L’Istituto Nazionale di Statistica ha diffuso la nona edizione del rapporto sul benessere equo e sostenibile in Italia.
Il lavoro offre un quadro dei principali fenomeni economici, sociali e ambientali che caratterizzano il nostro Paese, mediante l’analisi di un’ampia gamma di 153 indicatori suddivisi in 12 domini (salute, istruzione, lavoro, benessere economico, relazioni sociali, politica e istituzioni, sicurezza, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ambiente, innovazione ricerca e creatività e qualità dei servizi); ne emerge un ritratto dello stato dell’Italia attraverso la prospettiva del benessere di noi cittadini, che deve rappresentare l’obiettivo finale delle azioni politiche e amministrative.
Il rapporto presenta una lettura dei cambiamenti intervenuti nel corso della pandemia, anche attraverso raffronti con le condizioni preesistenti, in particolare il 2019, valutate per fasce d’età, genere, titolo di studio e collocazione territoriale.
Nell’insieme la situazione che emerge presenta luci e ombre, con un miglioramento di alcuni aspetti dopo l’emergenza sanitaria del 2020, ma con elementi problematici per molti settori della popolazione, in particolare per quanto concerne le disuguaglianze.
Salute
Nel 2021 i decessi ritenuti correlati al COVID-19 sono stati 59.000 e rappresentano l’8,3% del totale, in calo rispetto all’anno precedente quando se ne contarono oltre 77.000, il 10,3%. Nel 2020, primo anno di pandemia, la mortalità è stata particolarmente elevata tra la popolazione di 80 anni e più, spesso in condizione di fragilità; nel 2021 sì è ridotta tra gli anziani, è risultata, invece, in leggero aumento tra gli uomini da 0 a 49 anni e tra le donne di 50-64 anni. Nel 2020 l’eccesso di mortalità ha caratterizzato soprattutto le regioni del Nord, mentre nel 2021 cambia la mappa del contagio, con un impatto che interessa tutto il territorio nazionale, ma che cresce nel Mezzogiorno.
L’eccesso di mortalità ha comportato nel 2020 una riduzione della speranza di vita alla nascita di oltre un anno a livello nazionale (da 83,2 nel 2019 a 82,1 anni nel 2020), ma i dati stimati evidenziano un accenno di ripresa per il 2021 con un valore pari a 82,4 anni. Nonostante la flessione l’indicatore della speranza di vita in buona salute alla nascita ha subito un inaspettato miglioramento e si è attestato a 61 anni, con un guadagno di 2,4 anni rispetto al 2019.
Si osserva un peggioramento nelle condizioni di benessere mentale tra i ragazzi di 14-19 anni. In questa fascia d’età il punteggio è sceso a 66,6 per le ragazze (- 4,6 punti rispetto al 2020) e a 74,1 per i ragazzi (-2,4 punti rispetto al 2020). Aumenta, infatti, la percentuale di adolescenti in cattive condizioni di salute mentale, che passa dal 13,8% nel 2019 al 20,9% nel 2021.
Istruzione
La partecipazione alla formazione nella primissima infanzia ha subito una battuta d’arresto nonostante il lieve aumento nella disponibilità di strutture e posti; rimane stabile al 28% la percentuale di bambini di 0-2 anni che frequentano l’asilo nido.
Nel 2021 il 62,7% delle persone di 25-64 anni ha almeno il diploma superiore, oltre 16 punti in meno rispetto alla media europea. I giovani di 30-34 anni che sono in possesso di un titolo di studio terziario sono il 26,8% contro più del 41% tra i coetanei dei paesi dell’Unione europea. Nel 2019, 2020 e nel 2021, in Italia si è interrotto il costante, seppur lento, aumento della quota di laureati.
