell’Istituto Amaldi-Sraffa di Orbassano. Qui un’occupazione non si vedeva da circa vent’anni, o forse non era mai successa. Con le occupazioni, sono arrivati molti manifesti, che esponevano le motivazioni delle azioni in ogni singolo istituto: questo ha colpito, evidentemente non era cosa solita, ma ci è sembrata una modalità per non sfociare nello scontato commento del «lo fanno solo per saltare le lezioni, si prendono una settimana di vacanza». Vi consiglio di cercarne alcuni e leggerli.

A Orbassano gli studenti hanno chiesto maggiori opportunità di dialogo e una normativa Covid meno stringente, che torni a facilitare la vita tanto degli studenti quanto dei professori. La permanenza della distanza fisica dopo due anni continua a isolarci, l’assenza di uscite didattiche ci sottrae importanti occasioni di formazione alternativa. Io quest’anno sono in quinta liceo, non avrò mai più possibilità di rivivere queste esperienze, provo quasi invidia per mia sorella, che è in terza e spero ritornerà all’anno scolastico “normale”, di quelli che non si vedono da due anni.

Abbiamo chiesto un’alternanza scuola-lavoro che sia veramente uno strumento di crescita personale, non solo un requisito per l’esame. Questo sia per gli studenti e le studentesse degli istituti tecnici, che utilizzano questo strumento per avvicinarsi al mondo del lavoro, sia per tutti coloro che sono interessati all’orientamento universitario per continuare gli studi.

La nostra occupazione è durata una settimana, stiamo già vedendo alcuni cambiamenti, seppur piccoli.

Una cosa è certa: la scuola è socialità, è confronto, è dialogo, e io in quella settimana di occupazione ne ho visto molto.

Davide Vecchi, rappresentante degli studenti dell’Amaldi-Sraffa per la Consulta Provinciale degli Studenti di Torino.