Chico Mendes: se il seme non muore…

Il personaggio

Un seringueiros con gli occhi aperti

Il 22 dicembre 1988 Chico Mendez venne assassinato.

Francisco Alves Mendes Filho nacque il 15 dicembre del 1944 a Xapuri, nello stato di Acre, situato alle propaggini occidentali del Brasile in territorio amazzonico, in una famiglia di seringueiros, di raccoglitori di caucciù, mestiere che Chico praticò dall’età di nove anni. Il termine seringueiros deriva dal nome portoghese dell’albero della gomma: Hevea brasiliensis.

Nella foresta, ovviamente, non c’erano scuole, ma imparò a leggere e scrivere da un intellettuale rifugiatosi in quella zona sperduta per sfuggire alla dittatura militare che governò il grande paese sudamericano dal 1964 al 1985, e ospitato dalla famiglia Mendes.

Il giovane comprese presto quanto stava accadendo nella sua terra, con il disboscamento e lo sfruttamento della foresta per impiantare fabbriche e sfruttare il territorio da parte di voraci multinazionali, e decise di impegnarsi contro tutto ciò, ispirato anche dal contatto con i missionari Servi di Maria, divulgatori del messaggio sociale del Concilio, dai quali aveva imparato che in politica servono idee chiare, ma anche l’attenzione alla persona.

L’interesse economico sull’Amazzonia iniziò nel 1970 con il varo, da parte del governo federale brasiliano, del piano di integrazione nazionale (PNI), un ambizioso progetto di utilizzo della foresta per attrarre costruttori, allevatori di bestiame, compagnie di legname e coloni, a scapito delle popolazioni locali e dell’ambiente.

Sindacalista

Nel 1975 Chico Mendes divenne segretario generale del Sindicato dos Trabalhadores Rurais (Sindacato dei lavoratori rurali), iniziando una lunga e aspra battaglia contro chi sottraeva le terre alle popolazioni locali e distruggeva parte del polmone verde del pianeta. Organizzò dunque manifestazioni di protesta pacifiche, come le empate, scioperi con il presidio dei terreni, che interrompevano la produzione e recavano un danno economico ai padroni, toccandoli nel loro lato più sensibile: il profitto. Le azioni intraprese fecero crescere il Sindacato, che divenne il più importante dello stato di Acre, e riuscirono a salvaguardare vaste aree della foresta che vennero dichiarate reservas extravistas, dove i lavoratori rurali poterono proseguire nella raccolta di lattice di gomma, frutta, sementi oleose, essenze medicinali e fibre vegetali. Tali riserve erano una sorta di “spazi condominiali”, dei quali nessuno diventava proprietario, ma dove tutti, secondo l’occupazione tradizionale della terra, avevano il diritto di estrarre i prodotti.

L’attività politica

Nello stesso periodo si impegnò direttamente in politica, iniziando dal consiglio comunale del suo paese, del quale sarà presidente dal 1979, sperimentando una trasformazione dell’istituzione in una sorta di assemblea permanente aperta alle componenti politiche, sociali e religiose della città, creando non poche perplessità persino nel suo partito, il Movimento Democrático Brasileiro.

Da quel momento Mendes iniziò a essere prudente, ad esempio non uscendo mai da solo durante la notte e non comunicando gli itinerari dei suoi spostamenti: infatti per la sua attività erano iniziate le prime minacce da parte dei possidenti della zona e repressioni violente delle manifestazioni, con carcerazioni e torture, dei quali anche lui fu vittima.

Un altro modo per minacciarlo fu, nel 1980, l’arresto e il processo per il presunto omicidio di Wilson Pinheiro, leader sindacale di un’altra organizzazione; il processo però si rivelò una montatura, infatti in seguito furono condannati 40 possidenti della zona. Nei tre anni successivi affrontò due ulteriori vicende giudiziarie per istigazione alla violenza: prosciolto in entrambi per insufficienza di prove.

Nello stesso anno partecipò alla nascita del Partido dos Trabalhadores (Partito dei lavoratori), che fece da sponda politica alle rivendicazioni della CUT (Central Única dos Trabalhadores), la federazione sindacale nazionale, della quale, nel 1981, venne eletto segretario di Xapuri, carica che mantenne fino alla morte pur continuando l’attività politica nel Partito. Nel 1985 fu il leader del primo congresso nazionale dei seringueiros, nel quale fu creato il Conselho Nacional do Seringueiros, il soggetto politico e sindacale che ebbe il merito di far conoscere la situazione e le rivendicazioni delle popolazioni indigene e dei lavoratori dell’Amazzonia, nonché di portare alla ribalta internazionale Chico Mendes.

L’interesse internazionale

Nel 1987 una delegazione dell’ONU si recò a Xapuri per verificare le accuse rivolte alle finanziarie statunitensi di realizzare progetti di disboscamento che causavano la disoccupazione forzata dei seringueiros, l’esilio forzato dei contadini indios e un danno ecologico di dimensioni planetarie; seguì una campagna di sensibilizzazione e di iniziative negli Stati Uniti, durante la quale Mendes parlò anche di fronte al Senato americano, che ebbe come risultato il ritiro degli investimenti in Amazzonia da parte della Bank of Interamerican Development. Le cronache descrivevano questo piccolo indio della foresta che andava a Washinton a parlare al Congresso con il vestito buono, prestato da un amico, e che, nel viaggio aereo, chiedeva alla hostess quanto costasse lo spuntino appena ricevuto, poiché in tasca aveva solo «pochi cruzeiros».

La morte

Nel 1988 durante il terzo congresso della CUT Chico Mendes espose la tesi congressuale «In difesa del popolo della foresta» davanti ai 6.000 delegati che lo elessero segretario generale per acclamazione e denunciò i misfatti della UDR, l’União Democrática Ruralista (Unione democratica rurale), un sindacato appena sorto, che aveva effettuato azioni paramilitari in tutto lo stato e minacciato lo stesso Mendes.

Nel dicembre di quell’anno si attivò per far riconoscere il seringal Cochoeira, adiacente a Xapuri, una riserva estrattiva, sfidando la famiglia di latifondisti locali Alves da Silva, che reclamava la proprietà della terra illegalmente acquisita da piccoli proprietari locali. Il 22 del mese, dopo aver ricevuto le ennesime minacce di morte, Chico Mendes fu colpito vicino alla veranda posteriore della sua casa, morendo subito dopo.

La ricerca dei colpevoli si scontrò con l’omertà, il senso di impunità diffuso nell’area verso i potenti proprietari terrieri e la corruzione nelle istituzioni locali. Le forti pressioni internazionali e nazionali, dovute alla rilevanza acquisita da Mendes, riuscirono a portare il caso in tribunale due anni dopo. Nel dicembre del 1990 Darli Alves da Silva fu condannato a 19 anni di reclusione per essere stato riconosciuto il mandante dell’omicidio e suo figlio ebbe la stessa pena come esecutore materiale.

Quello di Chico Mendes fu uno dei tanti assassinii di esponenti del movimento di difesa dell’Amazzonia, ma certo il più conosciuto. Come i riflettori si spensero sulla sua vicenda gli omicidi continuarono e Darli Alves da Silva vide la condanna annullata nel processo d’appello svoltosi nel 1992.

Nel 1998, dieci anni dopo la sua morte, il movimento dei seringueiros si unì a quello degli indios e insieme diedero vita al Movimento dei popoli della foresta, una delle tante eredità del nostro testimone.

 

 

Il commento

Testimone della sua terra

Pensare globale e agire locale è uno dei principi vissuti da Chico Mendes, insieme a tanti altri, come l’essere diventato sindacalista e politico attraverso dirette e faticose esperienze di vita e di lavoro, espressione e simbolo del territorio, vero rappresentante della propria comunità. Naturalmente quello che colpisce maggiormente è la sua morte: assassinato a causa di ciò in cui credeva e per il quale si batteva.

Di lui si iniziò a parlare, come abbiamo visto, anche prima della tragica scomparsa. I media brasiliani e internazionali iniziarono a recarsi, con i loro inviati, i microfoni e le telecamere, in quell’angolo sperduto, per incontrarlo, parlare di lui e della “sua” Amazzonia.

Attraverso le persone che lo incontrarono emerge un ritratto ricco di spunti.

Un grande piccolo indio

Molti rimasero colpiti, già alla prima occasione, dall’intensità dello sguardo, dalla forza della sua stretta di mano, dal calore delle relazioni, dalla stima manifestata da quanti lo conoscevano. Un’energia che derivava dal lavoro intrapreso da bambino, dalla durezza della vita nella foresta per trarre da lei il necessario per vivere.