Nell’anno scolastico 2020/21 i ragazzi e le ragazze della classe terza della scuola secondaria di primo grado che non hanno raggiunto un livello di competenza almeno sufficiente sono il 39,2% per le competenze alfabetiche (+4,8 punti rispetto al 2019) e il 45,2% per quelle numeriche (+5,1 punti rispetto all’anno scolastico 2018/19). Nel periodo tra marzo e giugno 2020, il 91,4% degli scolari e studenti tra 6 e 19 anni dichiara di aver svolto lezioni online, con quota non irrilevante di ragazzi che ne sono rimasti fuori (8,6%). Appare particolarmente critica la situazione per i bambini della scuola primaria, il 17,1% dei quali non ha mai fatto lezioni online con gli insegnanti nel periodo indicato. Il 65,8% degli studenti che hanno seguito le lezioni online riferisce di aver avuto difficoltà: il 75% dei ragazzi che hanno seguito online hanno avuto problemi legati alla qualità della connessione e il 45,8% ha avuto problemi di concentrazione e motivazione.
Ancora alta, sebbene in calo, la quota di giovani tra 18 e 24 anni che sono usciti prematuramente dal sistema di istruzione e formazione dopo aver conseguito soltanto il titolo di scuola secondaria di primo grado. Nel 2021 sono il 12,7% (erano il 14,2% nel 2020). La quota di giovani di 15-29 anni che non studia né lavora (NEET) cala leggermente nel 2021 (23,1%), ma non torna al livello precedente alla pandemia (22,1% nel 2019).
La lettura di almeno quattro libri l’anno è rimasta stabile rispetto al 2020 (22,9%), mentre la lettura di quotidiani tre o più volte a settimana è diminuita (dal 24,8% al 23,2%), portando l’indicatore complessivo a una riduzione (36,6%, era 38,2% nel 2020).
Il 7,4% delle persone si sono recate in biblioteca almeno una volta nei 12 mesi precedenti l’intervista, confermando il calo iniziato nel 2020 a seguito delle limitazioni determinate dalla pandemia (passando dal 15,3% del 2019 al 12,2% del 2020).
Lavoro
Nel 2021 l’occupazione torna a crescere, recuperando però solo parzialmente le ingenti perdite subite a causa dell’emergenza sanitaria. Il tasso di occupazione tra i 20 e i 64 anni sale al 62,7% (+0,8), ma resta ancora al di sotto del livello prima della pandemia. La dinamica mostra tuttavia un progressivo miglioramento nel corso dell’anno e nel quarto trimestre 2021 il tasso di occupazione torna superiore a quello del 2019 (+0,4).
Il tasso di mancata partecipazione al lavoro si attesta al 19,4%, in calo (-0,3) dopo il forte aumento registrato nel 2020 che aveva interrotto il trend decrescente. L’indicatore diminuisce soprattutto per i giovani fino a 34 anni (-1,7), i laureati (-1,1), i residenti nel Mezzogiorno (-0,7) e le donne (-0,6).
Nel 2021, l’11,3% degli occupati ha un part-time involontario, quota che arriva al 17,9% tra le donne (rispetto al 6,5% tra gli uomini). Si registra un lieve calo rispetto al 2020 (-0,5) dovuto alla componente femminile (-1,6), che vede aumentare la quota delle lavoratrici part time per scelta e, in misura molto minore, quella delle lavoratrici a tempo pieno.
Nel 2021 prosegue il ricorso al lavoro da casa e la quota di occupati con tale modalità almeno un giorno a settimana, che era pari al 4,8% nel 2019, passa dal 13,8% nel 2020 al 14,8%. Questa modalità di lavoro coinvolge soprattutto le donne (17,3% rispetto al 13% degli uomini), gli occupati del Centro e del Nord (rispettivamente 17,7% e 15,9% in confronto al 10,5% nel Mezzogiorno) e quelli con un titolo di studio elevato che sperimentano il lavoro da casa in più di un caso su tre.
Circa la metà degli occupati risulta molto soddisfatto del proprio lavoro, in aumento di un punto rispetto al 2020; la quota di molto soddisfatti è più contenuta per le opportunità di carriera e il guadagno, e più alta rispetto all’interesse per il lavoro svolto. Dopo il peggioramento del 2020, migliora la percezione di insicurezza legata al proprio lavoro: la quota di occupati che ritengono probabile perdere l’occupazione e difficile trovarne un’altra simile scende dal 6,4% al 5,7%.
