Laura, le altre e gli altri

Laura manifestò i primi sintomi della malattia che la uccise nel 2004. Si trattava di un mesotelioma pleurico, un cancro causato soprattutto dall’amianto. Laura, infatti, viveva a Rolasco, una piccola frazione di Casale Monferrato, città nella quale gestiva una bottega col marito.

Per recarsi al lavoro spesso utilizzava una bicicletta e la strada percorsa passava davanti alla Eternit, la tristemente famosa fabbrica di prodotti a base di amianto. Gli esami ai quali si sottopose evidenziarono i guasti provocati dall’esposizione alle fibre dell’asbesto, che Laura respirava come tante altre persone, per anni e anni, nel casalese. Sì, anche perché fu scoperto che la ditta nottetempo scaricava all’esterno aria non filtrata carica di fibre che si disperdevano in città e nei dintorni sospinte dal vento.

Un controllo in ospedale consentì di spiegare le ragioni dei problemi che iniziavano a manifestarsi: sudori senza motivo, difficoltà nel camminare e altro. La diagnosi fu evidente e terribile, con una causa ben chiara fin da subito e i dubbi sul possibile decorso. Che però fu brevissimo: dopo tre mesi Laura non c’era più.

I troppi morti

Nel 2022 è stato ricordato il trentennale della legge, la 257 del 1992, che mise al bando l’amianto in Italia, primo stato a prendere tale decisione. Tanto c’è ancora da fare, sia nel nostro paese sia a livello internazionale, se si pensa che il 75% delle nazioni sono ancora prive di regole.

Uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità ha evidenziato che in Italia si stimano, nel periodo compreso tra il 2010 e il 2016, in circa 4.400 i decessi all’anno dovuti all’esposizione all’amianto: 3.860 uomini e 550 donne. Di questi, 1.515 sono persone decedute per mesotelioma maligno (più dell’80% di tale patologia è causato dall’amianto), 58 per asbestosi (malattia polmonare provocata da inalazione di fibre di amianto), 2.830 per tumore polmonare e 16 per tumore ovarico. A livello mondiale si valuta una mortalità annuale superiore alle 230.000 persone.

A Casale Monferrato, a 37 anni dalla chiusura della fabbrica, si continua a morire (si stima ci sia un decesso a settimana), poiché le malattie possono manifestarsi anche a distanza di decenni.

L’Eternit

Lo stabilimento di Casale Monferrato è stato attivo dal 1907 fino al 1986, e ha avuto punte di 3.500 dipendenti, quasi tutti deceduti per patologie collegate al materiale lavorato. La stessa sorte hanno avuto le persone impiegate negli altri stabilimenti di Bagnoli, Cavagnolo, Rubiera e Siracusa.

Già negli anni ’50 iniziarono a manifestarsi le prime patologie respiratorie che portarono alla morte alcuni operai. Le problematiche proseguirono e si diffusero anche ai familiari dei dipendenti e a chi risiedeva nelle vicinanze delle fabbriche. Si iniziò a parlare delle molte morti sospette e alla fine degli anni ’70 il sindacalista CGIL Bruno Pesce e l’operaio dell’Eternit Nicola Pondrano avviarono una serie di ricerche per far luce su queste morti sospette. Il 6 giugno 1986 Eternit cessò definitivamente l’attività. ma fu solo diversi anni dopo la chiusura degli stabilimenti e il fallimento della ditta, nel 2004, che vennero avviate le indagini dalle quali scaturì il rinvio a giudizio di Louis De Cartier e Stephan Schmidheiny, i due proprietari della multinazionale Eternit.

Dopo molte vicissitudini, dovute anche alla prescrizione, molte sedi processuali, finalmente il 7 giugno del 2023 l’imprenditore svizzero Schmidheiny è stato condannato a 12 anni di reclusione per l’omicidio colposo, con l’aggravante della colpa cosciente, di 147 persone, insieme al pagamento di ingenti risarcimenti: per le vittime, le associazioni e i sindacati, per il comune di Casale Monferrato con 50 milioni di euro, per lo stato italiano con 30 milioni di euro. L’aggravante è stata motivata dal fatto che egli era a conoscenza dei gravi danni alla salute dei lavoratori e dei cittadini di Casale Monferrato derivanti dal l’esposizione all’amianto. 

La legge 257

La normativa in vigore dal 1992 ha consentito, oltre alla messa al bando dei prodotti contenenti amianto, una serie di interventi. La realizzazione di una mappa nazionale dei siti contaminati da asbesto e l’esecuzione di opere di bonifica; l’attivazione un piano di sorveglianza epidemiologica della mortalità per mesotelioma in tutti gli oltre 8.000 comuni italiani; la messa in opera dal 2002 del Registro Nazionale Mesoteliomi, che rappresenta uno dei più avanzati sistemi di sorveglianza epidemiologica attiva in questo settore, con oltre 30.000 casi censiti; l’operatività, dal 2008, del Programma nazionale di qualificazione per i laboratori che eseguono le analisi per la determinazione dell’amianto su tutto il territorio nazionale.

Perché si muore

L’amianto non è di per sé pericoloso, lo diventa se si entra in contatto con le sue fibre, se lo si lavora, se ci si trova nelle vicinanze dei siti di estrazione o di lavorazione, se si è in strutture nelle quali il materiale è deteriorato e le sue fibre si liberano nell’aria e sono inalate.

Il problema è che per molto tempo i suoi effetti erano sconosciuti, per questo i lavoratori tornavano a casa e si toglievano gli abiti da lavoro contaminando inconsapevolmente anche i familiari.

Una fibra di asbesto è 1.330 volte più sottile di un capello, è invisibile e è presente nell’aria dei dintorni delle zone di estrazione e delle fabbriche nonché si deposita su qualsiasi cosa. Inspirato, anche in quantità minime, è pericolosissimo e può provocare la patologie sopra ricordate, dalle quali non si guarisce.

La situazione oggi

Secondo le ultime stime del Consiglio nazionale delle ricerche e dell’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro in Italia sembra ci siano ancora 32 milioni di tonnellate di amianto, con 38.000 siti a rischio e un miliardo circa di metri quadrati di coperture in eternit posizionate ancora sui tetti di case, scuole, fabbriche e molte altre strutture.

Le bonifiche quindi sono da proseguire.

Dal 1° luglio 2025 tutti gli Stati membri dell’Unione Europea avranno dovuto provvedere all’eliminazione dei prodotti contenenti amianto, come dal Regolamento UE 2016/1005, e l’eliminazione delle malattie collegate all’amianto rientra tra le priorità «ambiente e salute» dell’OMS per il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile.