Artigiani per un popolo della pace

Improvvisamente, incredibilmente, il 24 febbraio scorso ci siamo trovati con una colonna di carri armati russi che invadeva l’Ucraina. Putin enunciò una serie di ragioni e poi passò alle vie di fatto che stanno ancora generando morti, devastazioni, sofferenze, miseria dopo quasi un anno.

Contemporaneamente ci siamo trovati gli “Arsenali” pieni di gente e di materiali, come per respingere, ostacolare la guerra. Occorreva fare qualcosa.

Cosa è successo?! È successo quello che negli anni ‘90 era già avvenuto nei Balcani e che avviene da molti anni in tante parti del mondo. In Ucraina ci ha coinvolti tutti molto da vicino. La Russia ha invaso come se la ragione, qualora l’avesse, si potesse affermare sparando agli altri. 

L’Europa ha reagito inviando armi. Continuiamo a vedere lontana la pace. 

Come si fa ad ostacolare un prevaricatore che uccide, invade, impone, devasta, senza armi? Si poteva forse cedere, pavidi, di fronte ad un “simil Hitler” che in nome della supremazia della sua gente, “incorrotta” dall’occidente decadente, decide di usare le armi per affermare le proprie ragioni? 

E, pian piano, ci stiamo accorgendo che per l’ennesima volta si va verso una stagnazione senza vinti né vincitori, sperando che finiscano almeno le cartucce! 

Si poteva far diversamente? 

Una cosa è certa: bisogna fare qualcosa per ottenere degli obiettivi di pace e questi hanno un costo. E farlo ben prima che sia troppo tardi. 

Pensare che non si può solo sfruttare i poveri del mondo, sperando che questi un bel giorno non si ribellino, non emigrino, non progrediscano, accorgendosi che li sfruttiamo e facciano vacillare il nostro benessere. E che cosa dobbiamo dire di molti di noi italiani che, stanchi dalla politica, non andiamo nemmeno più a votare? 

All’inizio della Bibbia, come per introdurci correttamente nella sua lettura e quindi nella vita, leggiamo che il Signore, dopo aver gradito maggiormente l’offerta di Abele rispetto a Caino, disse a Caino: «Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dominalo». Quindi, credere che possiamo migliorarci, è ragionevole, possibile? Credere che Isaia ha ragione nel dire che le armi saranno cambiate in strumenti di lavoro, è utopia raggiungibile, nonostante tutto?

Si dice che il nostro aiuto, l’impegno della povera gente positivamente orientata, è una goccia nel mare. Il mare non sarebbe tale senza la nostra goccia. Ma siamo riusciti davvero a fare un mare! Grazie al coinvolgimento di migliaia di persone siamo riusciti ad inviare 1.500 tonnellate di materiali pregiati come ambulanze, farmaci, tecnologie per la sopravvivenza, cibo. E si continua. Questo è un dato incontestabile. Quanta gente ha dato ore, giorni, perché questi materiali potessero partire! Quanta gente dell’Ucraina abbiamo incontrato!? Quanti russi fuggiti in Georgia per paura o per non dover sparare nel Donbass, abbiamo aiutato!

Questo materiale è arrivato al Sermig, per caso? È avvenuto perché c’è a Torino un Arsenale della Pace che non ha smesso di operare dal 2 agosto del 1983 ed ora ha fatto da catalizzatore di tutte le gocce del mare del bene. 

Non è perché da sempre lavoriamo con missioni di pace in scenari di guerra in tutto il mondo portando medicine, aiuti di prima necessità?

Non è perché stiamo costantemente in dialogo con la gente del mondo che ha bisogno di sviluppo per non dover fuggire, vedere i figli morire di fame?

Non è perché ci riempiamo gli arsenali di ospiti che non ce la fanno a vivere in questa società che scarta e annichilisce?

Gandhi ha liberato l’India dagli inglesi senza sparare un colpo perché gli indiani erano tutti di spirito nobile, impegnato, generoso, responsabile?

Martin Luther King, con le sue marce, le sue adunate, diede un colpo duro alla supremazia bianca perché i neri che erano con lui erano eccezionali rispetto a noi?

Non credo. Con loro c’erano intoccabili, paria della società, gente senza cultura disperati. 

Non è che nelle persone ci sono delle energie grandi, lo Spirito Santo per chi crede, in grado di compiere imprese diverse e superiori da quelle dello scannarsi reciprocamente?

Bisogna tenere in moto un popolo per la pace: lavorare come artigiani, ogni giorno, perché non si perda, cresca. 

Questo è noto da tempo, ma troppo spesso pensiamo che tutto proceda per inerzia, salvo poi accorgerci, come Caino, di tenere la testa china, senza speranza. 

È il popolo la culla della speranza: da qui possono nascere nefandezze e gloria a seconda di come una goccia di speranza ci cada dentro ogni giorno.

Serve il profeta che alzi una vela per raccogliere il soffio dello Spirito di quell’umanità che apparentemente sembra andare da tutt’altra parte e mettere in moto il vascello della pace.

Rinaldo Canalis