Benessere economico
Nel 2021, il reddito disponibile delle famiglie e il potere d’acquisto hanno segnato una ripresa, pur restando al di sotto dei livelli precedenti la crisi. La crescita sostenuta dei consumi finali ha generato una flessione della propensione al risparmio.
Pur in uno scenario economico mutato, la povertà assoluta si mantiene stabile, riguardando più di 5 milioni 500.000 individui (9,4%). Il Nord recupera parzialmente il forte incremento nella povertà assoluta osservato nel primo anno di pandemia, anche se non torna ai livelli osservati nel 2019 (6,8%, 9,3% e 8,2% rispettivamente nel 2019, 2020 e 2021). Nel Mezzogiorno, invece, le persone povere sono in crescita di quasi 196.000 unità e si confermano incidenze di povertà più elevate e in aumento, arrivando al 12,1% per gli individui (era l’11,1% nel 2020). Il Centro presenta il valore più basso, sebbene anche in quest’area del Paese l’incidenza aumenti tra gli individui passando da 6,6% nel 2020 a 7,3% nel 2021. Il totale dei minori in povertà assoluta nel 2021 è pari a 1 milione e 384.000: l’incidenza si conferma elevata, al 14,2%, stabile rispetto al 2020, ma maggiore di quasi tre punti percentuali rispetto al 2019, quando era pari all’11,4%.
Nonostante il quadro in ripresa, il perdurare dell’emergenza sanitaria ha determinato nel 2021 un ulteriore incremento della quota di famiglie che dichiarano di aver visto peggiorare la propria situazione economica rispetto all’anno precedente: dal 29,0% del 2020 si arriva al 30,6% nel 2021, quasi cinque punti percentuali in più rispetto al 2019 (25,8%). L’aumento si riscontra in tutte e tre le ripartizioni geografiche, tuttavia nel Centro e, soprattutto, nel Nord l’incremento più elevato si attesta nel primo anno di pandemia, mentre nel Mezzogiorno soprattutto nel secondo anno.
Relazioni sociali
Tra il 2019 e il 2021 diminuisce di 10,2 punti percentuali la quota di popolazione che si dichiara molto o abbastanza soddisfatta delle relazioni amicali (dall’82,3% al 72,1%), toccando il valore più basso registrato dal 1993. In particolare, la quota di persone molto soddisfatte diminuisce di 4,3 punti e quella di coloro che si dichiarano abbastanza soddisfatti diminuisce di 5,9 punti. Il calo di coloro che si dichiarano molto soddisfatti si concentra in particolare nelle fasce di età giovanili (-6,5 punti tra i ragazzi di 14-19 anni, dal 41,0% al 34,5%).
Si riduce anche la percentuale di chi si dichiara molto o abbastanza soddisfatto delle relazioni familiari, che passa dall’89,7% all’87,1% (-2,6 punti rispetto al 2019). La quota di coloro che si dichiarano molto soddisfatti passa dal 33,4% del 2019 al 31,6% del 2021; anche in questo caso il calo è più accentuato tra i giovani (-3,9 punti, dal 41,8% al 37,9% nella fascia di età tra i 14-19 anni e dal 37,3% al 33,3% in quella tra i 20-24 anni).
L’attività di volontariato che era rimasta stabile nel primo anno di pandemia, nel 2021 registra una contrazione di 2,5 punti (dal 9,8% del 2019 al 7,3% del 2021).
Il 14,6% della popolazione di 14 anni e più dichiara di aver svolto attività di partecipazione sociale, in attività associative di tipo ricreativo, culturale, civico e sportivo. Già nel 2020 la partecipazione sociale aveva registrato una lieve diminuzione che si è accentuata nel secondo anno di pandemia (era il 22,7% nel 2019), toccando il valore più basso dal 1998. Si confermano le differenze territoriali con circa il 16% della popolazione di 14 anni e più che ha svolto tali attività nel Centro-nord, quota che scende al 10,7% nel Mezzogiorno.