Appariva, ed era, un uomo semplice e curioso, che osservava ciò che lo circondava e il mondo con gli occhi dell’utopia, con prospettive di lungo respiro: partite dalla sua “casa”, ma con un orizzonte molto più ampio. Possedeva una visione lungimirante, capace di trasformare una lotta locale, originariamente sindacale e mirata a un ambito circoscritto, in una grande battaglia internazionale contro la distruzione del pianeta e per i diritti dei lavoratori.

Ma quali erano le sue convinzioni?

Vivere nella foresta

La concezione dell’Amazzonia era di una foresta primordiale, di una natura in simbiosi con l’uomo, nella quale entrambi potessero crescere in armonia; per questo si batté fin da subito per fermare la deforestazione e lo sfruttamento del grande patrimonio verde del sud America, promuovendo un’unione tra i seringueiros, creando aree protette gestite da comunità locali. Per lui la sintonia e la capacità di collaborare erano importanti anche nelle relazioni: solo insieme i problemi possono essere risolti. Per questo al suo fianco si schierarono contadini, indios, sindacalisti, preti e politici, persone accomunate dall’impegno per proteggere uno dei grandi patrimoni dell’umanità, perché non avesse padroni che lo sfruttassero, bensì abitanti che insieme ci vivessero in libertà.

Nel merito della situazione concreta nella foresta non credeva che il raccolto del caucciù fosse sostenibile da solo, era necessario sviluppare un sistema più olistico e cooperativo, basato su una varietà di prodotti da raccogliere e sulla costruzione di comunità forti, con elementi decisivi quali un notevole spirito di appartenenza, capacità di collaborazione, un’educazione di qualità per i figli, un approccio responsabile verso l’ambiente.

Sapeva bene, poi, che la sua gente avrebbe avuto grandi difficoltà a resistere alla mondializzazione del mercato, che stabiliva altrove i prezzi dei prodotti della foresta: secondo lui solo organizzandosi sarebbe stato possibile resistere.

L’attenzione per il suo territorio non lo limitava, ma, anche grazie ai viaggi e ai contatti internazionali, covava ad esempio la speranza che un giorno anche gli altri seringueiros avrebbero potuto viaggiare, visitare Washington come lui, oppure conoscere il modo di lavorare in altre nazioni.

Un movimento di donne

Chico Mendes credeva anche fermamente nel rispetto e nella valorizzazione della donna. Sulla scia del suo impegno le donne dell’Amazzonia hanno saputo superare i confini degli stati e dato vita a un movimento, realizzando incontri tra boliviane, peruviane, ecuadoregne, venezuelane e, naturalmente, brasiliane, movimento che ha condotto molte all’attività politica e a essere elette nelle amministrazioni locali e nei parlamenti nazionali.

Insieme contro la violenza

La sua militanza fu sempre caratterizzata dal fare con gli altri, dalle comunità di base al sindacato e alla politica: sapeva che le convinzioni e le azioni personali sono importanti, ma producono risultati solo se elaborate e vissute insieme agli altri. Al centro del suo impegno erano presenti due capisaldi: la persona e l’ambiente. Le persone perché vivessero bene, avessero i mezzi di sussistenza e per crescere; l’ambiente perché fosse rispettato e salvaguardato.

Lui e gli altri come lui si scontravano con la violenza delle strutture contro cui si battevano e si domandavano come far convivere comportamenti non violenti, quale la già citata empate, con le azioni armate dei latifondisti e della polizia. L’interesse internazionale che si concentrò su Mendes, come difensore della foresta e dei suoi abitanti, e il suo ruolo di leader, lo fecero anche diventare l’obiettivo principale degli oppositori. Ma non lo frenarono.

Il suo messaggio finale è dunque il “pagare di persona”, il non fermarsi di fronte a qualsiasi difficoltà e a qualsiasi rischio, anche quello di perdere la vita.

Anche oggi

La testimonianza di Chico Mendes è sempre attualissima, in particolare nel presente, con le politiche avviate dal governo brasiliano e dal suo presidente nei confronti dell’Amazzonia, il continuo sfruttamento del territorio, e, sulla scia del nostro testimone, ancora oggi si continua a guardare alla sua terra e a gridare con lui «la nostra casa è in fiamme».

