Il rapporto “Takers, Not Makers” pubblicato da Oxfam nel 2025 dipinge un quadro inquietante della disuguaglianza economica globale, evidenziando come l’accumulo di ricchezza da parte dell’élite miliardaria sia in gran parte il risultato di meccanismi ereditari, connessioni politiche e monopoli piuttosto che di merito e innovazione. Al centro di questa disuguaglianza si trova un sistema economico che continua a riprodurre le logiche coloniali del passato, privando il Sud globale di risorse e opportunità.
1. L’esplosione della ricchezza dei miliardari e la fine della lotta alla povertà
Il primo dato impressionante del rapporto è la crescita vertiginosa della ricchezza dei miliardari: nel 2024 la loro fortuna complessiva è aumentata di 2 trilioni di dollari, con 204 nuovi miliardari: quasi quattro ogni settimana. L’1% più ricco della popolazione mondiale ora possiede il 45% della ricchezza globale, una quota quasi speculare al 45% della popolazione mondiale che vive sotto la soglia di povertà definita dalla Banca Mondiale: avere meno di 6,85 dollari al giorno.
Nonostante la crescita economica globale, la povertà estrema non è diminuita in modo significativo dagli anni ‘90. Continuando con l’attuale modello di sviluppo, il rapporto prevede che ci vorrà più di un secolo per eliminare la povertà, mentre se si riducesse la disuguaglianza, il tempo necessario potrebbe essere di soli 20 anni.
L’incremento delle fortune miliardarie è avvenuto attraverso ereditarietà, favoritismi politici e monopoli economici, e non grazie a innovazione e produttività. Il 36% della ricchezza miliardaria è ereditata e, nel 2023, per la prima volta nella storia, il numero di nuovi miliardari ereditieri ha superato quello degli imprenditori self-made. Il 6% della ricchezza miliardaria deriva dal clientelismo politico e dal supporto dei governi per garantire contratti e favori economici. Il 18% è frutto di monopoli, che consentono a poche aziende di dominare interi settori, soffocare la concorrenza e imporre prezzi esorbitanti.
Questi dati mostrano che gran parte della ricchezza mondiale non è generata da meriti individuali, ma è accumulata attraverso meccanismi di estrazione della ricchezza da lavoratori e consumatori.
2. L’ombra del colonialismo sul sistema economico
Per comprendere la disuguaglianza odierna, il rapporto sottolinea il ruolo cruciale del colonialismo, passato e presente. Le potenze europee hanno accumulato enormi ricchezze attraverso lo sfruttamento delle risorse naturali e della forza lavoro nei territori occupati, lasciando un’eredità di sottosviluppo e dipendenza economica che persiste ancora oggi.
Un caso emblematico è l’India, che sotto il dominio britannico ha subito una perdita di ricchezza stimata in oltre 64 trilioni di dollari tra il 1765 e il 1900, la gran parte arrivata nelle tasche del 10% più ricco del Regno Unito.
Anche dopo la decolonizzazione formale, il colonialismo economico è continuato sotto nuove forme. In primo luogo il debito, che costa oggi quasi il 50% dei bilanci di molti paesi ex coloniali; poi il controllo delle istituzioni globali: il G7 detiene il 41% dei voti nel FMI e nella Banca Mondiale, mentre, ad esempio, paesi come l’Etiopia hanno 180 volte meno potere di voto rispetto al Belgio in questi organismi. Infine il saccheggio finanziario: nel 2023, il Sud globale ha trasferito oltre 263 miliardi di dollari al Nord attraverso il sistema finanziario.
Tali meccanismi continuano a trasferire ricchezza dai paesi più poveri a quelli più ricchi, perpetuando un’asimmetria economica che affonda le radici nel colonialismo storico.
3. Disuguaglianze di genere ed etniche
Il rapporto evidenzia che il colonialismo ha lasciato un’impronta profonda non solo in termini economici, ma anche nelle disuguaglianze sociali e di genere.
Le donne nel Sud contribuiscono con 12,5 miliardi di ore di lavoro non retribuito ogni giorno, un valore stimato di 10,8 trilioni di dollari all’anno, tre volte il valore dell’intera industria tecnologica globale; in Australia il reddito medio degli aborigeni è ancora inferiore del 28% rispetto a quello della popolazione bianca; in Sudafrica, i bianchi guadagnano ancora tre volte di più dei neri, nonostante la fine dell’apartheid.
Tali disuguaglianze non sono casuali, ma sono il risultato di secoli di politiche economiche e sociali che hanno sistematicamente favorito le élite a scapito delle popolazioni indigene e delle donne.
4. Proposte per un mondo più equo
Il rapporto indica azioni concrete per invertire questa tendenza e ridistribuire la ricchezza in modo più equo. Le soluzioni suggerite sono molteplici. Una tassa globale sulla ricchezza per ridurre l’accumulo eccessivo; riparazioni economiche per i paesi e i popoli sfruttati durante il colonialismo; una governance economica globale più inclusiva, con riforme nel FMI, nella Banca Mondiale e nell’ONU per dare più potere decisionale ai paesi del Sud globale; la regolamentazione dei monopoli e delle multinazionali, per evitare concentrazioni eccessive di potere; politiche di giustizia sociale e di genere, che garantiscano salari equi, accesso all’istruzione e servizi sanitari per tutti.