La particolare situazione venutasi a creare con la pandemia ha invece favorito la crescita della partecipazione civica e politica. Il 64,9% della popolazione di 14 anni e più dichiara di aver svolto attività indirette di partecipazione civica e politica (“parlare di politica”, “informarsi”, “partecipare on line”). Il dato è in aumento rispetto al 2020 quando si attestava al 61,7% e conferma il trend crescente iniziato nel 2020 quando la necessità di seguire l’evolvere delle disposizioni messe in atto per contrastare la diffusione del COVID-19 a livello nazionale e locale aveva favorito la partecipazione civica e politica della popolazione. Il divario territoriale è ampio e sfiora i 14 punti percentuali: circa il 70% nel Centro- Nord rispetto al 55,6% del Mezzogiorno.
La fiducia verso gli altri è tornata a crescere. La quota di persone di 14 anni e più che ritiene che gran parte della gente sia degna di fiducia, infatti, raggiunge il 25,5% (+2,3 punti rispetto al 2020). Si tratta del valore più alto dell’ultimo decennio che conferma il trend crescente iniziato nel 2018.
Politica e istituzioni
Nonostante i leggeri progressi osservati prima della pandemia, e proseguiti nei due anni dell’emergenza, nel 2021 la fiducia nella politica e nelle istituzioni democratiche continua a essere bassa. Il voto medio è insufficiente per i partiti (3,3 su una scala da 0 a 10), per il Parlamento (4,6) e per il sistema giudiziario (4,8), mentre Forze dell’ordine e Vigili del fuoco si confermano su un livello tradizionalmente più elevato (7,5).
Negli ultimi due anni si è arrestato il trend verso un maggiore equilibrio di genere nella politica e nelle istituzioni del nostro Paese. È soprattutto nella politica locale e nelle posizioni istituzionali di vertice che la presenza femminile fatica ancora ad affermarsi: con il 22,3% di donne elette nei Consigli regionali, l’Italia nel 2021 si colloca oltre 12 punti al di sotto della media europea (34,6%); considerando il complesso delle posizioni apicali presso la Corte costituzionale, il Consiglio superiore della magistratura, le diverse Authority (Privacy, Comunicazioni, Concorrenza e mercato), il corpo diplomatico, le donne non raggiungono il 20% neanche nel 2022.
Invece, la presenza femminile nei consigli di amministrazione delle grandi società quotate in Borsa continua a crescere e nel 2021 si attesta al 41,2%, con uno stacco di quasi 10 punti percentuali in più della media dei 27 Paesi dell’Unione (30,6%). È il risultato delle ulteriori misure introdotte dalla legge di bilancio 2020 che ha innalzato al 40% la quota femminile in questi organi e aumentato da tre a sei il limite massimo di mandati consecutivi.
Riguardo all’amministrazione della giustizia civile, la crisi pandemica è intervenuta in un contesto già caratterizzato da una eccessiva lunghezza dei processi. Nel 2021, dopo sei anni di lieve ma costante riduzione, la durata media effettiva dei procedimenti civili si attesta a 426 giorni contro i 421 del 2019. Nei due anni dell’emergenza sanitaria è proseguito il trend di diminuzione del numero complessivo dei procedimenti pendenti, ma sono aumentati quelli di durata ultra-triennale, che costituiscono il cosiddetto “arretrato civile patologico”.
Il calo dei reati e degli arresti durante il lockdown e i provvedimenti adottati nella prima fase dell’emergenza per mitigare la pressione sul sistema carcerario si traducono in un consistente calo dell’affollamento carcerario, che nel 2021 si attesta a 106,5 detenuti per 100 posti, un punto percentuale in più rispetto al 2020. Tra il 2019 e il 2020 la popolazione carceraria si è ridotta del 12% e l’indice di affollamento carcerario di -14,4 punti (era 119,9 % nel 2019).
Sicurezza
Nel 2021, la quota di persone che si dichiarano molto o abbastanza sicure quando camminano al buio da sole nella zona in cui vivono si attesta al 62,2% (era il 57,7% nel 2019). Si tratta del valore più alto registrato dal 2010. Scende al 6,3%, livello minimo dal 2009, la quota di popolazione che dichiara di aver visto nella zona in cui abita persone che si drogano o spacciano droga, prostitute in cerca di clienti o atti di vandalismo contro il bene pubblico (8,3% nel 2019). Continua a diminuire la quota di famiglie che affermano che la zona in cui vivono è molto o abbastanza a rischio di criminalità, attestandosi al 20,6% (era il 25,6% nel 2019), si tratta del valore più basso dal 1993.
