Esiste nel nostro Paese un problema legato alle competenze, e la situazione non sembra migliorare col tempo, anzi. Lo certifica un’indagine sull’argomento realizzata dall’OCSE, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo, che riporta i dati raccolti nei due anni precedenti in 31 stati e diffusa lo scorso 10 dicembre.
In sintesi risulta che la popolazione italiana dai 16 ai 65 anni, vale a dire in età lavorativa, ottiene punteggi piuttosto bassi in tutte le categorie analizzate: livelli di alfabetizzazione (literacy), capacità matematiche (numeracy) e di analisi delle situazioni (problem solving). I dati tracciano un quadro completo delle capacità necessarie per affrontare le sfide della società contemporanea e il ruolo che queste giocano nel mercato del lavoro e nella vita sociale, per cui i risultati sono preoccupanti: le lacune evidenziate hanno un impatto diretto sulla capacità di crescita personale e sociale, nonché sull’economia.
L’indagine rappresenta, quindi, un’opportunità per riflettere sulle aree critiche e prevedere gli interventi necessari per migliorare la situazione.
I risultati dell’Italia
Gli adulti italiani ottengono punteggi inferiori alla media OCSE in tutti i domini analizzati. In literacy, la capacità di comprendere e utilizzare testi scritti per raggiungere i propri obiettivi, il punteggio è di 245, a fronte di una media OCSE a 260, e tale risultato evidenzia che il 35% si trova al livello 1 o addirittura inferiore, dimostrando difficoltà anche nella gestione di messaggi semplici. Al contrario, solo il 5% raggiunge i livelli più avanzati.
La situazione non migliora per il numeracy, che valuta la capacità di comprendere e utilizzare informazioni numeriche. Con un punteggio di 244 (generale OCSE 263), l’Italia vede sempre un 35% al livello 1 o inferiore, un dato preoccupante soprattutto se confrontato con il 25% della media OCSE. Anche in questo caso, solo il 6% si distingue per competenze avanzate.
Il problem solving adattivo, una misura della capacità di risolvere problemi in contesti dinamici, segna un ulteriore passo indietro, poiché addirittura il 46% degli italiani si posiziona al livello 1 o inferiore, contro il 29% della media OCSE, e solo l’1% raggiunge le performance migliori.
Fattori determinanti e disparità
Le competenze degli adulti italiani riflettono significative disuguaglianze sociali, geografiche e demografiche. I giovani tra i 16 e i 24 anni mostrano competenze superiori rispetto agli altri, pur rimanendo sotto la media OCSE. Il livello di istruzione rappresenta un fattore determinante: chi ha un titolo di studio elevato registra risultati migliori, ma anche in questo caso il divario con altri paesi rimane evidente.
Un aspetto critico riguarda il contesto familiare: che ha genitori meno istruiti tende ad avere competenze inferiori, un chiaro segnale dell’influenza della situazione socio-economica. Sebbene le differenze di genere siano minime, gli uomini ottengono risultati leggermente migliori in numeracy rispetto alle donne, mentre in literacy le performance sono pressoché equivalenti.
Sotto il profilo geografico le competenze variano tra le regioni. Quelle del nord est presentano in literacy e numeracypunteggi più elevati rispetto alla media OCSE, mentre le altre aree, nord ovest, centro e soprattutto sud, sono nelle zone basse (o bassissime) delle classifiche. Riguardo al problem solving tutte le aree del Paese si trovano sotto la media OCSE, addirittura con il sud all’ultimo posto.
Il contesto globale
Nel panorama internazionale in testa si collocano Finlandia e Giappone, che eccellono in literacy e numeracy, con oltre i 290 punti, e anche nel problem solving (276 punti). Come si può osservare dai diagrammi, sotto la media si collocano stati come gli USA, la Francia e altre nazioni dell’UE.
Il confronto con la precedente indagine di un decennio fa pone in evidenza come l’alfabetizzazione degli adulti sia diminuita in sette stati, migliorando significativamente solo in Finlandia e Danimarca, inoltre queste, con Estonia e Paesi Bassi, hanno fatto progressi nelle competenze di calcolo. L’indagine mostra che le disuguaglianze si sono ampliate, specie nell’alfabetizzazione.
