Il 15 maggio si è aperto in Vaticano, presso la sede delle Pontificie Accademie delle Scienze e delle Scienze Sociali, un incontro dal titolo “From climate crisis to climate resilience”: tre giorni di lavoro ai quali hanno partecipato rappresentanti di organizzazioni internazionali, ricercatori, leader religiosi, esperti e soprattutto amministratori locali al fine di condividere le proprie esperienze e porre le basi di un impegno condiviso.
Il risultato è stato la diffusione di un Protocollo di resilienza climatica sottoscritto da tutti i partecipanti e avente come primo firmatario papa Francesco.
Il documento si concentra su tre pilastri fondamentali: le azioni per ridurre le emissioni, le misure per affrontare gli impatti dovuti alla crisi climatica e la cooperazione internazionale.
Affrontiamoli sinteticamente.
Azioni urgenti per ridurre le emissioni
Si tratta di impegnarsi in alcune direzioni. Eliminare la dipendenza dai combustibili fossili raggiungendo la neutralità climatica il prima possibile, con un obiettivo intermedio di dimezzare le emissioni di gas serra entro il 2030 e di azzerarle completamente entro il 2050. Investire in fonti di energia rinnovabile promuovendo l’adozione di tecnologie energetiche pulite e sostenibili, come l’energia solare, eolica e geotermica, per sostituire i combustibili fossili. Migliorare l’efficienza energetica incoraggiando l’adozione di misure per ridurre il consumo energetico negli edifici, nei trasporti e nei processi industriali.
Aumentare la resilienza agli impatti climatici inevitabili
È indispensabile proteggere le comunità più vulnerabili; di deve prestare particolare attenzione alle aree più colpite dalla crisi climatica, come quelle situate in zone costiere, isole e paesi in via di sviluppo, fornendo loro risorse e supporto per rispondere alle emergenze. È necessario sviluppare infrastrutture resilienti con investimenti volto alla costruzione di infrastrutture in grado di resistere a eventi climatici estremi come inondazioni, siccità e uragani. Sono da implementare i sistemi di allarme precoce, vanno rafforzati i sistemi di monitoraggio e previsione del clima per allertare le comunità in anticipo sui potenziali pericoli e consentire loro di prepararsi e attuare misure di protezione.
Mobilitare la cooperazione e i finanziamenti
Va promossa una collaborazione globale, incoraggiando la collaborazione tra governi, città, imprese e società civile per affrontare la crisi climatica in modo unito e coordinato. Sono da incrementare gli investimenti per il clima, aumentando significativamente i finanziamenti per le azioni di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, provenienti da fonti sia pubbliche sia private. È da garantire un accesso equo alle risorse finanziarie e tecnologiche per i paesi in via di sviluppo, che sono spesso i più vulnerabili agli impatti climatici, ma dispongono delle minori capacità per affrontarli.
Promuovere l’educazione, la ricerca e la biodiversità
Oltre a questi tre pilastri, il Protocollo include anche altri importanti indicazioni. Un impegno a promuovere l’educazione e la sensibilizzazione sui cambiamenti climatici, aumentando la consapevolezza sulla crisi e delle sue implicazioni, incoraggiando l’adozione di stili di vita sostenibili e comportamenti responsabili.
Si tratta di favorire la ricerca, l’innovazione e lo sviluppo di tecnologie innovative per affrontare la crisi climatica e accelerare la transizione verso un’economia a basso contenuto di carbonio.
Infine è necessario proteggere la biodiversità, riconoscere il legame tra la crisi climatica e la perdita di biodiversità adottando misure per proteggere gli ecosistemi naturali.
Un passo in avanti
Il Protocollo per la Resilienza Climatica rappresenta uno stimolo importante verso un futuro più sostenibile e resiliente. Si tratta di un piano ambizioso che richiede un impegno e un’azione da parte di tutti i settori della società, ma offre una tabella di marcia chiara per affrontare la crisi climatica e proteggere il pianeta oggi e per le generazioni future.