Naturalmente per tirare le somme sotto il profilo giudiziario sarà necessario attendere il definitivo grado di giudizio, ma alcune valutazioni politiche e morali sono possibili, tenendo conto anche di una serie di elementi già conosciuti.
Gli elementi emersi, finora
Stiamo esaminando lo scandalo che ha coinvolto il Parlamento europeo, a partire dal nove dicembre scorso, giorno in cui la magistratura di Bruxelles ha portato alla luce un’inchiesta che riguarda alcuni personaggi a vario titolo vicini all’assemblea, con il fermo di alcuni di loro.
L’accusa nei confronti degli indagati è di corruzione, riciclaggio e partecipazione a un’organizzazione criminale: si sospetta che abbiano accettato mazzette e regali importanti per manifestare opinioni che consentissero un trattamento di favore da parte del Parlamento europeo verso «un paese del Golfo», come recitava il comunicato della procura belga, identificato subito da fonti giornalistiche come il Qatar, che ovviamente ha immediatamente smentito il coinvolgimento. In seguito la vicenda ha preso i contorni di uno spy-game, con l’emergere di un ulteriore possibile protagonista, il servizio segreto marocchino.
Nelle perquisizioni effettuate dalla polizia sono stati sequestrati diversi documenti, anche negli uffici parlamentari e, soprattutto, una grande quantità di contanti: si parla di circa un milione e mezzo di euro.
Tra i nomi coinvolti per ora spiccano quelli di Eva Kaili, uno dei 14 vicepresidenti del Parlamento UE, Pier Antonio Panzeri, ex deputato europeo del gruppo socialista dal 2004 al 2019 e ora presidente dell’Ong Fight impunity; altri indagati sono Francesco Giorgi, assistente parlamentare e compagno della Kaili, Niccolò Figà-Talamanca presidente dell’Ong No peace without justice. Oltre ai fermi avvenuti in Belgio anche in Italia sono state arrestate la moglie e la figlia di Panzeri, come pure è emersa la figura di un parlamentare europeo, Andrea Cozzolino, e il coinvolgimento di decine di altri politici.
Il disegno
Quanto l’Intelligence del Belgio con la collaborazione di altri paesi dell’UE sta facendo emergere è una strategia tesa a condizionare l’Unione attraverso la corruzione di alcuni soggetti e molto denaro. Una rete, sulla quale i servizi stanno indagando da alcuni mesi, che si prefiggeva degli obiettivi legati alle prese di posizione nei confronti degli stati sospettati di corruzione, ai flussi migratori, alle valutazioni in merito ai mondiali di calcio e alle conseguenti ripercussione di immagine.
Lo strumento con il quale condizionare erano soldi e regali per gli attori principali e per “i membri della rete” che andavano manipolati nelle istituzioni europee. I canali erano i conti delle Ong, i contanti od omaggi come biglietti aerei o vacanze.
Alcune dichiarazioni della vicepresidente
Il 21 novembre, nel suo ultimo intervento in assemblea sul tema dei mondiali di calcio Eva Kaili, sebbene il suo gruppo parlamentare fosse dichiaratamente a favore di una risoluzione in merito alla violazione dei diritti umani, la deputata greca si era espressa in modo come minimo ambiguo: «La Coppa del mondo in Qatar è la prova di come la diplomazia sportiva possa realizzare una trasformazione storica di un Paese con riforme che hanno ispirato il mondo arabo […]. Da molto tempo dico che il Qatar è in prima lineaper i diritti dei lavoratori, ha abolito la kafala e introdotto un salario minimo, nonostante società, anche europee, si rifiutino di applicare queste leggi». E ancora: «Il Qatar è all’avanguardia nei diritti dei lavoratori […]. Ci hanno aiutato, sono negoziatori di pace».
Tali dichiarazioni avevano generato forti perplessità e alcuni sospetti.
La Kaili è stata destituita del ruolo di vicepresidente, pur conservando il seggio, che può essere revocato solo dalle autorità greche ed espulsa dal suo partito.
Alcuni precedenti legati al calcio
La storia dei mondiali dello sport più diffuso svoltisi in Qatar sembra partire il 23 novembre 2010 da un pranzo all’Eliseo tra l’allora presidente francese Sarkozy, il futuro emiro del paese del Golfo e Michel Platini, in quel periodo presidente della federazione calcistica europea. Pochi mesi dopo il Qatar Sport Investment, un fondo di stato, acquistò la più importante squadra transalpina, il Paris-Saint-Germain, mentre pochi giorni dopo qual pranzo il congresso della Fifa deliberò l’assegnazione dei mondiali 2022 al Qatar per 14 voti a 8 per gli USA. Già allora tale decisione fu addensata da sospetti. È da segnalare un’altra singolare coincidenza. Tre settimane prima di tale decisione sempre la Fifa stipulò un contratto con la televisione di stato qatariana Al Jazeera: 400 milioni di diritti televisivi e un bonus di 100 milioni che l’emittente avrebbe riconosciuto nel caso i Mondiali 2022 fossero andati al paese arabo. L’accordo venne ratificato dall’allora segretario generale della Federazione, Valcke, poi squalificato per nove anni e licenziato proprio per corruzione, e alcune inchieste riguardarono vertici della Fifa dell’epoca, stravolti da arresti avvenuti nel 2015 sempre per corruzione: regali, viaggi, privilegi in contrasto con le regole.