Nel primo anno della pandemia, le misure restrittive imposte dall’emergenza sanitaria hanno portato a una forte riduzione dei reati predatori (furti in abitazione, borseggi e rapine); nel 2021 con l’allentamento delle misure restrittive alla mobilità e ai contatti sociali questi reati sono tornati a registrare una lieve crescita, rimanendo però molto al di sotto dei valori registrati nel periodo pre-pandemia.
Nel 2020, in Italia sono stati commessi 289 omicidi, pari a 0,49 per 100.000 abitanti. Il tasso di omicidi ha registrato un’ulteriore diminuzione rispetto al 2019 quando si attestava a 0,53 (per un totale di 318 omicidi), confermando il trend decrescente di lungo periodo. I dati provvisori relativi al 2021 evidenziano una lieve ripresa del tasso di omicidi (0,51).
Tra il 2019 e il 2020 si conferma la tendenza alla diminuzione del tasso di omicidi degli uomini (era 0,72 nel 2019); i dati provvisori del 2021 mostrano invece una lieve crescita (0,63) anche se si mantengono al di sotto del valore del 2019. Al contrario, il tasso di omicidi delle donne mostra una complessiva stabilità nei tre anni (0,39 nel 2021). Nel 2020, il 92,2% degli omicidi femminili risulta compiuto da una persona conosciuta. Il dato è in aumento rispetto al 2018 quando si attestava all’81,2%. In particolare, circa 6 donne su 10 sono state uccise dal partner attuale o dal precedente, il 25,9% da un familiare (inclusi i figli e i genitori) e l’8,6% da un’altra persona che la donna conosceva (amici, colleghi, ecc.). La situazione è molto diversa per gli uomini: nel 2020 solo il 39,4% è stato ucciso da una persona conosciuta e solo il 2,9% da un partner o ex partner, mentre il 60,7% risulta ucciso da uno sconosciuto o autore non identificato dalle Forze dell’ordine.
Benessere soggettivo
Nel 2021 con il 46% di molto soddisfatti della propria vita si recuperano i livelli di benessere registrati prima del crollo avvenuto nel 2012. La percentuale di persone che riferiscono di essere molto soddisfatte per la propria vita (punteggio tra 8 e 10) è cresciuta nei due anni di pandemia, si attestava al 43,2% nel 2019 e al 44,3% nel 2020. L’incremento dei soddisfatti registrato proprio negli anni di pandemia è coerente con quanto riscontrato anche in altri Paesi.
I più giovani (14-19 anni) conoscono invece negli ultimi due anni un deterioramento significativo della soddisfazione per la vita, con la percentuale dei molto soddisfatti che passa dal 56,9% del 2019 al 52,3% del 2021; inoltre, quasi 220.000 ragazzi tra i 14 e i 19 anni si dichiarano insoddisfatti della propria vita (punteggio tra 0 e 5) e hanno una condizione di scarso benessere psicologico.
La crescita del benessere soggettivo avviene nonostante la diminuzione forte, mai conosciuta dall’inizio della serie storica (1993), della soddisfazione per il tempo libero. Nel 2021 si rileva una perdita di soddisfatti per il tempo libero pari a 12,6 punti percentuali, dopo un aumento di 1,2 punti nel 2020, per attestarsi sul valore minimo (56,6%) mai registrato. Il calo è più accentuato tra le donne (-13,2%), inoltre la situazione appare particolarmente critica per i giovanissimi: scende infatti di oltre 20 punti percentuali rispetto al 2020, con un accento particolare tra le ragazze per le quali diminuisce di 26,1 punti.
La percentuale di persone che ritengono che la loro situazione personale migliorerà nei prossimi cinque anni sale al 31,9% nel 2021, raggiungendo il valore massimo finora osservato, ad indicare un sentimento di ottimismo verso il futuro.
