Il diritto all’abitazione è sancito dalla Costituzione italiana, ma la realtà quotidiana evidenzia una crisi abitativa che affligge il paese da decenni, aggravata da dinamiche economiche, sociali e legislative. Il problema della casa in Italia è complesso, intrecciandosi con questioni come la precarietà lavorativa, l’aumento del costo della vita e l’inadeguatezza delle politiche pubbliche.
La situazione
Tradizionalmente, il nostro Paese ha registrato un alto tasso di proprietà immobiliare, ma, negli ultimi anni, si è osservata una sua lieve diminuzione, specialmente tra i giovani e le famiglie a basso reddito, a causa di fattori economici e occupazionali. Secondo un rapporto di Nomisma, nel 2024, circa il 70% delle famiglie italiane possiede la propria abitazione, evidenziando una leggera flessione rispetto al passato. I prezzi hanno mostrato una tendenza al rialzo: nel terzo trimestre del 2024 è stato del 4,6%, accompagnato da una crescita della domanda del 27% e dell’offerta del 7,3%.
Il mercato degli affitti ha registrato un incremento sia nella richiesta sia nei canoni. Nel primo trimestre del 2024 i prezzi hanno rilevato un incremento del 5,3% (il 13,9% su base annuale).
Negli ultimi anni, si è assistito a un incremento significativo dei costi degli affitti e dei prezzi degli immobili, nuovamente nelle grandi città. Tale fenomeno è accompagnato da una riduzione del potere d’acquisto e da una crescita delle disuguaglianze sociali.
Secondo l’ISTAT, il 20% delle famiglie italiane spende più del 40% del proprio reddito per l’abitazione, una soglia considerata critica dall’Unione Europea. La situazione è particolarmente grave per i giovani e i lavoratori precari.
Le cause
I motivi sono molteplici, riconducibili a quattro problematiche. In primo luogo la speculazione immobiliare che caratterizza le città italiane, in particolare quelle turistiche, con un aumento degli investimenti in case vacanza e per affitti brevi: in tal modo si riduce l’offerta a prezzi accessibili per i residenti. Si manifestano poi politiche abitative non all’altezza, con un progressivo disinvestimento nell’edilizia popolare: tale patrimonio in Italia è tra i più bassi tra i paesi UE e molte strutture esistenti sono in stato di degrado.
Il terzo fattore è la precarietà economica, derivante dalla crescita dei contratti di lavoro a tempo determinato e dai bassi salari, che rende difficile l’accesso a mutui o affitti. Infine è necessario ricordare i fattori legati all’urbanizzazione e al declino delle zone lontane dai centri maggiori: mentre le città crescono in modo disordinato, tali aree si svuotano, con un conseguente aumento della pressione nei centri urbani.
Le conseguenze
La crisi abitativa ha ripercussioni dirette sulla qualità della vita, generando stress economico, instabilità sociale e disuguaglianze. Tra gli effetti più evidenti si manifesta la crescita degli sfratti, che nel 2023 sono stati oltre 50.000, la maggior parte dei quali per morosità incolpevole, secondo i dati del Ministero dell’Interno; un altro concerne l’autonomia dei giovani, che mediamente lasciano la casa dei genitori a 30 anni, uno dei dati più alti in Europa. Un ulteriore fenomeno è la trasformazione di alcuni quartieri popolari e dei centri storici in zone per il turismo o per le élite economiche.
Due riferimenti
La Costituzione non menziona esplicitamente il diritto alla casa, ma i principi costituzionali supportano il concetto che la casa sia un elemento essenziale per garantire la dignità, l’uguaglianza, il benessere e la salute delle persone, come recitano ad esempio gli articoli 2, 3, 32 e 42.
Papa Francesco ha spesso affermato che la casa è un diritto umano essenziale e che nessuno dovrebbe essere privato di un luogo dignitoso in cui vivere. Durante il II Incontro Mondiale dei Movimenti Popolari del 2015, ha dichiarato: «Una casa per ogni famiglia è ciò che chiediamo. Non si tratta di filantropia, ma di un dovere morale e di giustizia sociale». Per lui il problema dell’abitazione è da collegare alla più ampia questione della povertà e dell’esclusione sociale: in Evangelii Gaudium ha scritto infatti: «La mancanza di una casa degna o la precarietà dell’abitazione sono forme di esclusione sociale inaccettabili in una società che si dice civile».
Secondo il Papa, la casa non è solo un tetto sopra la testa, ma uno spazio in cui si coltiva la famiglia, si cresce nella dignità e si sperimenta il calore umano.
L’Alleanza per la casa
Il nostro territorio non è esente dai problemi prima citati e per tale ragione la Pastorale Sociale e del Lavoro dell’arcidiocesi di Torino con Cgil, Cisl, Uil, Cicsene, Sunia, Sicet e Uniat hanno dato vita all’Alleanza per la casa «che ha come obiettivo quello di mobilitare l’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni attorno alla necessità di una programmazione delle politiche abitative. […] Non si propone di aprire nuovi fronti negoziali, quanto invece sollecitare il soggetto pubblico e il governo della città a prendere decisioni in grado di incidere sulle contraddizioni che oggi attraversano la questione abitativa, a partire dal contributo e dalle linee di intervento suggerite», come recita un documento diffuso dall’organizzazione.
Le proposte
L’Alleanza per la casa ha individuato alcune linee di indirizzo. Innanzitutto incrementare la disponibilità di immobili di proprietà pubblica da affittare a canone sociale, nonché considerare la prospettiva di acquisire sul mercato immobili dei privati inutilizzati, ristrutturando quelli pubblici esistenti da riconvertire all’uso abitativo. Lancia la proposta di attivareun’agenzia pubblica di intermediazione «che, in collaborazione con i soggetti privati, si attivi per ridurre la distanza tra la disponibilità all’affitto e la domanda abitativa, elabori strategie di garanzia, come un fondo assicurativo e di compensazione che possa essere attivato nei contesti di maggiore criticità».
L’Alleanza ritiene necessario un cambio significativo di gestione dell’ATC, in quanto si riscontrano tre criticità: il costante deterioramento dei servizi al pubblico e della manutenzione, la mancanza di una programmazione degli interventi con le istituzioni locali, l’assenza di investimenti per accrescere la disponibilità di immobili a uso sociale.
È indispensabile inoltre invertire la cultura tradizionale delle politiche pubbliche, solitamente ricondotte a una strategia che risponde alle emergenze, «mentre l’attuale fase economica impone di guardare alle politiche pubbliche come a una leva che può coniugare la modernizzazione sociale con una spinta di crescita economica e sviluppo».
L’Alleanza suggerisce poi la limitazione degli affitti brevi, «misura che consente di arginare il rischio di espansione di un modello di mercato immobiliare che pregiudica la possibilità di politiche abitative strutturate su uno sviluppo stabile e capace di rispondere a bisogni diffusi». Infine lancia l’idea di attivare un laboratorio di calcolo capace di utilizzare diverse fonti di informazione allo scopo di prefigurare ipotesi di tendenza, utilizzando in forma sociale i dati al fine di supportare le strategie di progettazione delle politiche abitative.