La situazione italiana
L’Italia di oggi: tra disuguaglianza, povertà e ricchezza immeritata
In un mondo sempre più segnato da profonde disuguaglianze, l’Italia non fa eccezione. Il rapporto Oxfam 2025 “Povertà ingiusta e ricchezza immeritata” traccia un quadro allarmante della situazione economica e sociale del nostro Paese, evidenziando come il divario tra ricchi e poveri sia diventato una frattura strutturale, capace di condizionare il futuro di milioni di persone.
L’accumulazione della ricchezza è sempre più concentrata nelle mani di pochi, mentre una crescente parte della popolazione vede ridursi il proprio potere d’acquisto, le proprie prospettive e il proprio accesso a servizi essenziali.
Un Paese diviso: chi ha di più, prende ancora di più
Oxfam ci mette di fronte a un dato inquietante: il 5% più ricco degli italiani possiede quasi la metà della ricchezza nazionale (47,7%): l’economia italiana premia sempre più chi è già avvantaggiato, lasciando chi si trova in difficoltà a lottare con crescenti ostacoli.
Non si tratta solo di una questione economica, ma di una trasformazione profonda delle opportunità disponibili per i cittadini. In Italia, la ricchezza si eredita più di quanto si crei, con patrimoni che passano di generazione in generazione senza una reale redistribuzione. Questo fenomeno porta alla nascita di un’aristocrazia economica, in cui chi nasce ricco ha molte più probabilità di rimanere tale, mentre chi nasce povero fatica enormemente a migliorare la propria condizione.
Le disuguaglianze non riguardano solo il patrimonio, ma anche il lavoro. Il rapporto conferma come i salari reali siano rimasti stagnanti, mentre il costo della vita è aumentato. L’inflazione, in particolare sui beni essenziali come energia e alimentari, ha colpito più duramente le famiglie a basso reddito, riducendo la loro capacità di sostenere le spese quotidiane.
Lavoro precario e salari bassi: il sogno italiano in frantumi
Se un tempo l’ascensore sociale funzionava e il lavoro garantiva stabilità, oggi la situazione è ben diversa. La precarizzazione del lavoro è diventata la norma, con contratti a breve termine e stipendi che spesso non bastano per condurre una vita dignitosa.
Il rapporto denuncia una serie di questioni. Il lavoro precario e sottopagato colpisce in particolare i giovani e le donne, che hanno molte meno possibilità di accedere a impieghi stabili e ben retribuiti; le tutele per i lavoratori sono sempre più deboli, con una crescita di lavori mal pagati e senza garanzie, soprattutto nel settore dei servizi; il costo della vita aumenta molto più velocemente dei salari, lasciando intere fasce della popolazione in una condizione di insicurezza economica.
Questa situazione porta a un crescente senso di frustrazione e sfiducia. Sempre più giovani scelgono di emigrare, alla ricerca di migliori opportunità, mentre chi resta affronta un futuro incerto, in cui la casa, la famiglia e la stabilità economica diventano obiettivi sempre più difficili da raggiungere.
Una politica fiscale ingiusta: chi ha di più paga di meno
Uno dei problemi più gravi evidenziati dal rapporto è l’iniquità del sistema fiscale italiano, che spesso premia i più ricchi invece di ridurre le disuguaglianze.
Oxfam sottolinea che le grandi ricchezze e le eredità sono tassate molto meno che in altri Paesi europei, permettendo a chi possiede di più di conservare ed espandere il proprio patrimonio senza una reale redistribuzione. Il carico fiscale è sbilanciato, con una pressione maggiore sui redditi da lavoro rispetto a quelli da capitale, inoltre le misure contro la povertà sono spesso inadeguate, frammentarie e soggette a strumentalizzazione politica, invece di essere parte di una strategia strutturale per ridurre le disuguaglianze.
Una delle questioni più controverse è quella dell’autonomia differenziata, che rischia di amplificare il divario tra Nord e Sud. Il rapporto definisce queste politiche una sorta di «SpaccaItalia», in cui le regioni più ricche finiscono per avere maggiori risorse e servizi, lasciando indietro quelle più povere.
Le proposte di Oxfam
Di fronte a questa situazione, Oxfam lancia un appello per un cambiamento radicale, proponendo una serie di misure per costruire un’Italia più equa e inclusiva. Ecco le principali raccomandazioni.
L’introduzione di una tassa sui super-ricchi, per redistribuire il benessere in modo più equo e finanziare politiche sociali; una riforma del sistema fiscale, eliminando le agevolazioni ingiustificate per le grandi fortune e garantendo un contributo proporzionale alla ricchezza; il miglioramento delle condizioni lavorative, attraverso salari più alti, maggiori tutele per i lavoratori e il rafforzamento dei contratti stabili; investimenti pubblici nelle regioni meno sviluppate, per ridurre il divario tra Nord e Sud e garantire servizi equi su tutto il territorio nazionale; un welfare più inclusivo, che non discrimini chi ha bisogno di aiuto, ma fornisca supporto a tutte le fasce vulnerabili della popolazione.
Senza un’inversione di rotta, il nostro Paese rischia di diventare sempre più diviso, con una parte della popolazione che accumula ricchezze smisurate e un’altra che lotta per arrivare alla fine del mese. Non è solo una questione di economia, ma di giustizia sociale: un’Italia più equa è possibile, ma servono scelte politiche coraggiose e una maggiore consapevolezza collettiva.