Paesaggio e patrimonio culturale
Nel 2019, la spesa pubblica per cultura e paesaggio resta tra le più basse d’Europa in rapporto al Pil (0,4% contro una media Ue27 dello 0,6%). Stabile la spesa dei Comuni per la cultura (19,9 euro pro capite), con divario molto ampio fra Nord e Mezzogiorno (rispettivamente 25,8 euro pro capite contro 9,3).
Nel 2020 sono rimaste aperte al pubblico, almeno per parte dell’anno, quasi 4.000 strutture museali (1,3 ogni 100 chilometri quadrati, -19,6% sull’anno precedente), con una forte riduzione dei visitatori (-72,3%).
Nel 2021 continua a diminuire l’indice di abusivismo edilizio (15,1 costruzioni abusive ogni 100 autorizzate, contro le 17,9 del 2019 e le 19,9 del 2017). La situazione migliora anche nel Mezzogiorno, dove però il valore resta molto elevato (38,4 ogni 100).
Contenuto ma in aumento anche l’impatto degli incendi boschivi, che nel 2020 hanno investito circa 56.000 ettari di terreno, pari allo 0,18% del territorio nazionale (0,39% nel Mezzogiorno).
Continua a diminuire la percentuale delle persone che si dichiarano insoddisfatte del paesaggio del luogo di vita (18,7%, quasi 3 punti in meno rispetto al 2019).
Ambiente
Per la qualità dell’aria nel 2020, si rileva una diminuzione della percentuale dei superamenti di PM2,5 che si attestano al 77,4%, valore più basso dell’indicatore dal 2010, mentre nel 2019 risultavano l’81,9%. Questo andamento di attenuazione del fenomeno dell’inquinamento da PM2,5 non si riscontra nelle ripartizioni nord occidentale e orientale dove storicamente si osservano i valori più elevati dell’indicatore, che nel 2020 sono stabili rispetto all’anno precedente.
Diminuiscono nettamente nel 2020 le emissioni di CO2 e di altri gas climalteranti (o gas effetto serra) generate dalle attività economiche e dalle famiglie, raggiungendo il valore di 6,6 tonnellate di CO2 equivalente per abitante, per effetto delle restrizioni imposte nel periodo del lockdown. Si conferma la flessione iniziata nel 2008, anno in cui le tonnellate pro capite emesse erano 9,8.
Sono sempre più evidenti gli effetti dei cambiamenti climatici in termini di temperature e precipitazioni: nel 2021 le temperature minime e massime risultano maggiori rispetto alla media climatica (periodo di riferimento 1981-2010).
Nel 2020 la produzione di rifiuti urbani in Italia è scesa a 28,9 milioni di tonnellate (-3,6% dell’ammontare complessivo rispetto al 2019), pari a 487 chilogrammi per abitante (-16 chilogrammi pro capite) tornando quasi al valore pro capite più basso dal 2010, registrato nel 2015 (486,2).
Innovazione e ricerca
Nel 2020 resta ampia e inalterata la distanza tra il nostro Paese e la media europea, sia in termini di incidenza degli investimenti (pari rispettivamente al 3,2% in Italia e al 5,0% in media Ue 27) sia in termini di incidenza della spesa per ricerca e sviluppo delle imprese sul Pil (0,94% in Italia; 1,53% in media per i 27 Paesi Ue).
Le migrazioni di giovani laureati italiani sono proseguite anche nel 2020, nonostante l’incertezza e le limitazioni agli spostamenti. Il saldo con l’estero è di -0,54%, più elevato che nel 2019 (-0,49%). Le migrazioni interne continuano ad accentuare la penalizzazione del Mezzogiorno, che, soltanto nel corso del 2020, ha perso 21.782 giovani laureati italiani (al netto dei rientri). Di questi, oltre tre su quattro hanno trasferito la propria residenza nel Centro-nord (16.882; 77,5%).
Nel 2020 l’effetto protettivo dell’occupazione più qualificata si riflette nella lieve crescita del peso dei lavoratori della conoscenza sull’occupazione totale: l’indicatore raggiunge il 18,2% (+0,5 punti rispetto al 2019), livello sostanzialmente confermato nel 2021.
