La salute è uno dei valori fondamentali della vita e il nostro Paese si è distinto per molto tempo per una sanità di livello. Oltre alle competenze del governo nazionale, legate al Ministero della Salute e a quello dell’Economia e delle Finanze, la materia è affidata alle regioni, nelle quali gran parte del bilancio è destinato proprio a tale capitolo di spesa.
Per gestire una partita così importante esistono strutture dedicate centrali e periferiche che, sotto la guida politica di ministri e assessori, sono chiamate ad amministrarla, a prendere decisioni.
Dataroom del Corriere della sera ha posto in risalto un fenomeno inquietante: il ruolo delle grandi società di consulenza.
Il ricorso a esse dovrebbe essere un fatto straordinario e limitato ad acquisire informazioni e competenze da utilizzare in modo autonomo nelle scelte politico amministrative. Si scopre, invece, che tali collaborazioni diventano abituali con il dubbio che i consulenti si trasformino in decisori e prendano il posto di politici e dirigenti, guidando cioè la sanità.
Perché avviene tutto ciò? La pubblica amministrazione è composta da incapaci o non vuole assumersi responsabilità, oppure è più comodo?
Tutto parte, recentemente, dall’elaborazione e dalla gestione dei piani di rientro per quelle regioni con i conti sanitari in deficit. Il processo di rientro prevede la certificazione dei bilanci da parte di una società specializzata. Entra in gioco l’americana Kpmg, che viene scelta dal Mef, prima senza gara poi con tre gare, vedendosi affidare anche la riorganizzazione della spesa sanitaria, lavorando insieme ad altre due società: Ernst&Young e PwC (PricewaterhouseCoopers). Il tutto a un costo superiore agli 85 milioni di euro.
Malgrado la Corte dei conti faccia notare che per aiutare le regioni potrebbe essere coinvolta l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali che possiede le competenze necessarie, anche allo scopo di spende meglio e in casa i soldi, di nuovo nel 2022 viene deciso un ulteriore affidamento a Kpmg di circa 11 milioni.
Ma non basta. In relazione alla transizione digitale in sanità prevista dal PNRR una cordata formata da Kpmg, McKinsey ed Ernst&Young si aggiudica la gara per la consulenza che vale 185 milioni.
Quasi tutte le regioni, con l’eccezione di Valle d’Aosta e Basilicata, chiedono a queste società di assisterle per formare il personale sanitario e i consulenti allo scopo di monitorare l’avanzamento lavori nelle singole Asl. Ma nella progettazione è prevista anche la parte strategica e di governance: cosa serve, come gestire i progetti e analizzare i dati sanitari dei pazienti per rendere l’assistenza più efficiente.
Alle tre società è affidato il compito di raccogliere e analizzare dati, dei pazienti e delle prestazioni erogate ad esempio, definire i nuovi modelli organizzativi derivanti dalla digitalizzazione, compreso il fabbisogno di medici e infermieri, nonché la determinazione dei criteri coi quali definire i tetti di spesa. In sintesi e in parole povere: decidere la politica sanitaria.
È necessario aggiungere che le tre società hanno la necessità di avvalersi a loro volta di consulenze per le competenze che non possiedono (il loro mestiere è di revisioni contabili), quindi sub-appaltano dei compiti, e incamerano una mole di informazioni di grande valore per il marketing strategico.
Infine, sempre per la digitalizzazione, tra luglio e agosto 2022, alle solite tre imprese il Dipartimento per la trasformazione digitale e il ministero della Salute fa un affidamento di 28 milioni di euro. Commenta Dataroom: «Nonostante sia un compito istituzionale del Ministero definire e programmare la direzione di marcia del servizio sanitario nazionale, con linee guida e decreti, il lavoro viene fatto svolgere a soggetti privati facendoli entrare nel cuore del sistema sanitario nazionale. L’oggetto specifico di questi servizi di supporto non è individuabile se non per i macro-ambiti; non si conosce (perché non risulta pubblicato) di che cosa specificamente questi consulenti si siano occupati in concreto, né risulta pubblicato alcun report sugli esisti delle attività svolte». E non è la prima volta: la Pubblica amministrazione dal 2017 assegna a PwC oltre 600 milioni di euro per definire la strategia e la governance dei servizi informatici e della digitalizzazione.