Aldo Moro: la politica del dialogo

Il quattro dicembre di sessant’anni fa nacque il primo governo cosiddetto di centro-sinistra, presieduto da Aldo Moro. Da segretario della Democrazia cristiana nell’VIII congresso, svoltosi nel 1962, egli convinse la maggioranza del partito ad aderire a un progetto di coinvolgimento di alcuni partiti della sinistra nell’esecutivo del Paese. Si formò così il gabinetto guidato da Amintore Fanfani, composto da Dc, Partito Repubblicano e Partito Socialista Democratico, con un programma concordato anche con il contributo del Partito Socialista. Alle fine del 1963 il nuovo governo vide Moro stesso come primo ministro e il Psi nella maggioranza con Pietro Nenni, l’allora segretario del partito, come vicepresidente.

Furono anni in cui si realizzarono importanti riforme, e la presenza dei socialisti alla guida fu un caso unico, per l’epoca, in Europa.

La storia di Moro si intreccia con quella dell’intera Italia, dalla Costituente al suo assassinio.

La vita

Aldo Moro nacque a Maglie, in provincia di Lecce nel Salento non lontano da Otranto, il 23 settembre del 1916; il padre Renato era ispettore scolastico e sua madre, Fida Stinchi, era insegnate di scuola elementare. Dopo la maturità classica conseguita nel liceo di Taranto si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza all’Università di Bari, dove si laureò col massimo dei voti nel 1938. Divenne subito assistente volontario e in seguito segretario del rettore, che era stato il suo relatore della tesi. Dal 1940 fino all’ottenimento della cattedra in diritto penale fu professore incaricato e in seguito libero docente, tenendo molti corsi nell’ateneo barese e pubblicando apprezzati testi accademici. Nel 1945 si sposò con Eleonora Chiavarelli e insieme ebbero quattro figli.

Nello stesso periodo, a partire dal 1942 in pieno regime fascista e durante la guerra, iniziò a incontrarsi clandestinamente con altri esponenti del movimento cattolico con i quali, tra l’altro, discusse e approvò un documento redatto da Alcide De Gasperi intitolato Le idee ricostruttive della Democrazia Cristiana considerato l’atto di fondazione del partito. In esso Moro mostrò il suo orientamento sociale, aderì alla componente che faceva riferimento a Dossetti, poi denominata “sinistra DC”. Nel 1945 divenne direttore della rivista Studium, fu eletto presidente del Movimento laureati di azione cattolica e l’anno seguente fu eletto vicepresidente del partito e all’Assemblea costituente.

Alle prime elezioni politica nel 1948 divenne deputato e sottosegretario agli esteri nell’esecutivo guidato da De Gasperi. Da allora fu sempre rieletto alla Camera e fu più volte ministro e capo del governo. Come capo del dicastero dell’istruzione, nel periodo 1956/58, promosse lo studio dell’educazione civica, elaborò un programma decennale per rendere effettivo il diritto alla scuola con la costruzione di nuovi edifici, borse di studio e misure di assistenza; sfruttò poi la televisione, che muoveva i primi passi, per un’iniziativa di alfabetizzazione con la trasmissione Non è mai troppo tardi curata dal maestro Alberto Manzi.

Per conciliare gli impegni accademici con quelli politici ottenne il trasferimento all’Università di Roma nella Facoltà di Scienze Politiche come docente di Istituzioni di Diritto e Procedura penale. È da sottolineare che non venne mai meno al suo ruolo di insegnante, che mantenne sino alla morte.

Come già accennato, nel 1963 guidò il primo governo di centro sinistra divenendo inoltre in più giovane presidente del consiglio fino ad allora nella storia della Repubblica.

Negli anni successivi vi furono molti eventi politici di rilievo, come la caduta del suo esecutivo nel 1964, il rischio di un colpo di stato previsto dal cosiddetto “Piano Solo”, il susseguirsi di governi, anche con Moro protagonista, la proposta di programmi ambizioni realizzati solo in piccola parte, le dimissioni del presidente Antonio Segni per motivi di salute.