L’occupazione culturale e creativa è stata colpita dalla crisi da COVID-19 già nel 2020, e non mostra segni di ripresa nel 2021.
Cresce ulteriormente il numero di imprese che, nel corso dell’anno precedente hanno realizzato vendite ai clienti finali tramite propri canali web, piattaforme digitali o intermediari di e-commerce: sono il 14% delle imprese con 10 addetti e più. L’Italia ha quasi azzerato la sua distanza dalla media dei 27 Paesi Ue (15% nello stesso anno).
Tra il 2017 e il 2020 è notevolmente aumentata la disponibilità per i Comuni di tecnologie ICT, e in particolare l’offerta di servizi on line: nel 2020 il 99,8% dei Comuni dispone di tecnologia web (+12,4 punti rispetto al 2017), i servizi di cloud computing sono in uso nel 42,9% dei Comuni (+14,4), le applicazioni mobile sono disponibili per il 31,0% delle Amministrazioni comunali (+12).
Nel 2021 la quota di persone di 11 anni e più che hanno utilizzato internet almeno una volta a settimana nei tre mesi precedenti l’intervista sale al 72,9%, con una crescita di oltre sei punti rispetto al 2019. L’indicatore raggiunge livelli elevatissimi tra i ragazzi in età scolare: il 94,0% nella classe di età 11-14 anni, il 97,0% in quella 15-19 anni; nel 2019 era pari rispettivamente all’85,8% e al 90,5%. Tra le persone di 55-59 anni gli internauti sono l’80,0%; scendono a poco meno del 50% tra quelle di 65-74 anni. È proprio in queste classi di età che l’uso regolare di internet è cresciuto di più, intorno ai 10 punti percentuali nei due ultimi anni. Le persone di 75 anni e più restano ancora sostanzialmente escluse dall’uso regolare di internet (14,7% nel 2021).
Nonostante l’accelerazione nell’uso regolare di internet, nel 2021 tre famiglie italiane su dieci non hanno ancora la disponibilità di un pc e di una connessione da casa. Circa l’8% delle famiglie dove è presente almeno un minore non ha disponibilità di pc e connessione da casa.
Qualità dei servizi
Continua a crescere la percentuale di persone che ha dovuto rinunciare a visite specialistiche o esami diagnostici di cui avevano bisogno per problemi economici o legati alle difficoltà di accesso al servizio, passando dal 6,3% del 2019 al 9,6% nel 2020 e all’11% nel 2021. Il 53,3% di chi rinuncia riferisce motivazioni legate alla pandemia da COVID-19.
Nel 2021 il 9,4% delle persone di 14 anni e più ha utilizzato assiduamente i mezzi pubblici. Il ricorso ai servizi di mobilità ha subito un forte calo, per effetto del quale gli utenti assidui sono diminuiti di ben sei punti percentuali rispetto agli anni pre-Covid. Nonostante il ridimensionamento nell’utilizzo dei servizi di mobilità, rimane stabile la quota di quanti si dichiarano soddisfatti del servizio (20,5% nel 2021).
Nel 2020 cresce la raccolta differenziata dei rifiuti: il 56,7% delle persone vive in un comune che ha raggiunto l’obiettivo del 65% di raccolta differenziata. Sono 10 le regioni che hanno superato l’obiettivo: la Sardegna, le province autonome di Bolzano e Trento, il Veneto, le Marche, la Valle d’Aosta, la Lombardia, l’Umbria, l’Abruzzo, il Friuli-Venezia Giulia e l’Emilia-Romagna.
Permangono differenze territoriali nell’erogazione di acqua ed energia elettrica. La quota di famiglie che dichiara irregolarità del servizio idrico è pari al 9,4%, ma la situazione è molto diversificata: le famiglie che lamentano tale disservizio al Nord sono il 3,3%, mentre nel Mezzogiorno sono il 18,7%. Per l’erogazione di energia elettrica si sono registrate, in media, 2,1 interruzioni senza preavviso superiori ai tre minuti per cittadino. Anche in questo caso le differenze territoriali sono notevoli: si passa da 1,4 interruzioni nel Nord a 2 nel Centro a 3,1 nel Mezzogiorno.