“L’unità dei diversi non è la sintesi di persone che si assomigliano, che pensano e agiscono nello stesso modo. Non è la cancellazione delle differenze, una mescolanza che porta a smarrire le identità. Non è fare quello che ha pensato il capo, il più intelligente, il più potente, il più meritevole: è ricerca, pazienza, coraggio. È cercare insieme la soluzione a un problema, senza prendere scorciatoie”.
Così recita l’introduzione del documento che lancia la cinquantesima Settimana sociale dei cattolici in Italia, che si svolgerà nel luglio prossimo, dedicata al tema “Al cuore della democrazia. Partecipare tra storia e futuro”.
Tale tema si declina nell’ascolto, nel discernimento, cioè l’analisi di quanto accade, e di buone decisioni, ma il tutto rivolto alla partecipazione, all’impegno diretto.
Il punto di partenza è “Abitiamo un tempo di grandi trasformazioni sociali, politiche e culturali che ci chiede capacità di confronto e di collaborazione con tutti”, un tempo di difficoltà per la democrazia, per le istituzioni e per il coinvolgimento delle persone nei processi decisionali, di frammentazione e di individualismo. Il nodo fondamentale diventa la partecipazione che rivela la vitalità della democrazia, la condivisione dei valori, che rappresenta il motore della società, rende vive le comunità, permette di progettare il futuro, le politiche, le azioni e le risposte collettive.
Ma la partecipazione cammina grazie alle gambe, alla testa e al cuore delle persone impegnate.
La fatica dell’impegno
La Pastorale sociale e del lavoro, le Piccole Officine Politiche, nel percorso sinodale hanno incontrato molte persone attive in politica, in tutti gli schieramenti, per un confronto sul contesto in cui operano, le principali problematiche, la promozione di vocazioni orientate all’impegno politico, la formazione, il contributo della comunità cristiana per un rinnovamento della politica e il supporto a chi vive in prima linea.
La discussione nei vari gruppi è stata ampia e profonda, ma è possibile individuare gli elementi fondamentali emersi.
Il primo è il disinteresse verso il bene comune, che investe purtroppo anche le comunità ecclesiali, poco attente e coinvolte nelle questioni sociali e politiche, quasi che vivano in una realtà a sé stante.
Un aspetto segnalato, che può generare qualche preoccupazione, è la percezione da parte di chi fa politica attiva di una certa solitudine, di essere riconosciuto nella propria comunità come un corpo estraneo, identificato con un’accezione dispregiativa della politica.
È stato evidenziato un importante ruolo che invece potrebbe svolgere la Chiesa per favorire nelle laiche e nei laici la vocazione alla politica.
Un ulteriore elemento è il desiderio di confrontarsi seriamente, a un livello più profondo e ampio rispetto al dibattito sui problemi quotidiani, l’esigenza di occasioni di formazione permanente, per alimentare e rafforzare l’impegno, i suoi valori e la sua capacità di incidere, la crescita culturale e personale, la verifica degli obiettivi e delle azioni.
Un appuntamento importante e significativo.
Nel prossimo gennaio il nostro Arcivescovo incontrerà le persone impegnate in politica che decideranno di accettare l’invito. Sarà un’opportunità di dialogo, riflessione, scambio di idee ed esperienze, valorizzazione delle fatiche quotidiane di chi vive in prima persona la politica e l’amministrare la cosa pubblica.
L’occasione sarà l’avvio di un percorso che punta a offrire momenti di confronto comune tra esperienze diverse, a condividere problemi, fatiche, prospettive, voglia di fare; spazi “neutri” dove parlare liberamente, da posizioni differenti, accomunati dall’aspirazione di lavorare per le persone e il bene comune, luoghi in cui condividere la tensione tra idealità e quotidiano.
Qualcosa che riguarda tutti
Gli elementi emersi nei vari incontri del cammino sinodale devono stimolare riflessioni e risposte concrete.
Nelle nostre comunità è assolutamente necessario si parli di politica, dei problemi del mondo, dell’Italia e del contesto locale, ciò che c’è “fuori” deve entrare “dentro”, seguendo la sempre valida affermazione dell’incipit della Gaudium et spes: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore.
La loro comunità, infatti, è composta di uomini i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre, ed hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti.
Perciò la comunità dei cristiani si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia”.
Chi è impegnato nel “mondo” non va confuso con esso, ma rimane una sorella o un fratello che vive la sua fede seguendo l’indicazione della lettera di Giacomo, secondo il quale la fede “se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta” (Gc 2, 17), opere che devono essere guidate dall’amore, anche da quello politico, come sottolinea papa Francesco nella Fratelli tutti.
Le nostre comunità è necessario diventino quindi fucine di impegno politico, luoghi di analisi e riflessione sulla realtà, di formazione, di stimolo per chi sente la vocazione a “sporcarsi le mani” per gli altri.