Il terzo esecutivo guidato da Moro, in carica dal febbraio 1966 al giugno ’68, batté l’allora record di durata e rimane tra i più longevi della storia repubblicana e vide, tra l’altro, la realizzazione del decentramento regionale, previsto dalla Costituzione, dopo vent’anni.

Nel 1971 alle elezioni per la presidenza della Repubblica egli fu proposto come candidato nell’assemblea dei degli elettori democristiani, ma prevalse di misura il più conservatore Giovanni Leone, che divenne Capo dello Stato. La stagione degli esecutivi di centro sinistra si interruppe per far spazio al “centrismo”, che durò solo fino al 1973 allorquando nel XII congresso della DC fu approvato un documento favorevole a un ritorno alla formula del centro sinistra.

Il quarto governo guidato da Moro avviò un dialogo con il Partito Comunista che aveva come segretario Enrico Berlinguer, tale dialogo proseguì nella convinzione di Moro che per affrontare i problemi di quegli anni e per coinvolgere l’ampio numero di cittadini che facevano riferimento a quel partito fosse necessario proseguire con un allargamento “a sinistra” del quadro politico nazionale, concependo l’idea di dar vita a governi di “solidarietà nazionale” con il contributo anche del PCI.

Il 16 marzo del 1978, giorno in cui veniva presentato il nuovo esecutivo guidato da Giulio Andreotti, l’auto che trasportava Moro fu intercettata da un gruppo delle Brigate Rosse che, uccisi tutti i componenti della scorta, rapirono il leader della DC tenendolo prigioniero per 55 giorni dopo i quali lo assassinarono.

Il commento

Di Aldo Moro si dice che fosse un uomo colto, raffinato e onesto, il cui impegno di docente e politico era fortemente ispirato dalla sua fede. Ma Aldo Moro pensava che il cristiano dovesse essere una persona dedicata alla politica in quanto persona e non in quanto cristiano.

La sua figura è indubbiamente centrale nella storia italiana del secondo dopoguerra.

La Costituente

L’esperienza del giovane professore nell’Assemblea che ha redatto la Carta è da considerarsi centrale per comprendere la sua filosofia politica e la sua azione. Il primo elemento è la lungimiranza, il guardare lontano, la visione di lungo periodo, il secondo è la concretizzazione di un progetto di stato democratico e sociale che può realizzarsi solo col contributo più ampio possibile delle componenti sociali e politiche del Paese, non con sterili radicalismi, ma con un paziente confronto.

Malgrado l’età il suo contributo nell’elaborazione della Costituzione è stato significativo, sia per il ruolo svolto nella Commissione dei 75, sia per gli interventi in assemblea, il cui scopo era di considerare sempre il profilo generale del testo, i principi fondamentali e soprattutto i valori da esprimere.

Il politico

La sua visione politica era centrata sulla necessità di aggregare il più vasto consenso politico e sociale attorno a principi e programmi, coinvolgendo i grandi soggetti collettivi presenti in Italia. Per lui lo stato dovrebbe essere autenticamente “del popolo”, un’autentica democrazia quindi, nella quale ogni singola persona, che è al centro, e i gruppi sociali contribuiscono al suo sviluppo.

La sua prospettiva di fondo era di un riformismo orientato al sociale, mentre sul piano dell’assetto istituzionale sosteneva il superamento di un’impostazione piramidale per una di carattere orizzontale, con pari dignità delle diverse strutture di governo e amministrative, dunque legate dal principio della sussidiarietà.

Moro è stato considerato un maestro del “compromesso”, frutto non di semplici concessioni, bensì del dialogo e di una tenace mediazione. Lo dimostravano la sua capacità di interagire tra le “correnti della DC e la prospettiva di allargare sempre più il contributo delle forze politiche di sinistra al sistema di governo del Paese, in quella prospettiva che veniva chiamata appunto “compromesso storico”, perché venissero sempre più rappresentate ampie fasce di popolazione. Ma tale caratteristica non va confusa con debolezza o mancanza di decisione.