Le disparità mettono in risalto non solo differenze strutturali nei sistemi educativi, ma anche una mancanza di politiche di apprendimento permanente capaci di sostenere l’intera popolazione adulta. In relazione al primo elemento non sfugge la constatazione che paesi riconosciuti come significativi nel campo dell’istruzione, come Finlandia e Danimarca, siano nelle parti alte della classifica.
L’impatto sulla vita
Le competenze cognitive hanno un ruolo chiave nel determinare la crescita complessiva di una persona, nonché contribuiscono al successo economico e sociale degli individui e delle comunità. Esse influenzano il modo in cui le persone interagiscono nella società, contribuendo a una maggiore capacità di partecipazione civica e a un più alto senso di autostima e benessere personale; rafforzano inoltre la capacità di affrontare le sfide quotidiane: comprendere la realtà in cui si vive, interpretare le informazioni, orientarsi nelle scelte, anche in aspetti concreti come la gestione delle finanze personali, il rapporto con le tecnologie digitali, l’educazione dei figli e così via.
Facilitano poi l’accesso a migliori opportunità lavorative: chi possiede livelli più alti ha maggiori probabilità di essere occupato, percepire salari migliori e godere di una superiore qualità della vita.
Prospettive
Il divario tra competenze richieste per un’esistenza piena e quelle possedute è una barriera significativa in Italia, limitando le opportunità di crescita personale e dell’intera società.
Per affrontare queste sfide, è indispensabile un piano d’azione mirato. Il nostro Paese deve investire nel rafforzamento della formazione, sia scolastica sia permanente.
Ridurre le disparità regionali è altrettanto cruciale, puntando su iniziative che promuovano l’equità di accesso all’istruzione e alla formazione, specialmente nelle regioni del sud.
Si tratta di avere una visione strategica e attuare interventi mirati per costruire un futuro in cui le competenze degli italiani siano all’altezza delle sfide globali.
Per una scuola rinnovata
Un primo intervento indispensabile sarebbe da porre in atto nei confronti della scuola. Le esperienze di successo in altri paesi, come ad esempio quelli posti in evidenza dall’indagine, potrebbero fornire importanti indicazioni.
In primo luogo andrebbero ridotte le disuguaglianze, con un’offerta gratuita per le situazioni di svantaggio e con una forte attenzione all’equità educativa, potenziando ad esempio il tempo pieno e i servizi integrativi come mense, trasporti, attività extrascolastiche.
È necessario puntare su insegnanti preparati e valorizzati, attraverso una formazione di alto livello, anche sotto il profilo pedagogico, percorsi di aggiornamento e formazione continua; decidendo finalmente di incrementare stipendi e condizioni di lavoro per attirare personale sempre più di qualità e migliorare l’insegnamento.
Si dovrebbe agire anche sulle metodologie didattiche perché siano caratterizzate dal coinvolgimento attivo degli studenti e dall’interdisciplinarietà, insieme a una più forte personalizzazione per rispondere alle esigenze individuali.
Il clima scolastico è necessario sia sereno e positivo, motivante nel modo corretto, responsabilizzante.
La dotazione degli strumenti dovrebbe manifestare un equilibrio fra tradizionali supporti, quali i libri di testo, e le nuove tecnologie, in modo da trarre il massimo e il meglio da ciascuno di essi.
Sotto il profilo della valutazione è necessario puntare su una cultura del progresso e della curiosità di conoscere, con modalità di verifica che siano formative, senza una competizione eccessiva, con una ridotta enfasi sui voti, puntando ad esempio su valutazioni che valorizzino i miglioramenti nell’apprendimento.
Le istituzioni scolastiche dovrebbero essere maggiormente autonome nel gestire risorse e programmi per adattarli al contesto locale e agli studenti, valorizzando non solo il ruolo burocratico dei dirigenti, piuttosto il loro indispensabile compito di educatori.
Infine la tipologia degli indirizzi nella secondaria di secondo grado e i programmi di tutti i cicli andrebbero adeguati ai bisogni formativi del contesto nel quale le giovani generazioni vivono.