A scuola di POP

“Scuola di POP – La politica che serve” è quasi giunta alla conclusione della sua prima edizione. Si è trattato di un percorso formativo intenso, ricco e partecipato al quale hanno contribuito 40 persone lungo l’arco di 18 appuntamenti, suddivisi in tre aree formative, e animati da 30 relatori qualificati. Si è trattato di un cammino nato dall’idea di ri-abitare lo spazio pubblico e politico con consapevolezza, coscienza e responsabilità, anche da parte di coloro che sono animati dalla fede cristiana. 

La prima area ha riflettuto prevalentemente sulla dimensione etica e valoriale dell’arte della politica, nella piena consapevolezza che per vivere un impegno pubblico bisogna educare la propria interiorità sulla base di alcune importanti virtù, quali la serietà, il rispetto, la lealtà, la sincerità, la responsabilità e infine la capacità di immaginazione. Si tratta di ideali che hanno bisogno di essere incarnati da testimoni, uomini e donne concrete, che cercano di viverli nella vita personale e pubblica, affinché non solo siano principi astratti o, ancor peggio, “pericolose” ideologie. Per tale motivo abbiamo concluso l’itinerario dell’area 1 proprio riflettendo sui testimoni e sulle esperienze concrete di impegno per la buona politica, augurandoci che molti dei partecipanti, decidano di spendersi per il bene comune o continuare il proprio cammino di responsabilità pubblica. 

Nella seconda area abbiamo provato a costruire invece una dimensione di conoscenza e consapevolezza del contesto sociale, economico e politico che abitiamo. Non è possibile nessuna forma di impegno, anche alimentato eticamente, che prescinda dal dato di confronto con la realtà. Ciò che pare oggi mancare alla politica è proprio la capacità di fare analisi basate sulla realtà delle cose. In questo modo la coscienza e l’interiorità si alimentano ulteriormente anche attraverso la conoscenza dei processi storici, delle dinamiche economiche, dell’evoluzione de sistemi politici e delle trasformazioni che operano nelle democrazie contemporanee, delle relazioni internazionali e della comunicazione politica. Siamo in un tempo inoltre in cui l’individuo viene lasciato solo nell’interpretazione e nell’analisi della realtà sempre più articolata, frammentata e complessa. La scuola, anche grazie alla metodologia cooperativa, ha cercato invece di promuovere il discernimento comunitario, di costruire spazi comuni per condividere analisi, idee e proposte. 

La terza area è stata dedicata all’approfondimento di “alcune” politiche, per ricordarci che la politica è tensione ideale, conoscenza della realtà, ma anche azione e capacità di incidere e trasformare la realtà. Vengono in mente le straordinarie parole di Giorgio La Pira nel testo “la nostra vocazione sociale”, quando, a tal proposito, ricorda, anticipando in qualche misura le indicazioni conciliari, che ai laici spetta il compito di operare e trasformare la società, di abitare la realtà umana e terrena affinché non siano meri spettatori, ma testimoni protagonisti nel governo della città umana. La politica è anche, ma non solo, amministrazione del territorio, programmazione di interventi pubblici che riguardano la vita sociale (welfare), l’organizzazione dello spazio urbano (urbanistica), lo sviluppo economico del territorio (lavoro), la promozione del benessere e della salute, l’attenzione alla crescita educativa (formazione) e la transizione ambientale ed ecologica.  Sono temi e ambiti in cui la scuola si è servita di contributi qualificati di amministratori e/o programmatori di politiche pubbliche e con le quali è necessario prendere confidenza per evitare semplificazioni e atteggiamenti superficiali. Le dichiarazioni di principio, affinché non diventino lettera morta, hanno bisogno di un confronto con la realtà quotidiana. 

L’ultimo appuntamento (17 giugno, aperto a tutti coloro che sono interessati ad approfondire la dimensione socio-politica) sarà un’occasione per riflettere su una tematica trasversale a tutta la scuola, ovvero la ricerca della giustizia attraverso l’attività politica. L’incontro sarà anche un’opportunità di presentare le attività formative per l’anno venturo e la strutturazione definitiva della Scuola di POP attorno ad una proposta biennale. 

Appare importante, oggi più di ieri, accompagnare i cristiani a vivere pienamente la loro fede nella vita ordinaria, ad interpretare il comandamento dell’amore verso il prossimo come un compito concreto che si realizza non solo nella solidarietà interpersonale, ma in un’azione caritativa che si concretizza nella solidarietà sociale. In un contesto di sfiducia, disillusione e apatia verso la dimensione politica è possibile riscoprire la bellezza della politica solo mediante un impegno fortemente motivato e che sorga da una dimensione comunitaria seria e autentica, uno sguardo che sia rivolto al futuro e alle prossime generazioni e alla costruzione del bene comune.

A tal proposito vale la pena ricordare come nell’enciclica Laudato Si’, papa Francesco ci invita a guardare alla giustizia in chiave intergenerazionale e proponga uno sguardo rivolto verso il futuro. Al Numero 160 afferma: 

Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo? Questa domanda non riguarda solo l’ambiente in modo isolato, perché non si può porre la questione in maniera parziale. Quando ci interroghiamo circa il mondo che vogliamo lasciare ci riferiamo soprattutto al suo orientamento generale, al suo senso, ai suoi valori. Se non pulsa in esse questa domanda di fondo, non credo che le nostre preoccupazioni ecologiche possano ottenere effetti importanti. Ma se questa domanda viene posta con coraggio, ci conduce inesorabilmente ad altri interrogativi molto diretti: A che scopo passiamo da questo mondo? Per quale fine siamo venuti in questa vita? Per che scopo lavoriamo e lottiamo? Perché questa terra ha bisogno di noi? Pertanto, non basta più dire che dobbiamo preoccuparci per le future generazioni. Occorre rendersi conto che quello che c’è in gioco è la dignità di noi stessi. Siamo noi i primi interessati a trasmettere un pianeta abitabile per l’umanità che verrà dopo di noi. È un dramma per noi stessi, perché ciò chiama in causa il significato del nostro passaggio su questa terra. 

Piccole Officine Politiche