Nella sua attività politica cercò di conciliare la missione popolare e cristiana della DC con i valori di tendenza laica, liberale e di sinistra presenti nella società italiana

Cosa ci lascia ancora oggi

La sua riflessione sui fondamenti della nostra democrazia e il suo progetto di uno stato pluralista e basato sull’attuazione dei principi della Costituzione costituiscono messaggi ancora attuali, specie in una fase in cui è all’ordine del giorno la revisione del nostro assetto costituzionale.

Un ulteriore lascito è la sua visione internazionale, nella quale i rapporti tra i paesi europei si allargano a quelli affacciati sul Mediterraneo, in una prospettiva di solidarietà e di forte cooperazione. Per lui il cammino dell’integrazione europea andava rafforzato, sempre in un’ottica di maggiore democrazia: lo dimostra ad esempio il suo impegno per un Parlamento europeo eletto a suffragio universale.

In particolare per l’Italia egli sentiva crescere le minacce alla democrazia: crisi morale, frammentazione, minore autorevolezza dello Stato e dei partiti. In questo, come in molte altre intuizioni, fu profetico e ancora oggi andrebbe ascoltato.

Le fonti

La documentazione su Aldo Moro è estremamente abbondante. Una fonte importante è l’Archivio storico del Senato che contiene scritti, discorsi e altri documenti. L’Università di Bologna ha anche una pagina a lui dedicata che contiene anche materiale degli anni giovanili dal 1932 al ’46. Nel sito a lui intitolato sono presenti ulteriori tracce documentali.

Vasto è anche l’ambito di video e registrazioni audio, come pure sono presenti film che presentano la sua figura e, in particolare, le vicende legate al rapimento e l’uccisione, nonché libri.

Il 4 maggio 2007 il Parlamento ha istituito il 9 maggio come “Giorno della memoria” in ricordo di Aldo Moro e di tutte le vittime del terrorismo. Il 16 marzo del 2008, a trent’anni dal rapimento, il vescovo di Caserta nell’omelia pasquale ha chiesto l’avvio del processo per una sua beatificazione e nel settembre 2012 il tribunale diocesano di Roma ha avviato l’inchiesta relativa. Sempre nel 2008, il giorno della sua uccisione, l’Università di Bari, nella quale fu studente e docente, è stata a lui intitolata. Molti, ancora, i luoghi in Italia che portano il suo nome.

Ecco, in conclusione, alcune sue citazioni.

«Tutti e ciascuno sono chiamati a cooperare nella lotta dell’umanità intera per la sopravvivenza, la dignità, la libertà ed il benessere. Né si può certo più ammettere che esistono ancora popoli che facciano la storia e altri che la subiscano: la coscienza democratica del mondo vi si oppone».

«Lo Stato democratico, lo Stato del valore umano, lo Stato fondato sul prestigio di ogni uomo e che garantisce il prestigio di ogni uomo, è uno Stato nel quale ogni azione è sottratta all’arbitrio ed alla prepotenza, in cui ogni sfera di interesse e di potere obbedisce ad una rigida delimitazione di giustizia, ad un criterio obiettivo e per sua natura liberatore; è uno Stato in cui lo stesso potere pubblico ha la forma, la misura e il limite della legge, e la legge, come disposizione generale, è un atto di chiarezza, è un’assunzione di responsabilità, è un impegno generale e uguale».

«Io credo dunque nei partiti; nei partiti, diversi come sono diversi gli uomini e le loro intuizioni, come son diversi gli interessi e gli ideali che essi esprimono».

«Per fare le cose, occorre tutto il tempo che occorre».

«Bisogna vivere il tempo che ci è stato dato con tutte le sue difficoltà».

«La vera libertà si vive faticosamente tra continue insidie».

«La crisi che travaglia il paese, si è detto, è morale prima che politica. Certo c’è l’ingiustizia non sanata, c’è lo sperpero offensivo. Sono cose che feriscono e favoriscono la decadenza di valori morali e delle virtù civiche. C’è stanchezza, assenza, egoismo, insufficiente senso di responsabilità. Come presidiare in queste condizioni il regime di libertà e renderlo stabile e fecondo?».

“Questo Paese non si salverà, la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera, se in Italia non nascerà un nuovo senso del dovere.”