Anna Maria Agamben: donne nella costituente

All’Assemblea costituente era composta da 556 persone elette, delle quali 21 erano donne, appartenenti a quattro formazioni politiche; nove della Democrazia cristiana, altrettante del PCI, due socialiste e una del Fronte dell’Uomo Qualunque. Erano tra loro molto diverse per età, culture ed esperienze politiche e seppero fornire un contributo significativo, nonché dare voce alle aspirazioni di emancipazione delle donne italiane.

Le 21 deputate parteciparono attivamente all’elaborazione del testo della Costituzione e una significativa testimonianza di tale impegno si ritrova nelle loro proposte di emendamenti al Progetto di Costituzione. Rivolsero particolare attenzione ai diversi profili delle pari opportunità come, ad esempio, gli emendamenti all’articolo 48 del Progetto (articolo 51 del testo definitivo) sulla parità di accesso di ambo i sessi agli uffici pubblici e alle cariche elettive, sottoscritti da deputate appartenenti a diversi schieramenti politici. Infatti, pur appartenendo a forze politiche molto distanti, le costituenti seppero trovare modalità e contenuti comuni per garantire a tutte e a tutti eguaglianza di diritti e pari opportunità nella nuova Carta costituzionale dell’Italia democratica.

Nella Commissione incaricata di redigere il progetto da sottoporre all’approvazione dell’Assemblea, entrarono a far parte Anna Maria Agemben Federici, Lina Merlin, Nilde Iotti, Teresa Noce e in un secondo momento Angela Gotelli. La nostra testimone, eletta nel collegio unico nazionale per la lista della Democrazia cristiana, si impegnò nella Sottocommissione III, incaricata della stesura della parte del Progetto di Costituzione relativa ai diritti e doveri economico-sociali. In tale Sottocommissione presentò una relazione sulle garanzie economiche e sociali per l’esistenza della famiglia.

Il portale della Camera dei deputati presenta in un’apposita ampia sezione le 21 deputate all’Assemblea costituente. La biografia che segue è tratta da tale fonte.

La vita

Maria Agamben Federici nacque a l’Aquila il 19 settembre 1899 da Alfredo e da Nicolina Auriti, in una famiglia benestante di origini armene. Compì i primi studi nel capoluogo abruzzese per poi laurearsi in Lettere all’università di Roma. Divenne professoressa di italiano e storia nelle scuole medie superiori, giornalista, nonché autrice di varie pubblicazioni scolastiche, soffermandosi sui problemi dell’educazione. Nella capitale conobbe Mario Federici, autore di testi teatrali e critico affermato, che sposò nel 1926. Durante gli anni del regime fascista si trasferì all’estero insieme al marito, per sfuggire alle limitazioni imposte dal regime, continuando a insegnare presso gli istituti italiani di cultura, prima a Sofia quindi in Egitto e poi a Parigi. Nella capitale francese iniziò ad avvicinarsi alla politica frequentando ambienti antifascisti e femministi di esuli italiani.

Nel 1939 i Federici tornarono a Roma e Maria si impegnò attivamente nella Resistenza. Nello stesso periodo, come delegata dell’Unione donne dell’Azione cattolica italiana (UDACI), organizzò un piano di assistenza per le impiegate dello Stato rimaste disoccupate. Nell’agosto del 1944, in occasione del congresso istitutivo delle ACLI (Associazioni cristiane lavoratori italiani) venne eletta prima delegata femminile, e in questa veste, l’anno successivo, organizzò il Convegno nazionale per lo studio delle condizioni del lavoro femminile, che costituì un importante momento di confronto delle donne cattoliche. Come rappresentante del settore femminile delle ACLI partecipò, nell’inverno tra il 1944 e il 1945, ai lavori preparatori di fondazione del Centro italiano femminile (CIF), insieme a mons. Giovanni Battista Montini, allora sostituto della Segreteria di Stato, e a Maria Rimoldi, Presidente delle donne cattoliche, il cui scopo era quello di conquistare le masse femminili alla causa democratica, educarle alla politica, aiutandole a migliorare le loro condizioni materiali di vita. Maria Agamben Federici fu la prima presidente del CIF, carica che ricoprì dal 1944 al 1950 Si adoperò per offrire un’assistenza adeguata all’infanzia e all’adolescenza attraverso la costruzione di asili, scuole, refettori, aiuti agli emigranti, agli sfollati e ai reduci. Fu anche vicepresidente della Commissione nazionale per l’appello dell’ONU a favore dell’infanzia.