Più recenti sono le polemiche emerse da fonti giornalistiche in relazione alle condizioni di lavoro degli operai impiegati nella costruzione degli stadi dei mondiali e degli incidenti occorsi: il quotidiano britannico Guardian ha parlato di 6.500 morti e anche il presidente del Comitato organizzatore ha ammesso il decesso di 400 o 500 lavoratori.
Il peso del denaro
Le vicende brevemente ricordate pongono in risalto, se ce ne fosse bisogno, il ruolo e i condizionamenti che possono pervenire da un uso spregiudicato della ricchezza. Si potrà dire che è sempre stato così, ma in un mondo globalizzato tali logiche sono certamente esasperate.
Il denaro può influenzare, controllare scelte e percorsi di ogni tipo, in tutti i campi.
La politica può essere uno dei freni a tale strapotere, ma può esserne anche complice.
La questione morale
Periodicamente le istituzioni e il mondo politico sono scossi da scandali. Nessun organismo può a priori considerarsi immune dalla corruzione, ma possono essere create misure che fungano da barriere, pongano in essere sistemi d’allarme e di controllo per limitare manovre illecite.
Quello appena emerso potrebbe essere il più grave scandalo che coinvolge le istituzioni europee da anni.
L’UE ha rafforzato la sua azione contro l’appropriazione indebita dei suoi fondi per gli stati membri, ha disciplinato il meccanismo delle lobby, ha creato una procura europea anticorruzione. Ogni stato ha la propria legislazione in materia.
Si pone però con forza il tema della selezione e della vigilanza sul personale politico, delle modalità con le quali sono scelti i candidati alle istituzioni e a tutti gli incarichi di responsabilità. Non bisogna certo fare di tutte le erbe un fascio, affermando semplicisticamente che la politica e i politici, nel loro complesso, sono “marci”: sarebbe un errore gravissimo, che colpirebbe in primo luogo chi agisce correttamente e per il bene comune.
Ma il problema rimane e va affrontato, se, appunto, periodicamente si ripresenta.
L’indice di percezione della corruzione
Transparency International misura la percezione della corruzione nel settore pubblico e nella politica in molti paesi del mondo, basandosi sull’opinione di esperti; ogni anno l’organizzazione modifica la metodologia, in modo da fornire un quadro sempre più attendibile della situazione.
Nell’ultima rilevazione l’Italia si situa al quarantaduesimo posto, su 180 nazioni, con 56 punti, guadagnando dieci posizioni e tre punti rispetto all’anno precedente. In testa troviamo Danimarca, Finlandia e Nuova Zelanda con 88; la media dei paesi UE è 64.
Secondo i dati degli ultimi dieci anni globalmente la lotta alla corruzione è ferma: quasi il 90% dei paesi non registra progressi significativi. Per quanto concerne il nostro l’attenzione di Transparency è posta su necessari adeguamenti alla legislazione sulle attività di lobbying.
Un’azione su più livelli
Per combattere la corruzione è necessario sviluppare percorsi differenti, con compiti e responsabilità diverse a seconda dei soggetti.
Gli stati e le organizzazioni internazionali, come l’UE, devono porre grande attenzione alle normative e ai controlli. Un ruolo fondamentale è da attribuire, come già accennato, alle forze politiche. Le candidature è necessario siano vagliate a fondo, sia sotto il profilo delle competenze, sia, soprattutto, sul piano della qualità personale. Troppo è stata trascurata la formazione di chi fa politica, non solo in relazione agli aspetti “tecnici”, bensì in particolare sulle doti umane, sui valori, sullo spessore. No è importante solo vagliare le candidature, è opportuno un continuo meccanismo di verifica delle azioni, dell’impegno, del rapporto con i cittadini, della vita di partito e istituzionale. Il confronto continuo può essere un mezzo per comprendere quali siano le “vere” intenzioni di una persona e la sua vita.
La gente, le elettrici e gli elettori, agendo responsabilmente e con attenzione possono essere piccole sentinelle, pretendere la qualità di chi li rappresenta e ha incarichi, cercando di distinguere tra persona e persona, pretendendo trasparenza e informazioni.