 

 

Le fonti

Un modo per approfondire la figura di Chico Mendes è leggere uno dei libri scritti su di lui: Chico Mendes. Un sindacalista a difesa della natura, di Gianni Alioti; Chico Mendes, difensore dell’Amazonia di Davide Morossinotto; Fermo come un albero, libero come un uomo di Miriam Giovanzana; Chico Mendes di Gad Lerner; Chico Mendes. Una vita per l’amazzonia a cura di Aldo Marzi; Chico Mendes e la lotta dei seringueiros dell’Amazzonia di Vittorio Bonanni.

Sul nostro personaggio è stato realizzato un film intitolato Il fuoco della resistenza – La vera storia di Chico Mendes (The Burning Season: The Chico Mendes Story), prodotto per la televisione nel 1994 e diretto da John Frankenheimer, basato sul romanzo La stagione di fuoco – L’assassinio di Chico Mendes e la lotta per salvare l’Amazzonia di Andrew Revkin.

La documentazione video sul nostro testimone non è ampia. Una breve biografia filmata, in lingua inglese, è disponibile qui.

La vita e la morte di Chico Mendes hanno ispirato artisti di tutto il mondo. Tra i tanti brani musicali citiamo Ricordati di Chico dei Nomadi, Cuando los ángeles lloran (Quando gli angeli piangono) dei Manà, How many people di Paul McCartney.

Nel 2013 una specie di piccolo passero brasiliano, appena scoperta in Amazzonia, fu chiamata in suo onore Zimmerius chicomendesi.

Luis Sepúlveda gli ha dedicato il romanzo Il vecchio che leggeva romanzi d’amore.

In tante parti del mondo varie realtà si sono ispirate a Chico Mendes e molte portano il suo nome. In Italia vi sono parchi, strutture sportive, piste ciclabili e targhe in suo onore. Sono intitolate a lui anche alcune cooperative: una ha sede a Milano e si occupa di commercio equo e solidale da oltre 30 anni, un’altra, di Modena, ha la stessa mission da una ventina.

 

Non molte frasi di Chico Mendes sono state riportate, ma le poche sono indubbiamente ricche di significato e aiutano a comprenderne la figura.

«All’inizio pensai che stavo combattendo per salvare gli alberi della gomma, poi ho pensato che stavo combattendo per salvare la foresta pluviale dell’Amazzonia. Ora capisco che sto lottando per l’umanità.»

[Sulla deforestazione amazzonica] «Non possiamo rimanere in silenzio di fronte a tanta ingiustizia.

Sono diventato ecologista molto tempo prima di aver mai sentito questa parola.»

«L’ambientalismo senza lotta di classe è giardinaggio.»

«La nostra lotta è per la difesa dell’albero della gomma; e questa lotta continueremo fino alla fine, perché non permetteremo che le nostre foreste vengano distrutte.»

«Raccoglitori di gomma, indiani, abitanti del fiume occupano la foresta da moltissimo tempo. Non l’hanno mai minacciata. Chi la minaccia sono i progetti agricoli, i grandi disboscatori e le centrali idroelettriche con le loro alluvioni criminali.»

In merito alla professione di seringueiro, dura e pericolosa, diceva: «bisogna alzarsi alle due o alle tre del mattino e la presenza delle pantere, dei serpenti e di insetti velenosi richiede professionalità e organizzazione. Ma era sempre meglio che nelle città, invivibili e caotiche dove bisogna pagare tutto, anche l’acqua che il buon Dio ci ha dato gratuitamente.»

«Esprimo preoccupazione per gli ultimi avvenimenti relativi ai pistoleros Darli e Alvarino Alves, entrambi proprietari della fazenda Paraná a Xapuri. Un mandato di arresto per i citati pistoleros fu spedito nel mese di settembre dall’Eccellentissimo signor giudice del Distretto di Umuarama, ma non ha trovato ancora esecuzione. Ora sono obbligato a muovermi con due guardie del corpo perché Darli e Alvarino dicono che si consegneranno alla giustizia solo dopo avermi visto morto. I loro sicari si muovono in tutta Xapuri minacciando costantemente chiunque.»

«Se un inviato scendesse dal cielo e mi assicurasse che la mia morte avrebbe rafforzato la nostra lotta, ne varrebbe la pena. Ma l’esperienza ci insegna il contrario. Quindi voglio vivere. Un atto pubblico e numerose sepolture non salveranno l’Amazzonia. Voglio vivere.»

«Non voglio fiori al mio funerale, perché so che li tireranno fuori dalla foresta.»