Nel 1946 venne eletta all’Assemblea costituente nel collegio unico nazionale per la lista della Democrazia cristiana. Fece parte della “Commissione dei 75” incaricata di formulare il testo della Costituzione, diventando componente della Terza Sottocommissione che si occupò dei diritti e dei doveri economico-sociali, presentando una relazione sulle garanzie economiche e sociali per l’esistenza della famiglia, in cui sosteneva che lo Stato deve intervenire per tutelare le lavoratrici madri e per eliminare gli ostacoli di natura economica che impediscono ai cittadini di formare una famiglia. Nell’ambito della discussione sul diritto di proprietà e intrapresa economica sostenne la necessità di una riforma agraria che promuovesse l’elevazione morale e materiale dei ceti contadini. Durante la discussione sul Titolo III la Federici espresse il parere che le condizioni di lavoro devono permettere alla donna lo svolgimento della sua funzione familiare e della maternità. In merito alla discussione sui rapporti politici (Titolo IV) sostenne la necessità di eliminare ogni ostacolo che tenda a relegare la donna in settori limitati e che le impedisca di accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive, e il diritto della donna ad accedere alla magistratura.

Sempre nel 1946 fece parte del comitato fondatore dell’Ente nazionale per la protezione morale del fanciullo, mentre l’anno seguente diede vita all’Associazione nazionale famiglie emigrati (ANFE) di cui ricoprì la carica di presidente fino al 1981.

Nel 1948 venne eletta deputata nella I legislatura repubblicana, nella lista della Democrazia cristiana, nel XVIII collegio elettorale (Perugia-Terni-Rieti), con 34.501 voti di preferenza. Fu assegnata all’XI Commissione Lavoro, Emigrazione, Cooperazione, Previdenza e Assistenza sociale, Assistenza post-bellica, Igiene e Sanità pubblica, e, inoltre, divenne componente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla disoccupazione. In qualità di membro della Commissione Lavoro della Camera, fu relatrice del disegno di legge sulla «Tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri» (C. n. 37), poi l. 26 agosto 1950 n. 860.

Nel 1949 fondò il settimanale «La Vela» rivolto i giovani; 16 febbraio 1950, insieme alla senatrice Lina Merlin e alle deputate Angela Guidi Cingolani e Maria De Unterrichter Jervolino, Maria Federici fu socia fondatrice del Comitato italiano di difesa morale e sociale della donna. Il CIDD, in un primo momento, operò come lobby cattolica per ottenere l’approvazione della proposta di legge Merlin sull’abolizione delle case chiuse, e successivamente agì su tutto il territorio nazionale per assistere le donne che intendevano lasciare la prostituzione, in tutte le forme necessarie al loro reinserimento nella vita sociale. Nel 1952 divenne membro della Commissione d’inchiesta parlamentare sulla disoccupazione e presidente del gruppo di studio per la disoccupazione giovanile. Diresse la rivista «Notizie fatti e problemi dell’emigrazione».

Alla scadenza della legislatura, nel 1953, non si ricandidò abbandonando la politica attiva e dedicandosi esclusivamente all’impegno assistenziale e culturale, soprattutto nell’ambito dell’Associazione nazionale famiglie emigrati, dove si interessò ai problemi legati all’inserimento della donna italiana nel paese di immigrazione, dell’adempimento dell’obbligo scolastico per gli italiani emigrati all’estero, e di mantenere contatti con il paese di origine, così da favorire, in qualsiasi momento, il rientro e il reinserimento nella comunità nazionale e nel mondo del lavoro. Scrisse anche alcuni libri, tra i quali nel 1957 Il cesto di lana, nel quale espose il suo pensiero sulla questione della donna italiana negli anni della Resistenza e del dopoguerra.

Morì a L’Aquila 28 luglio 1984.

Il commento

Per impegnarsi in politica non è necessario sceglierla come professione, come unico campo nel quale spendersi. Anzi, probabilmente si tratta di porre a servizio della comunità le proprie esperienze e le proprie competenze. Questo uno dei fondamentali esempi che possiamo scoprire da Anna Maria Agamben.

