Tornando il Italia dall’estero in auto, soprattutto da alcuni paesi, ci si rende conto del fatto che i limiti di velocità sono, al più, un benevolo consiglio. Infatti, è assolutamente normale superarli, anche abbondantemente.
Le ragioni, semplificando, sembrano essere sostanzialmente due. L’assurdità complessiva di tali velocità obbligate e lo scarso rispetto di chi guida.
Il primo elemento è evidente a chiunque abbia dimestichezza con le strade. Perché in certi tratti extraurbani si impongono i 50 all’ora quando in grande sicurezza si può viaggiare a 70? Perché negli svincoli autostradali il limite è 40 quando la maggior parte viaggia al doppio? Se in un tratto di strada ci sono stati dei problemi la risposta è un limite che si abbassa. Per contro nessun controllo, solitamente, viene fatto, per cui formalmente va tutto bene, ma in sostanza niente è a posto poiché, salvo rarissime eccezioni, nessuno si adegua ai limiti.
Un esempio? La tangenziale di Torino. Tanti incidenti, qualcuno mortale, hanno portato alla decisione di limitare a 90 o 110 chilometri all’ora la velocità, a seconda delle tratte. Ebbene, dopo qualche giorno di controlli e di multe strombazzate troppe auto non li rispettano.
Il secondo aspetto è un problema più generale: la scarsa attenzione per gli altri e le regole che sovente ci caratterizza. Chi lo fa passa spesso per ingenuo o poco furbo. Gli esempi potrebbero essere infiniti.
Allora che fare? Da parte del legislatore dovrebbe esserci più realismo e responsabilità: limiti ragionevoli e controlli a tappeto, non solo per comminare multe, ma per educare. Da parte di chi guida basterebbe anche solo un po’ di rispetto, per tutto e per tutti.
Ma probabilmente l’elemento centrale è proprio l’educazione: far crescere generazioni attente al prossimo, rispettose delle regole, coscienti del senso civico, della socialità. Dovrebbe essere l’impegno delle famiglie, della scuola, dei mezzi di informazione, di tutti, insomma: forse così, in qualche decennio, saremmo un popolo più civile.