Si è appena concluso il “Festival dell’accoglienza”, organizzato dall’Ufficio per la Pastorale dei Migranti dell’Arcidiocesi di Torino, che ha realizzato un fitto programma di iniziative dal 9 settembre al 27 ottobre.
L’appuntamento annuale collega e valorizza la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, del 25 settembre, la Giornata della Memoria e dell’Accoglienza, del 3 ottobre, la Giornata Europea contro la Tratta di Esseri Umani, del 18 ottobre e la Giornata Missionaria Mondiale del 23 ottobre.
L’iniziativa è un’occasione per fermarsi a riflettere sui significati profondi del verbo “accogliere”, sulle pratiche formali e informali dell’accoglienza, sugli ostacoli e sulle sfide per costruire territori inclusivi e coesi, nonché per sensibilizzare alle complesse problematiche connesse e alla concretezza dell’affrontare le situazioni di chi fugge dalla propria terra.
Il tema che ha caratterizzato questa edizione del Festival è il cammino: accogliere, quindi, è anche camminare insieme, camminare “con”, come Papa Francesco ha sottolineato nel suo messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2022.
Un problema complesso
Da sempre l’umanità si muove, anzi, ci siamo diffusi in tutto il mondo proprio per questa nostra caratteristica e siamo ciò che siamo anche per gli “incontri” avvenuti nella lunga storia del mondo: ad esempio in ciascuno di noi sono rimaste “tracce” dei Neanderthal, anche se la loro estinzione risale a circa 40.000 anni fa.
Da sempre l’umanità si muove, sostanzialmente per due motivi: spinta e attrazione. I fattori di spinta sono le cause che costringono per varie ragioni le persone a lasciare il luogo in cui vivono. I fattori di attrazione sono invece gli stimoli per cui le persone si spostano verso un determinato paese. Ci sono quattro principali fattori di spinta e di attrazione: socio-politici, demografici, economici e ambientali.
Tra i motivi socio-politici vi sono le persecuzioni etniche, religiose, razziali, politiche e culturali; anche la guerra o la minaccia di un conflitto e l’oppressione da parte dello stato sono elementi determinanti. I cambiamenti demografici sono un’ulteriore ragione, l’invecchiamento o la crescita della popolazione possono influire sulle opportunità lavorative nei paesi d’origine e sulle politiche d’immigrazione nei paesi di destinazione. Gli spostamenti sono legati poi alle condizioni di lavoro, alla disoccupazione e alla situazione economica di un paese, mentre tra i fattori di attrazione ci sono salari più alti, maggiori possibilità di impiego, superiore qualità della vita e opportunità di studio, per cui le persone tenderanno a spostarsi verso luoghi con prospettive migliori. Infine, l’ambiente è da sempre una delle cause della migrazione poiché le persone fuggono da disastri naturali come inondazioni, uragani, terremoti o siccità.
Un fenomeno in aumento
L’agenzia dell’ONU che si occupa delle migrazioni, l’OIM, ha calcolato che nel 2020 i migranti internazionali sono stati 281 milioni, il 3,6% della popolazione mondiale, questo il dato emerge dal World migration report 2022, un documento con cui ogni due anni, dal 2000, l’Organizzazione offre un quadro globale del fenomeno.
Negli ultimi 50 anni il numero stimato dei migranti internazionali è aumentato notevolmente: nel 2020 sono stati 128 milioni in più rispetto al 1990, quando erano 153 milioni, e fino a tre volte in più rispetto al numero stimato nel 1970 (84 milioni). A detenere il primato come meta prescelta dai migranti è l’Europa con 87 milioni (il 30,9% della popolazione migrante totale), seguita dall’Asia con 86 milioni (30,5%), dall’America settentrionale con 59 milioni (20,9%) e dall’Africa che ne ospita 25 milioni (ovvero il 9%). A livello delle singole nazioni gli Stati Uniti rimangono la prima meta con più di 51 milioni di migranti, mentre la Germania occupa il secondo posto con 16 milioni e l’Arabia Saudita il terzo con 13.
Un dato ulteriore e allarmante riportato dall’UE riguarda l’immigrazione irregolare che, nel 90% dei casi si avvale dei trafficanti, con profitti annuali di svariati miliardi di euro.
Come affrontare la situazione
Il messaggio di fondo che proviene dall’iniziativa dell’Ufficio per la pastorale dei migranti è l’accoglienza. La complessità del tema dei flussi migratori e della loro gestione necessita anche e soprattutto di risposte politiche, alcune delle quali possono essere attuate in tempi brevi, mentre altre sono estremamente più complesse. Per governare le migrazioni in modo proattivo e sostenibile è fondamentale potenziare i canali legali e connetterli quanto più possibile alle motivazioni autentiche dei migranti, in relazione anche alla capacità di assorbimento economico, politico e sociale dei paesi di accoglienza.
Una scelta che potrebbe operare l’UE è di stabilire una procedura comune per le richieste d’asilo, in modo da coinvolgere tutti gli stati e concordare la destinazione in base a criteri condivisi. Una strategia complessiva dell’Unione potrebbe riguardare anche la gestione nei paesi d’origine delle immigrazioni, con il trasferimento legato all’esito positivo delle richieste d’asilo, superando in gran parte il problema degli sbarchi e dei pericolosi viaggi in mano a trafficanti. I flussi, in tal modo, sarebbero gestiti. Si tratta, in altre parole, di dare vita a canali di migrazione legale, guidati anche dalle esigenze del mercato del lavoro delle varie nazioni.
Questioni molto più complicate sono legate alle situazioni di conflitto, come quelle siriana e libica, o di regimi oppressivi: la politica internazionale dovrebbe tentare ogni strada per risolvere le situazioni di crisi che provocano la fuga dalle aree coinvolte.
Una prospettiva spesso ripetuta è investire nei paesi d’origine dei migranti allo scopo di far crescere le loro economie e creare lavoro. L’ONU stima che una percentuale che va dal 20 al 30% degli immigrati in Europa scappa da un contesto di estrema povertà alla ricerca di migliori condizioni di vita. Negli stati politicamente stabili ciò sarebbe possibile in modo piuttosto agevole, solo con una volontà politica da parte dei paesi cosiddetti avanzati e ricchi.
La politica internazionale dovrebbe incentivare la solidarietà e la diplomazia, le corrette relazioni tra paesi d’origine, di transito e quelli di destinazione finale per gestire in modo efficace il fenomeno.
Come si evince si tratta di scenari complessi e articolati, non risolvibili con facili slogan e semplici ricette, come spesso la politica ha mostrato.