PFAS: un problema urgente

Negli ultimi anni la questione della contaminazione da PFAS nelle acque potabili italiane è emersa come una delle principali emergenze ambientali e sanitarie. Questi composti chimici, ampiamente utilizzati nell’industria per le loro proprietà idrorepellenti e antimacchia, sono noti per la loro estrema persistenza nell’ambiente e per i gravi rischi che comportano per la salute umana. Il recente rapporto di Greenpeace Italia fornisce un quadro allarmante sulla diffusione di queste sostanze nelle reti idriche del Paese.

Cosa sono

I PFAS (sostanze per- e polifluoroalchiliche) sono una vasta famiglia di composti chimici, ne esistono migliaia di tipologie, suddivisi in molecole a catena lunga, persistenti e che si accumulano, e corta, più solubili, ma ancora preoccupanti. Le più studiate e regolamentate sono, per i primi: PFOA classificato come cancerogeno, PFOS ritenuto come possibile cancerogeno e vietato in molti paesi, PFNA tossico per fegato e sistema immunitario, PFHxS legato a problemi tiroidei e di sviluppo. Per i secondi è opportuno citare: GenX sostituto del PFOA ma con effetti simili sulla salute, PFBS più solubile ma ancora tossico, TFA estremamente persistente, difficile da rimuovere dall’acqua.

L’indagine di Greenpeace

L’indagine è stata condotta tra settembre e ottobre 2024 e ha coinvolto 235 comuni distribuiti su tutto il territorio nazionale, con un totale di 260 campioni analizzati. I risultati mostrano una realtà preoccupante: nel 79% dei casi è stata riscontrata la presenza di almeno una sostanza PFAS. Questa diffusione è particolarmente accentuata nelle regioni del Centro-Nord e in Sardegna, con livelli particolarmente elevati in Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Liguria, Toscana e Umbria.

La contaminazione in Piemonte: un quadro preoccupante

La nostra è una delle regioni maggiormente colpite: queste sostanze sono state rilevate in numerosi comuni, destando preoccupazione per la salute pubblica e la qualità delle risorse idriche.

L’indagine ha analizzato la presenza di PFAS in diverse località, i comuni con i livelli più elevati includono: Tortona (AL) con 39,8 ng/l, Bussoleno (TO) con 35,9 ng/l, Verbania con 21,3 ng/l, Torino con 21,1 ng/l, Fossano (CN) con 15,4 ng/l, Castellazzo Bormida (AL) con 12,4 ng/l, Alessandria con 12 ng/l.

Per comprendere la situazione è utile confrontare tali dati con i limiti stabiliti in alcuni paesi europei e negli USA: Danimarca 2 ng/l, Paesi Bassi da 0,1 a 4,4 ng/l (a seconda della molecola), USA 4 ng/L per PFOA e PFOS, 10 ng/L per PFNA e altri.

Gli effetti sulla salute e l’inquinamento

I PFAS sono sostanze particolarmente insidiose per la salute a causa della loro bioaccumulabilità: una volta ingerite attraverso l’acqua potabile o il cibo contaminato, si accumulano nei tessuti e possono persistere nell’organismo per anni. Numerosi studi scientifici hanno collegato ciò a gravi problemi di salute.

Dal punto di vista ambientale, i PFAS sono definiti «inquinanti eterni», poiché resistono ai processi naturali di degradazione e si accumulano nelle acque superficiali, nei suoli e persino nella catena alimentare.

Normative e limiti di sicurezza: Italia in ritardo

Uno degli aspetti più critici evidenziati dal rapporto è l’assenza nel nostro Paese di una regolamentazione adeguata: non esistono limiti normativi per la presenza di PFAS nelle acque potabili. Solo nel gennaio 2026 entrerà in vigore la direttiva europea 2020/2184 che imporrà soglie specifiche. Tuttavia, Greenpeace e numerosi esperti sottolineano come questi parametri siano già superati dalle più recenti evidenze scientifiche: infatti molte nazioni europee, tra cui Danimarca, Paesi Bassi, Germania, Spagna e Svezia hanno adottato limiti molto più restrittivi.

Le richieste al Governo italiano

Di fronte a questi dati allarmanti, Greenpeace Italia ha lanciato un appello all’Esecutivo affinché vengano adottate misure immediate per proteggere la popolazione. Tra le principali figurano il divieto totale di produzione e utilizzo dei PFAS, in linea con quanto già avvenuto in altri paesi europei; la riduzione drastica dei limiti nelle acque potabili, adottando standard più rigorosi; un monitoraggio sistematico della loro qualità, con obbligo di trasparenza sui dati; piani di riconversione industriale per eliminarne gradualmente l’uso e incentivare alternative più sicure.

Conclusioni: un’azione urgente per la salute pubblica

Il rapporto di Greenpeace Italia dimostra che la contaminazione da PFAS nelle acque potabili è un’emergenza che non può più essere ignorata.

Le istituzioni devono intervenire per garantire il diritto di accedere ad acqua potabile sicura attraverso una normativa stringente e un impegno concreto nella transizione ecologica, ma anche i cittadini possono svolgere un ruolo di vigilanza e di pressione per affrontare il problema.