Prestata alla politica

Questa espressione viene spesso usata e calza a pennello per la nostra testimone, che, come citato, si avvicinò alle questioni sociali e politiche nella sua permanenza a Parigi e nella Resistenza. Le prime attività furono proprio di carattere sociale con l’assistenza ai perseguitati politici e alle dipendenti statali licenziate, con la determinazione posta nella creazione di un associazionismo rivolto al mondo del lavoro, alla famiglia e all’emancipazione femminile.

Solo in seguito, e a più di quarant’anni, si fece coinvolgere dalla politica, e che politica, eletta, come abbiamo visto, nell’Assemblea costituente, dove ebbe la possibilità di utilizzare le sue esperienze per contribuire a quella splendida Carta che pone le fondamenta della nostra democrazia e del nostro vivere sociale.

Importante il suo contributo e quello delle altre donne elette, vere protagoniste di quel fondamentale passaggio della storia italiana, troppo poco valorizzate e ricordate, ma vere madri della Repubblica.

Significativo il segnale lanciato con la rinuncia a una ricandidatura dopo l’elezione a deputata nella prima legislatura, esempio di un atteggiamento di sereno distacco da incarichi prestigiosi.

Quindi per Anna Maria Agamben la politica attiva rappresentò una parentesi di neppure dieci anni.

Antifascista

Dopo pochi anni comprese, insieme al marito, le caratteristiche del regime che governò l’Italia e decisero di lasciarla e recarsi all’estero per non subirne le restrizioni. Una scelta condivisa da molte altre persone contrarie al fascismo, che scelsero di affrontare un futuro incerto per la certezza delle condizioni illiberali che andavano crescendo.

Con lo scoppio della guerra, e tornata a Roma, fu attivamente coinvolta nella Resistenza e in iniziative tese ad aiutare perseguitati politici e donne con problemi di lavoro, impegnandosi nella rinascita dell’associazionismo, in particolare quello cattolico, dopo il periodo buio del ventennio.

Una fede attiva

La sua formazione è stata caratterizzata da una forte influenza del pensiero sociale cristiano, in particolare dalle opere di Emmanuel Mounier e Jaques Maritain, ove la dimensione religiosa è strettamente legata all’impegno, radicato sui profondi valori della libertà, della comunità e della democrazia.

Di ciò sarà testimone tutta la vita e in tutti gli ambiti, da quello associativo, sempre rivolto alla soluzione delle problematiche sociali e dei più deboli, a quello politico.

Nella Costituente e subito dopo in Parlamento si distingue per fattiva partecipazione, lavoro attento, intelligente e determinato, con una disponibilità al dialogo e alla collaborazione con colleghe e colleghi di differenti collocazioni partitiche.

Un autentico femminismo

Anna Maria Agamben maturò una forte coscienza del protagonismo femminile del ruolo pienamente paritario delle donne nella società, in tutti i suoi ambiti.

Tale consapevolezza guidò la sua vivace attività nelle diverse associazioni che la videro protagonista e nella Costituente. In essa sostenne l’intervento dello stato a tutela delle lavoratrici, la parità nell’accesso agli uffici pubblici, alle cariche elettive e alla magistratura: per lei l’unico criterio discriminatorio dovrebbe essere il merito.

Purtroppo è necessario constatare che a tanti decenni di distanza le discriminazioni sussistono ancora oggi, nelle pari opportunità, la dignità e il salario nel mondo del lavoro, in un’autentica uguaglianza nelle famiglie, nello svolgere ruoli importanti, anche in politica.

La cultura e le convinzioni che hanno guidato la nostra testimone dovrebbero essere con forza riprese e influenzare il clima sociale.

Le fonti

Per conoscere meglio Anna Maria Agamben sono a disposizione alcuni siti importanti: Camera dei deputati, Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, Enciclopedia delle donne, e altri. La bibliografia non è ricca, ma è possibile consultare innanzitutto il già citato Il cesto di lana, da lei scritto, come pure Le donne e la Costituzione: atti del convegno promosso dall’Associazione degli ex-parlamentari, pubblicato dalla Camera dei deputati, Donne e Costituente: alle origini della Repubblica di Marina Addis Saba, Mimma De Leo, Fiorenza Taricone, e sempre di quest’ultima Il Centro italiano femminile: dalle origini agli anni Settanta edito da Franco Angeli.